Mafia, camorra e ‘ndrangheta: la mappa aggiornata

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La politica non parla più della criminalità organizzata. Che continua a fatturare 140 miliardi di euro l'anno. Ecco l'elenco di famiglie e cosche che gestiscono gli affari illeciti in Sicilia, Campania e Calabria. Comune per comune

Secondo l’ultimo rapporto di Sos Impresa in Italia la criminalità organizzata fattura ben 140 miliardi di euro l’anno, una somma più di cento volte superiore di quanto servirebbe allo Stato per evitare l’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, e di gran lunga maggiore dei ricavi di qualsiasi impresa pubblica o privata. Eppure le parole ‘mafia’, ‘camorra’ e ‘‘ndrangheta’ sembrano quasi del tutto sparite dal vocabolario della politica e dei partiti, in questi mesi alle prese con la difficile tenuta dei conti pubblici e con il problema legalità nel paese. Servendoci dell’ultima relazione semestrale del Ministero dell’Interno sull’operato della Dia disponibile in rete (relativa al periodo luglio-dicembre 2012) vi proproniamo la mappa aggiornata delle famiglie e delle cosche criminali presenti in Sicilia, Campania e Calabria. Comune per comune.



 



 

PALERMO/1 – Per quanto concerne la provincia di Palermo il rapporto del Viminale confermala configurazione organizzativa di Cosa Nostra basata su 15 mandamenti e 18 famiglie. In particolare si rileva che nell’ultimo semestre del 2012 il mandamento di San Lorenzo sembra aver definitivamente incorporato le famiglie di Cinisi/Carini, estendendo quindi la propria influenza nell’area occidentale del capoluogo, e che il mandamento Noce è stato costretto ad un forte ridimensionamento dovuto all’operazione Atropos, che ha condotto a provvedimenti cautelari nei confronti di 45 persone. Nel dettaglio in città sono presenti i mandamenti: San Lorenzo/Tommaso Natale (famiglie di San Lorenzo, Tommaso Natale, Cardillo, Pallavicino, Partanna Mondello, Zen, Capaci, Isola delle Femmine, Carini, Cinisi e Terrasini), Resuttana (famiglie di Resuttana e Acquasanta/Arenella), Passo di Rigano/Boccadifalco (famiglie di Boccadifalco/Passo di Rigano, Torretta e Uditore), Noce (famiglie della Noce, Malaspina/Cruillas e Altarello), Pagliarelli (famiglie di Borgo Molara, Corso Calatafimi, Pagliarelli, Rocca Mezzo/Monreale e Villaggio Santa Rosalia), Porta Nuova (famiglie di Borgo Vecchio, Palermo Centro, Porta Nuova e Kalsa), Brancaccio (famiglie di Roccella, Corso dei Mille, Ciaculli, e Brancaccio, nella quale viene segnalata la presenza della stirpe dei Graviano), Santa Maria del Gesù (famiglie di Guadagna, Santa Maria del Gesù e Villagrazia di Palermo).



PALERMO/2 – Fuori dalla città di Palermo la Dia segnala la presenza di 7 mandamenti: Misilmeri, già Belmonte Mezzagno (famiglie di Belmonte Mezzagno, Bolognetta, Misilmeri, Villafrati/Cefalà Diana, Santa Cristina Gela e Villabate), Bagheria (famiglie di Bagheria, Casteldaccia e Ficarazzi), Corleone (famiglie di Corleone, Godrano, Lercara Friddi, Marineo, Mezzojuso, Palazzo Adriano, Prizzi e Roccamena), San Giuseppe Jato (famiglie di Altofonte, Camporeale, Monreale, Piana degli Albanesi, San Cipirrello e San Giuseppe Jato), Caccamo (famiglie di Baucina, Caccamo, Ciminna, Roccapalumba, Termini Imerese, Trabia, Valledolmo, Ventimiglia di Sicilia, Vicari e Montemaggiore Belsito), San Mauro Castelverde (famiglie San Mauro Castelverde, Collesano, Gangi, Lascari, Polizzi Generosa, Compofelice di Roccella e Sciara/Cerda), Partinico (famiglie di Borgetto, Giardiniello, Montelepre e Partinico). La relazione del ministro dell’Interno spiega che la città di Palermo rappresenta un bacino di approvvigionamento della droga per tutta la regione. Il mercato degli stupefacenti viene gestito direttamente da personaggi contigui all’associazione mafiosa. Allo spaccio nei luoghi di aggregazione giovanile, in particolare nei quartieri della Guadagna, Falsomiele, Brancaccio e Zen, partecipano poi anche alcuni soggetti criminali nordafricani. La Dia rileva a fine 2012 un aumento di rapine, estorsioni e danneggiamenti, ed un calo dei delitti commessi per quanto riguarda usura riciclaggio ed impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.

