Dal blog ai giornali, passando per i social: l’evoluzione della divulgazione scientifica secondo MedBunker

La nostra intervista a Salvo Di Grazia che dal 2009 porta avanti il suo progetto, nato da un blog, per smentire buona parte delle bufale presenti in rete in ambito sanitario

31/01/2023 di Enzo Boldi

Un progetto nato con un blog per smentire tutte quelle false narrazioni che circolavano in rete fin dal 2009. Perché il primo articolo pubblicato risale proprio al febbraio di quell’anno, proprio per spiegare i motivi che lo hanno spinto a dare vita a questa piattaforma diventata un punto di riferimento. Poi sono arrivati i social network, strumento indispensabile per dare un peso ancor maggiore alla divulgazione scientifica in ambito medico-sanitario. Proprio perché buona parte della disinformazione passava, passa e (purtroppo) passerà proprio attraverso queste piattaforme. Salvo Di Grazia è un vero e proprio pioniere grazie al suo non più solo blog MedBunker.

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Un’attività che ha origini ancor prima delle ormai classiche piattaforme, come spiegato da Di Grazia nel suo primo articolo pubblicato sul suo blog. Era il 20 febbraio del 2009 quando, annunciando l’avvio di questo sui progetto di debunking, partendo proprio dai cosiddetti “santoni” (o “ciarlatani”) che riempivano altri blog con l’annuncio di cure e terapie miracolose. Più che di miracolo, però, bisognerebbe parlare di “pericolo” trattandosi di suggerimenti non medici basati sul nulla. Nessun riferimento a studi scientifici, nessuna certificazione. Tutto figlio del classico passaparola, senza contezza di ciò che realmente veniva proposto. E la sua esperienza, quello che ha reso il medico il MedBunker, parte proprio dalla sua espulsione da un sito internet dopo aver raccontato di aver scoperto delle video-testimonianza taroccate.

MedBunker, la divulgazione e il debunking medico

Visto il suo ruolo attivissimo non solo sui social ma nell’intero ecosistema del web, Giornalettismo ha intervistato il dottor Salvo Di Grazia per chiedergli del suo rapporto non solo con le varie piattaforme in cui è impegnato a fare divulgazione scientifica medico-sanitaria, ma anche con i quotidiani che si sono evoluti seguendo le “impellenze” della rete: «Le fonti di informazione tradizionale, i giornali, sono state per decenni quelle più attendibili. Con l’avvento di internet tutto è cambiato, perché la parola “giornale” si è un po’ diluita e le informazioni che prima erano per forza e – quasi per definizione – attendibili non sono state più tali nella percezione del pubblico. Basti pensare a tutti quei siti che si presentano come testate di informazione, ma che poi si rivelano fonti che disseminano a volte informazioni scorrette e altre volte delle vere e proprie fake news. Diciamo, dunque, che è un po’ cambiato quel senso di attendibilità di tutto ciò che era “giornalismo” perché oggi come “giornalismo” è individuato anche il singolo individuo che fa una ripresa o rilancia un’opinione che in ambito scientifico e medico può essere non attendibile e, quindi, anche rischioso in questi casi».

I social “tuttologi” e la realtà

Un altro punto di vista interessante è una dinamica di cui si è molto discusso anche durante le fasi più acute della pandemia: può il parere di un utente “x” essere paragonato a quello di esperti che hanno studiato e lavorano in un settore come quello medico? La risposta di MedBunker è piuttosto emblematica: «Un altro fenomeno che accade da qualche anno a questa parte è che spesso si mettono sullo stesso piano le opinioni di un professionista o di un esperto con quelle del semplice utente di internet o appassionato di scienze e medicina. Questo è un qualcosa che deriva proprio dalle dinamiche del web, in particolare delle piattaforme social». E qui il dottor Salvo Di Grazia ci ha raccontato un episodio di cui è stato protagonista, quando fu invitato a un festival di libri e avevano messo lui a parlare di medicina con una persona che gestiva un gruppo «quasi una setta» che si occupava di medicina, ma non in maniera scientifica, quindi molto pericolosa. Ovviamente arrivò il rifiuto, spiegato così: «Avevano messo sullo stesso piano, non per presunzione ma per ovvietà, due persone completamente differenti per formazione e preparazione fa capire come oggi il social o internet influenzino tantissimo anche l’informazione “seria”. Il dubbio è che tutto ciò è fatto per attirare trasversalmente l’attenzione dei vari gruppi di lettori: da quelli abituati alla mentalità scientifica e quelli meno abituati alla scienza».

Il rapporto con i giornali

I social, dunque, sono la cartina di tornasole che – purtroppo – troppo spesso viene utilizzata come metro di paragone dagli stessi organi di informazione. E Salvo Di Grazia, oltre al suo MedBunker ha blog attivi anche su Il Fatto Quotidiano e Le Scienze, ma il suo rapporto con queste realtà (ma con il mondo del giornalismo in generale) è cambiato con il passare del tempo: «All’inizio ero molto più entusiasta del ruolo che poteva avere la divulgazione scientifica sui giornali, quindi anche del mio ruolo sui quotidiani. Vedevo la mia partecipazione in queste testate come uno scendere in campo per il pubblico generale. Poi, però, ho visto che a tanti giornali non interessa per forza fare buona informazione. Magari interessa fare informazione che attiri lettori e utenti. Quindi mi sono tirato indietro, un po’ deluso perché mi sono reso contro di essere entrato a far parte di un meccanismo violento, da un certo punto di vista. Un esempio: se il mio intervento provocava interesse e condivisione andava bene, se invece volevo parlare di un argomento poco interessante per l’utenza, ma importante dal punto di vista medico, andava meno bene».

Interessi diversi tra quel che un professionista esperto vuole trattare e l’agenda setting di giornali che, per sopravvivenza, hanno necessità di lettori (quindi dibattito, quindi argomenti su cui provocare discussione). Ma il futuro, secondo Salvo Di Grazia, resta comunque luminoso: «Io resto convinto, come fossi l’ultimo soldato giapponese che era disperso nei boschi, che la cultura vincerà lo stesso. La fetta di popolazione interessata alla scienza e alla divulgazione già c’è, ma tantissima si può guadagnare. Il mio pubblico, quando faccio gli eventi in giro, è composto da tantissimi giovani, così come i giovani che partecipano ai festival scientifici. Se noi “educhiamo” – nel senso più puro del termine – il giovane alla scienza, alla cultura e al piacere della scoperta non possiamo che guadagnarci tutti».

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