Il panorama dei taxi in Italia – con particolare focus sulle principali città come Roma è Milano – è letteralmente una giungla. Il governo Draghi ha stabilito l’obbligatorietà, a partire dal 1° luglio, di accettare il pagamento elettronico qualunque sia la cifra per la quale il consumatore sceglie di strisciare la carta presso qualsiasi esercente. Il governo Meloni – tra i suoi primi provvedimenti – ha scelto di inserire una soglia minima dalla quale diventa obbligatorio, per i commercianti, accettare il pagamento elettronico. Questa soglia, attualmente, era fissata a 60 euro ma Meloni stessa – lanciando il suo nuovo formato social “Gli appunti di Giorgia”, ha messo in discussione la questione. Torniamo, dopo questa breve premessa, a parlare di taxi e di obbligo POS taxi nel nostro paese.
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Città che vai, problemi che trovi, ma quando si parla di tassisti il leitmotiv è sempre quello: nelle grandi città come Roma, Milano e Firenze spesso e volentieri – denunciano personaggi più o meno noti sui social – e soprattutto in periodi di maggiore affluenza turistica, i taxi mancano. Lo scorso ottobre, in particolare, una influencer fiorentina che ha chiesto di rimanere anonima ha denunciato la situazione relativamente all’aeroporto Amerigo Vespucci, ricevendo risposta direttamente dal sindaco Nardella: «Hai ragione il servizio non funziona. L’ho detto alle cooperative dei taxi che così non va bene».
Tra testimonianze varie di influencer (un altro caso più recente a Firenze, che risale a fine novembre, ha visto una influencer di Firenze utilizzare taxi per provare vari locali di mixology trovandosi sempre di fronte a problemi volendo pagare col POS), l’esperienza di personaggi rinomati (tra cui anche Mark Lowen, giornalista della BBC che si è lamentato di essere stato truffato a Fiumicino) e le scuse dei tassisti che si dissociano da questo tipo di comportamenti, la situazione deve sicuramente essere regolamentata in un modo che valga per tutti e tocca ai comuni e alle associazioni mettersi a tavolini per trovare un compromesso. Compromesso che, poi, i singoli tassisti saranno tenuti a rispettare (venendo segnalati e subendo le giuste conseguenze qualora non lo facessero).
L’ultimo e più recente caso – una denuncia che risale alla giornata di ieri – arriva da Silvia Salis, vicepresidente vicaria del Coni, che ha raccontato della sua esperienza negativa provando a pagare con il POS un taxi a Genova.
Trovandoci a Termini, abbiamo scelto di recarci lì dove si attendono i taxi e – percorrendo la lunga fila di macchine in coda pronte per iniziare la corsa – abbiamo provato a parlare con qualche tassista romano. Nella maggior parte dei casi l’atteggiamento – complice, probabilmente, la grande polemica social che va avanti da diverso tempo e che vede nomi come quello di Selvaggia Lucarelli in prima fila nella diffusione di contenuti – è stato di diffidenza. Soprattutto i tassisti più maturi si sono dimostrati restii anche solo a rispondere alla richiesta, seppure con un diniego.
L’intento, da parte nostra, era capire – per ognuna delle persone interpellate – se preferissero pagamenti contanti o col POS e per quali ragioni. L’unico tassista (giovane, sulla trentina) che ha accettato di rilasciare una breve dichiarazione sulla questione ha risposto ha affermato di preferire i pagamenti elettronici: «Il POS mi fa comodo, il cliente non deve prendere il resto e non deve scendere a ritirare, è tutto più veloce. I contanti sono comodi però pure il POS va bene, poi mi trovo già i soldi in banca, sempre accreditati, tutto tracciato: meglio no?».
Per capire un po’ in che modo la categoria stia recependo gli ultimi sviluppi sul POS, così come la posizione dello zoccolo duro di coloro che rifiutano i pagamenti col POS, abbiamo contattato il presidente di Federtaxi Massimo Campagnolo e siamo in attesa di una sua dichiarazione.
(Immagine copertina: IPP/ACGE/Alfonso Cannavacciuolo)