AGRIGENTO – Nella provincia di Agrigento Cosa Nostra sembra particolarmente attiva sul fronte del controllo sulle attività economiche e dell’intercettazione dei flussi di denaro pubblico. L’organizzazione mafiosa resta fortemente unitaria e verticistica. Le famiglie, oltre alla tradizionale pratica estorsiva, continuano a manifestare interesse per la grande distribuzione, lo smaltimento dei rifiuti, la fornitura di calcestruzzo e materiali inerti, l’edilizia e gli appalti in genere. Non a caso sono nella provincia a fine 2012 stati rilevati numerosi atti intimidatori, non tutti riconducibili a matrice mafiosa, ai danni di rappresentanti delle istituzioni pubbliche o imprenditori. La mafia agrigentina risulta articolata in 8 mandamenti: Campobello di Licata (famiglie di Canicattì/Licata, Ravanusa, Camastra, Castrofilippo e Grotte, che ingloba la famiglia Comitini/Racalmuto), Giardina Gallotti (famiglie di Realmonte, Porto Empedocle, Siculiana, Lampedusa), Burigo (famiglie di Lucca Sicula, Villafranca Sicula e Caltabellotta), Ribera (famiglie di Cattolica Eraclea, Montallegro, Calamonaci), Santa Margherita Belice (famiglie di Montevago e Menfi), Sambuca di Sicilia (famiglia di Sciacca), Cianciana (famiglie di Bivona, Santo Stefano Quisquina, Alessandria della Rocca, Casteltermini, Aragona, Cammarata, San Giovanni Gemini, Ioppolo Giancaxio, Raffadali, Sant’Angelo Muxario, San Biagio Platani, Santa Elisabetta), Agrigento (famiglie di Favara, Palma di Montechiaro e Naro).

TRAPANI – A Trapani e dintorni l’organizzazione mafiosa conferma una struttura basata, come ad Agrigento, su un modello verticistico che facilita l’assunzione di strategie unitarie. L’articolazione resta invariata in 4 mandamenti: Alcamo (famiglie di Alcamo, Calatafimi e Castellammare del Golfo), Castelvetrano (famiglie di Castelvetrano, Campobello di Mazara, Salaparuta/Poggioreale, Partanna, Gibellina e Santa Ninfa), Mazara del Vallo (famiglie di Mazara del Vallo, Salemi, Vita e Marsala), Trapani (famiglie di Trapani, Valderice, Custonaci e Paceco). Il rapporto del Viminale sottolinea a Trapani e provincia l’assenza di spazi di competizione interni. La stabilità dell’organizzazione è legata ai fattori organizzativi, ma anche dall’incontrastata leadership di Matteo Messina Denaro, latitante numero uno di Cosa Nostra. L’approvvigionamento delle risorse necessarie al sostentamento dei gruppi criminali e alla loro imposizione sul territorio avviene prevalentemente attraverso le estorsioni agli imprenditori e l’infiltrazione nel settore degli appalti pubblici.

CALTANISSETTA – A Caltanissetta viene rilevata ancora una struttura articolata su 4 mandamenti: Vallelunga Pratameno, Mussomeli, Gela e Riesi. Il controllo della provincia spetta ancora a Giuseppe Madonia, detto Piddu, attualmente detenuto in regime di 41 bis ma che gode della fedeltà del suo circuito amicale e parentale. Il Ministero segnala nell’area un lieve aumento di danneggiamenti, incendi e rapine, ed una flessione di attentati ed estorsioni.

