Matteo Renzi contro i talk show. Libertà di stampa contro libertà d’opinione
27/01/2015 di Boris Sollazzo
Il nuovo editto bulgaro. C’è chi si è scandalizzato per l’intervento a gamba tesa del premier su Twitter, con un paio di tweet al veleno contro il macrogenere televisivo dei talk show. Insomma, ha fatto quello che ogni quarantenne fa in Italia, se ha un profilo social e una tv a casa. Parlare di televisione. Quando non è impegnato a diventare un tuttologo.
Abbiamo voluto prendere ad esempio un post del nostro direttore proprio per dimostrare che non è per amor di polemica o piaggeria verso il Potere che decidiamo di scrivere queste righe. Ma risulta per lo meno curioso come a Renzi, di sicuro permaloso e incapace di avere un rapporto sereno con i media (basta ricordare come reagì al servizio affettuoso e appena ironico che Zoro gli dedicò per Piazza Pulita, nelle primarie Pd che lo videro perdente), venga imputata una tendenza autoritaria ad ammutolire la stampa e in particolare la tv.
Cosa c’è di “sbagliato e totalmente fuori luogo?”. Forse il fatto che il giardino dei giornalisti catodici è ben recintato da tanto, troppo tempo, strozzato da dinamiche vetuste e ripetitive, con facce sempre uguali a loro stesse (da Vespa a Floris, al di là dei giudizi di merito, si può parlare di regni, ere geologiche, non certo di cicli) e persino uno come Santoro che finisce per stufarsi di se stesso. Ora, forse, il buon Matteo non vedeva nessuno di loro (Santoro non c’è, Floris non va di lunedì, Vespa non dovrebbe stupirlo) ma Piazza Pulita. Che, peraltro, nel panorama dei talk politici è pure il migliore.
E si è permesso non di telefonare e brandire il proprio cuoco come critico televisivo, non di andare a Sofia e dar lezioni di servizio pubblico e lanciare un’epurazione, ma di esprimere delle opinioni. Civili, un po’ pepate, circostanziate. Non a cronisti poco reattivi, ma in una delle piazze digitali, quella di Twitter, più dialettica e feroce che ci sia. Si è messo in gioco, lui che la tv la corteggia, vuole ammaliarla, forse pure addomesticarla. Ma non con una restrizione della libertà, ma con la sua dialettica. Se quello del presidente del consiglio è un autogol, lo è perché ridicolizza i talk show anche quando (e forse soprattutto) intervistano lui. Quando gli pongono domande scendiletto, lo ascoltano adorante, si bevono i suoi slogan. Ma questa è un’altra storia.
Perché ieri Matteo Renzi twittava così.
Trame, segreti, finti scoop, balle spaziali e retropensieri: basta una sera alla Tv e finalmente capisci la crisi dei talk show in Italia
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 26 Gennaio 2015
Per essere un cinguettio, è anche una buona analisi. Persino con una citazione cinematografica (balle spaziali). Il perfetto tweet dell’influencer per antonomasia: un po’ astioso, arguto, citazionista e infine apodittico. Ma noi giornalisti ci sentiamo colpiti. Eppure il premier è un cittadino e uno spettatore televisivo. Ha i nostri stessi diritti. Con garbo e decisione, ha dato un parere, come spesso fa chi scrive e di sicuro fa chi ha criticato il leader toscano. Avere un politico che prende una posizione nei confronti di chi può deciderne le sorti (sappiamo che le tv sono influenti in Italia, e non poco) è un atto di coraggio, non di prevaricazione, una volontà di ribadire il proprio ruolo, a suo parere raccontato male. Non è un editto bulgaro, ma se qualcuno parla di qualcosa che conosco, dico la mia. Se lo fa male, lo sottolineo. E il giornalista non deve sentirsi colpito come categoria, ma piuttosto spronato. Se non lo capisce, forse, mentre Renzi si avvicina alle persone comuni, noi che cerchiamo di far sopravvivere la stampa italiana, ce ne allontaniamo definitivamente.
@dadoricca È una cosa seria, Davide. Dobbiamo cambiare modo di raccontare l’Italia e la politica. Non siamo quella roba lì
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 26 Gennaio 2015
Più che una critica, sembra una preghiera. “Non siamo quella roba lì”. Beh, Matteo, neanche noi giornalisti. E brandire la libertà di stampa per impedire la libertà d’opinione di un premier non è la strada giusta. Fare meglio il nostro lavoro, invece, sì. Perché i talk ormai sono noiosi, caotici, approssimativi, schiavi di ospiti che vivono di riflessi condizionati, interpretazioni faziose o fantasiose, conduttori troppo preoccupati per se stessi per fare un buon programma.
Ecco, se Renzi ha sbagliato, l’ha fatto perché ha pescato dal mazzo il migliore dei talk. Ma forse il segnale più interessante di questo blitz renziano è proprio questo: non è un problema di anchorman, né di preferenze politiche e televisive. E’ fallito un modello.
E in un paese di poeti, santi, navigatori e critici televisivi, perché non può divertirsi anche Matteo Renzi?
P.S. La domanda vera, però, è: con chi se la prenderanno questa volta i grillini? Casta dei giornalisti contro il simbolo della casta politica. Chi difenderanno? Andranno in tilt!!1!111!!! Oppure correranno a fotografare di nascosto Civati.