ENNA – La mafia ennese è caratterizzata da un livello organizzativo inferiore rispetto a quanto emerge nelle aree regionali a più radicata caratterizzazione criminale. I gruppi locali agiscono in concorrenza con le famiglie catanesi e nissene, in particolare gelesi. A fine 2012 risultavano attive le famiglie di Enna, Catenanuova, Barrafranca, Pietraperzia, Villarosa e Calascibetta. Da recenti indagini è emerso la perdita di prestigio da parte dei più anziani esponenti della famiglia di Villarosa e la contemporanea affermazione dei Nicosia. Alcuni gruppi catanesi, riconducibili al clan Cappello, avrebbero invece imposto la sostituzione del vertice della famiglia di Catenanuova per garantirsene l’affidabilità rispetto ai loro piani espansionistici.

CATANIA – La Dia registra una continua evoluzione nella provincia di Catania e più in generale nella Sicilia orientale. L‘interesse di Cosa Nostra in questa area dell’isola è rivolta soprattutto alla gestione di affari strategici, come l’aggiudicazione degli appalti, le infiltrazioni nella pubblica amministrazione e il controllo di rilevanti attività produttive nel capoluogo. Fuori dalla città alcune attività illecite secondarie, a rilevanza locale, vengono poi assegnate a strutture mafiose meno progredite, ad una sorta di clan satellite. Il rapporto del Viminale spiega che la mafia catanese, inoltre, riconosce l’autonomia di piccoli gruppi, sia in città come in provincia, «rapportandosi con essi secondo forme contrattuali di vero e proprio franchising criminale». Si rileva, in sintesi, la presenza di 7 associazioni mafiose: la famiglia Santapaola (che vede attualmente contrapposte due fazioni, capeggiate da congiunti dello storico capomafia), il clan Mazzei (che ha stipulato un solido accordo di collaborazione con il clan Cappello), la famiglia di Caltagirone (che gode di considerazione in ambienti siciliani e che estende la sua influenza al comprensorio Calatino/Sud Simeto), il gruppo Cappello (coeso con il clan Pillera e coagulato intorno a due nuclei principali operanti nei quartieri urbani di San Basilio Nuovo, San Cristoforo e Cappuccini, a Cibali e nella zona a sud della città), il clan Laudani (alleato dei Santapaola e attivo soprattutto tra Acireale e Paternò), il gruppo Sciuto Togna (in difficoltà per i numerosi alleati detenuti) e, infine, il clan Cursoti (in precedenza diviso in due articolazioni, una delle quali operante a Catania e Torino, ed una seconda nel milanese).

SIRACUSA – A Siracusa e dintorni sono quattro le organizzazioni mafiose che hanno contribuito a far evolvere le strutture criminali locali in senso verticistico. La Dia rileva la presenza nella provincia del gruppo Nardo (presente nei comuni di Lentini, Carlentini, Augusta, Francofonte e Villasmundo), clan Attanasio (contrapposto al clan Nardo-Aparo-Triglia e attivo nell’area a sud della città, compreso il vecchio quartiere di Ortigia), il gruppo AparoTriglia (operante nella zona centro meridionale, soprattutto nel settore del traffico di droga e delle estorsioni) e, infine, il clan di Santa Panagia (che svolge le sue attività criminali in particolare nell’area settentrionale del capoluogo e risulta collegato ai gruppi Nardo-Aparo-Trigila).

RAGUSA – In provincia di Ragusa emergono fenomeni criminali di tipo mafioso sorpattutto sul versante occidentale (nei comuni di Vittoria, Comiso e Acate), dove si risente dell’influsso esercitato dei gruppi presenti nell’area di Caltanissetta, in particolare i sodalizi gelesi. Risultano attivi elementi del clan Dominante, affiliato alla stidda, e una cellula denominata clan Piscopo, che la Dia ritiene ultimamente di diminuita capacità operativa.

MESSINA – A Messina operano gruppi delinquenziali strutturati su una forte base territoriale che, anche se privi della tradizione e delle esperienza delle organizzazioni mafiose palermitane e catanesi, evidenziano capacità di condizionare il contesto socio-economico-politico. Nella fascia tirrenica, che dal capoluogo si estende fino ai Nebrodi, si segnala il dominio del clan dei barcellonesi. Nella zona nebrodica, risultano operativi la famiglia Mistretta e sodalizi mafiosi attivi nell’area di Tortorici. Nella fascia jonica, che si estende dalla periferia sud di Messina fino al confine con la provincia di Catania, si segnala inoltre l’influenza dei clan mafiosi Cintorino e Brunetto, riconducibile alla famiglia catanese Santapaola, e il gruppo Di Mauro, legato ai Laudani, anch’essi catanesi. Per quanto riguarda l’aggregato urbano del capoluogo, emerge la compresenza di organizzazioni mafiose radicate nella fascia costiera e della ‘ndrangheta calabrese. Risultano attivi clan a competenza rionale come i Galli/Gatto del quartiere Giostra, gli Spartà di Contesse, i Ferrante/Ventura e Vadalà/Campolo di Camaro, i Mancuso di Gravitelli e il gruppo Aspri/Trovato di Mangialupi, tutti diretti dai reggenti a causa dello stato di detenzione dei leader storici.

 

 

NAPOLI/1 – E’ in evoluzione la mappa della camorra a Napoli e provincia. Nell’area Nord del capoluogo campano si registra anche nel 2012 un cruento scontro tra i gruppi criminali dediti al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, in particolare nei quartieri di Scampia e Secondigliano, terreno della sanguinosa faida scoppiata nel 2004. Di recente, racconta il rapporto del Ministero dell’Interno sull’attività della Dia, si sono trovati di fronte da una parte il gruppo Vannella/Grassi, appoggiato dalla famiglia Di Lauro, dall’altra i clan Abete, Abbinante, Notturno, Aprea (legati anche da rapporti di parentela) ed i superstiti del sodalizio Amato/Pagano, che hanno assunto una posizione più defilata. Il gruppo Vannella/Grassi è composto dalle famiglie Petriccione, Magnetti, nota anche come ‘dei Mucilli’, e Mennetta. La principale attività del sodalizio camorristico è il traffico di droga, rivenduta anche a spacciatori provenienti da altre regioni. In particolare il gruppo criminale dopo il tramonto degli Amato/Pagani ha ottenuto il controllo del ‘Lotto G’ a Scampia e dell’adiacente ‘Lotto P/Case dei Puffi’, ed ha esteso il proprio raggio di influenza anche nelle zone del Perrone e Berlingieri, e in altre aree di Secondigliano. Il clan Di Lauro offre il suo sostegno nel tentativo di recuperare le posizioni perdute e vecchi affiliati fuoriusciti. Il fronte dei Vannella/Grassi, rileva il Viminale nella sua relazione, si completa con esponenti del gruppo Leonardi, già in passato protagonista del traffico di droga con i Di Lauro e forti di autonomia decisionale per aver reimpiegato capitali illeciti. Nella zona dove si combatte la faida operano anche alcune famiglie camorristiche napoletane, i Licciardi, i Bocchetti e i Lo Russo, con i quali i Di Lauro hanno stretto un rapporto di non belligeranza. Il clan Licciardi, in particolare, antico sodalizio di Secondigliano, con roccaforte nella Masseria Carbone, è alleato con alcuni tra i più importanti sodalizi criminali dell’hinterland partenopeo, con i Moccia di Afragola, i Mallardo di Giugliano in Campania, i Nuvoletta e i Polverino di Marano di Napoli, nonché con il cartello dei Casalesi, che per tradizione e numero di affiliati potrebbero ambire ad un ruolo di maggior rilievo sullo scenario napoletano, essendo collegato ad altri gruppi del capoluogo, come il clan Piccirillo. A Secondigliano risulta poi meno forte che in passato l’influenza del clan Lo Russo, capeggiato da un latitante e che in passato aveva tentato il ruolo di mediazione tra i gruppi in conflitto a Scampia. Nei quartieri del Vomero e dell’Arenella, infine, operano i clan Caiazzo e Cimmino. La Dia rileva che l’attività estorsiva nella parte alta della città avviene anche in accordo con i gruppi Licciardi e Lo Russo, e con i Polverino di Marano.

 

 

NAPOLI/2 – Nel cuore del capoluogo campano, dopo la disarticolazione dei clan Misso e Sarno, in seguito alla collaborazione con la giustizia di alcuni esponenti, si registra un’espansione del gruppo Mariano, originario dei Quartieri Spagnoli ed alleato con le famiglie Savio e Ricci dei Quartieri Spagnoli, Elia della zona di Santa Lucia, Lepre del Cavone e Pesce, che opera nell’area compresa tra piazza Dante, piazza Mazzini, la parte iniziale di Corso Vittorio Emanuele e via Salvator Rosa. Nel rione Sanità, in passato controllato dal gruppo Misso, riemerge la presenza di elementi del clan Vastarella, legati tradizionalmente ai Licciardi e in passato acerrimi nemici dei Misso. A Poggioreale, invece, sembra crescere l’influenza criminale del gruppo Casella. Dalla perdita di potere dei Misso e dei Sarno sembra aver tratto vantaggio anche quello che il Viminale definisce «potente, numeroso e storico» sodalizio Mazzarella di San Giovanni a Teduccio, che ha consolidato la sua presenza nel quartiere mercato, dove opera attraverso la famiglia Caldarelli, in particolare nel campo del traffico di droga. I Mazzarella sono attivi anche nelle zone centrali di Forcella, Duchesca e Maddalena, dove si concentrano soprattutto attività estorsive e business della contraffazione, i cui proventi vengono reinvestiti soprattutto in esercizi commerciali, pizzerie, ristoranti e internet point. Nel cuore di Napoli si rileva poi anche la presenza del clan Contini, storico antagonista dei Mazzarella, operante nelle zone di Vasto/Arenaccia, San Carlo Arena, Ferrovia, Doganella e Poggioreale. I Contini, che non sono colpiti dalla collaborazione di propri membri, si distinguono per le considerevoli capacità finanziarie e di reinvestimento dei capitali ed operano in ogni settore dell’illecito, dalle estorsioni al traffico internazionale di armi e stupefacenti. Infine, nella zona centrale di Napoli, si rileva la presenza del clan Montescuro, che agisce in posizione di autonomia rispetto ad altri sodalizi camorristici, grazie alla guida dell’anziano capoclan, definito «figura di elevato carisma in grado di accreditarsi quale mediatore nei conflitti tra i gruppi, incluso quello di Secondigliano».

NAPOLI/3 – L’area Ovest di Napoli viene distinta in due macroaree. La prima comprende i quartieri Fuorigrotta, Soccavo e Rione Traiano. La seconda, definita ‘area flegrea’ comprende invece i quartieri Cavalleggeri d’Aosta e Bagnoli. Per quanto concerne Fuorigrotta la Dia rileva la presenza del clan Baratto, i cui massimi esponenti sono attualmente detenuti, ed il gruppo facente capo alla famiglia Zaza, legato ai Mazzarella e in contatto con il sodalizio Frezziero. Nel rione Traiano si registra, invece, il ritorno del clan Puccinelli, riappropriatosi della gestione delle piazze di spaccio, dopo il ridimensionamento del gruppo camorristico Leone/Cutolo. Nel quartiere Soccavo si rileva la presenza del sodalizio e Grimaldi/Scognamillo, che resiste alla defezione di alcuni affiliati. A Pianura la Dia segnala, intanto, il forte ridimensionamento del clan Lago e degli antagonisti del gruppo Marfella/Pesce, a causa della detenzione di alcuni membri. A Bagnoli, nella frazione di Agnano e in una parte della zona Cavalleggeri d’Aosta esercita la propria influenza il clan D’Ausilio, operativo anche in un’area limitata dei comuni di Villaricca e Qualiano, in virtù dei legami storico con il gruppo camorristico Mallardo di Giugliano.

NAPOLI/4 – Nell’area orientale di Napoli i Mazzarella proseguono nel loro tentativo di espansione verso San Giorgio a Cremano, entrando in contrasto con il locale gruppo Abate e si è alleato con il clan Troia. Nella stessa zona svolge attività illecite anche la famiglia Formicola, storicamente alleata dei Mazzarella, mentre risultano indeboliti i gruppi camorristici D’Amico, Rinaldi e Reale, colpiti dallo stato di detenzione di numerosi affiliati. A Ponticelli il ridimensionamento del clan Sarno ha favorito la nascita di altri sodalizi, come il gruppo criminale Esposito, costituito in gran parte proprio dai fuoriusciti del sodalizio dei Sarno. A Napoli Est risultano attivi anche la famiglia Micco, che gestisce lo spaccio per conto dei Cuccaro di Barra, e la famiglia Casella, operante nel Rione Luzzatti, area Poggioreale. Sembra poi essere stato del tutto disarticolato il cartello Perrella/Circone/Ercolani/De Martino. Nel quartiere Barra, infine, spiega la relazione del Ministero dell’Interno, la detenzione di quasi tutti i vertici del clan Aprea, ha favorito il gruppo Cuccaro, attualmente posto al comando di due fratelli, dei quali uno è latitante e l’altro detenuto. I Cuccaro, secondo la Dia, a seguito del declino del clan Sarno hanno estero il loro raggio d’azione anche ai comuni di Cercola e San Sebastiano al Vesuvio.

NAPOLI/5 – Nella provincia occidentale di Napoli si rileva l’operatività del clan Longobardi/Beneduce, che risulta negli ultimi tempi fortemente indebolito dalla detenzione di elementi di spicco e che si avvale della famiglia Ferro. Secondo il rapporto del Viminale, negli ultimi tempi la necessità di riaffermare il proprio potere sul territorio ha condotto a numerosi episodi di danneggiamento nei confronti di esercizi commerciali puteolani. A Quarto è presente anche il clan Polverino, ritenuti responsabili si condizionamenti sugli amministratori locali, in particolare in ambito urbanistico. A Bacoli e Monte di Procida, infine, si segnala, infine, l’attività del gruppo Pariante.

NAPOLI/6 – La zona settentrionale della provincia di Napoli è caratterizzata da alta concentrazione demografica e notevole degrado socio-economico e dalla presenza di associazioni camorristiche con struttura prevalentemente familistica. Nell’area si segnala oltretutto l’influenza, oltre che dei gruppi criminali locali, di clan attivi nella vicina Secondigliano e nella poco distante provincia di Caserta. Secondo la Dia, a fine 2012 ha avuto luogo un sensibile ridimensionamento delle potenzialità economiche dei sodalizi Mallardo e Polverino, aggrediti da indagini di tipo patrimoniale. Nel dettaglio, a Marano il clan Polverino sembra comunque aver assunto il ruolo coperto in passato dai Nuvoletta. Si è diffusa una capillare attività estorsiva ai danni di piccoli imprenditori, e il traffico di droga viene gestito stringendo alleanze con altri clan, non solo campani, di cui i Polverino sono divenuti veri e propri fornitori. Nel settore dell’importazione dell’hashish il gruppo camorristico serve anche gruppi calabresi, pugliesi e siciliani. Da quanto emerge, poi, i Polverino avrebbero effettuato investimenti finanziari in quasi tutta la penisola iberica, anche in virtù degli strumenti meno incisivi di apprensione di beni di origine criminosa di cui è dotata la legislazione iberica. Dunque, il clan rappresenta un esempio di «vocazione imprenditoriale proiettata all’estero». I Polverino operano anche nei comuni di Qualiano, Pozzuoli e Calvizzano, e nei quartieri napoletani dei Camaldoli e del Vomero, ed è proiettato fuori regione in Toscana, Puglia, Sicilia e Calabria. Nei comuni di Casavatore, Melito e Mugnano è poi presente il sodalizio Amato/Pagano, che in quelle zone fa però capo alla famiglia Riccio, legata ai Pagano da vincoli parentali. A Qualiano sono attivi due gruppi contrapposti riconducibili alle famiglie Pianese e De Rosa. Fa sentire la sua influenza anche il sodalizio Mallardo di Giugliano, attraverso la famiglia Micillo. A Villaricca opera il clan Ferrara/Cacciapuoti, composto da gruppo legati da parentela ai Mallardo. Ad Afragola è presente la famiglia Moccia, una vasta organizzazione criminale che rappresenta una sorta di confederazione di più gruppi, tra i quali le famiglie Mazza e Iazzetta. Dal punto di vista della sua influenza territoriale, i Moccia, spiega la relazione del Viminale, controllano attraverso capizona anche i comuni di Arzano, Casoria, Caivano, Cardito e Crispano, Frattamaggiore e Frattaminore e si incunea nell’agro nolano, occupando gli spazi criminali dei fratelli Russo, attualmente detenuti. Il clan è poi legato alla famiglia Licciardi, agli Amato/Pagano e al gruppo Fabbrocino di San Giuseppe Vesuviano. A Caivano, infine, si segnala la contrapposizione, nell’ambito dello spaccio di droga, tra il clan La Montagna e i Castaldo. A Volla fa sentire la sua influenza il gruppo Veneruso, federato del clan Rea di Casalnuovo, i cui capi sono attualmente in cella.

NAPOLI/7 – A Nola e dintorni, rivela il rapporto sull’attività della Dia, la camorra ha trovato nello smaltimento illegale dei rifiuti un business molto vantaggioso. La leadership nell’area appartiene al clan Fabbricino, che controlla le attività illecite attraverso capizona. Il gruppo criminale estende il proprio raggio d’azione anche nella zona vesuviana, nei comuni di Ottaviano, San Giuseppe Vesuviano, Terzigno, Poggiomarino, Palma Campania, San Gennaro Vesuviano, Saviano e Somma Vesuviana. A causa della detenzione del capoclan dei Fabbrocino sembra che un ruolo di rilievo sia stato riconosciuto ad esponenti delle famiglie Bifulco, Cesarano (attiva a Palma Campania) e Striano (nel comune di San Giuseppe Vesuviano). Un’operazione del dicembre 2012 ha messo in luce la poliedricità degli interessi illeciti del clan, capace di estendere le proprie attività in altre regioni della penisola, in Calabria, Lazio, Abruzzo, Umbria, Emilia Romagna, Marche, Lombardia, con investimenti in aziende agricole, supermercati alimentari, fabbriche tessili e punti vendita a Bergamo e Brescia. La Dia rileva che i Fabbrocino nell’area di origine hanno instaurato legami criminali con altre associazioni mafiose dello stesso livello, come i Licciardi di Secondigliano, gli Amato/Pagano, attivi nell’hinterland partenopeo, i Mazzarella del quartiere napoletano di San Giovanni a Teduccio e i Russo di Nola. A Casalnuovo e Pomigliano, intanto, si segnala la presenza del gruppo Galluzzi, che opera in contrapposizione al sodalizio Piscopo. Nella zona a ridosso della provincia di Avellino appare ridimensionata la penetrazione territoriale del clan Cava di Quindici, in provincia di Avellino, che ha come referente la famiglia Sangermano nei comuni di San Vitaliano, Scisciano, Cicciano e Roccarainola ed il gruppo Taglialatela nei comuni di Cimitile, Carbonara di Nola e Saviano.

NAPOLI/8 – Nella provincia meridionale di Napoli si segnala il comune di Ercolano come rilevante centro per il traffico di stupefacenti, dove regolarmente si scontrano i gruppi camorristici Birra/Iacomino e Ascione/Papale. A Portici e a San Sebastiano al Vesuvio, invece, si segnala la presenza del sodalizio Vollaro. A Torre Annunziata si segnala la presenza del clan Gionta, alleato del gruppo Chierchia, che detiene il controllo delle estorsioni e del traffico di droga sia a Torre Annunziata che a Boscoreale e Boscotrecase, e che vanta proiezioni in Spagna e Paesi Bassi. A Boscotrecase e a Trecase operano anche il contrapposto clan Gallo, detto ‘dei Cavalieri’, e il sodalizio Limelli/Vangone. A Castellammare di Stabia è attivo il clan D’Alessandro, egemone soprattutto nella roccaforte ubicata nel quartiere di Scanzano e presente anche a santa Maria La Carità e Sant’Antonio Abate. I D’Alessandro, forti di un patto federativo stretto con il clan Di Martino/Afeltra, attivo nel comune di Gragnano, sono in grado di diramarsi su un ampia fetta di territorio che dall’area a sud della città di Napoli si estende fino alla penisola sorrentina. A Castellammare è attivo anche il clan Cesarano, che opera però soprattutto a Pompei e Scafati, a sua volta alleato con il clan Matrone di Scafati. A Torre del Greco, infine, si segnala la presenza, ultimamente ridimensionata, del clan Falanga.

CASERTA – La mappa criminale della provincia di Caserta mostra il dominio del clan dei Casalesi, federazione di 4 gruppi costituiti dalle famiglie Schiavone, originaria di Casal di Principe, Bidognetti, attiva lungo il litorale domitio, Iovine, dominante a San Cipriano d’Aversa, e Zagaria, attiva a Casapesenna e considerata gruppo criminale dalla maggiore vocazione imprenditoriale. I Casalesi esercitano la loro influenza anche al di fuori dei territori di origine, attraverso numerosi referenti. Nel dettaglio, il clan Schiavone, spiega il rapporto del Viminale sull’attività della Dia, è attivo: a Gricignano d’Aversa e Cesa, tramite la famiglia Russo; ad Aversa e comuni limitrofi, attraverso il gruppo Della Volpe ed ancora la famiglia Russo; a Maddaloni, Cancello e Cancello Arnone, Trentola Ducenta, Teverola, Santa Maria la Fossa, Grazzanise e nei comuni di Sparanise, Pignataro Maggiore, Francolise, Calvi Risorta, Teano, Pietramelara e Vairano Patenora, nella zona cosiddetta ‘delle montagne’, tramite la famiglia Papa; infine, a Santa Maria Capua Vetere, Capua, Vitulazio, Bellona, Triflisco, nei comuni dell’area capuana e la zona matesina, a Caiazzo e Piedimonte Matese. Il clan Bidognetti invece opera: a Castelvolturno, San Marcellino, Lusciano, Parete, Cancello e Arnone e Villa Literno. Il gruppo Iovine fa sentire la propria influenza: a San Cipriano d’Aversa, tramite la famiglia Cecoro; a Casaluce, Frignano, San Marcellino e parte del comune di Aversa, attraverso la famiglia Venosa; a Villa di Briano, grazie alla famiglia Lanza. Il gruppo Zagaria, infine, opera a Cancello e Arnone. Nella provincia di Caserta, segnala il Viminale, operano anche altri gruppi di «apprezzabile consistenza» ma caratterizzati da una «più limitata operatività territoriale». Il clan Esposito, detto dei ‘Muzzoni’, è attivo a Sessa Aurunca, Cellole, Carinola, Falciano del Massico e Roccamorfina. I Belforte e i Piccolo sono presenti nella zona di Marcianise ed esercitano la loro influenza anche sul capoluogo casertano. Il gruppo La Torre di Mondragone si sono riorganizzati intorno al sodalizio Fragnoli/Gagliardi, storicamente legato ai Bidognetti e che di recente ha subito un ridimensionamento. I Menditti operano a Recale e San Prisco e sono legati ai gruppi casalesi Schiavone e Zagaria. Il clan Bifone, alleato dei Belforte, opera nel territorio di Portico di Caserta, soprattutto nel campo delle estorsioni e della droga. Il gruppo Perreca è attivo a Recale. Sia i Menditti che i Bifone sono presenti anche a Casagiove, Casapulla, San Prisco e Curti. I Farina e i Martino, infine, esercitano la loro influenza su Maddaloni. L’arresto di alcuni esponenti dei Martino ha poi favorito la nascita di alcuni gruppi dediti alle estorsioni ed al traffico di stupefacenti, i Massaro e la famiglia Ferraro.

BENEVENTO – Nella provincia di Benevento si conferma l’egemonia criminale del clan Sperandeo, attivo in particolare nel campo delle estorsioni, dello sfruttamento della prostituzione e dello spaccio di droga, ed operante in rapporti di alleanza con i gruppi camorristici del casertano. In città si rileva anche la presenza di sodalizi minori, come il clan Nizza, attivo soprattutto nell’ambito dell’usura e delle estorsioni, e il gruppo Spina, che risulta legato agli Scissionisti di Secondigliano, in particolare ai Pagano. In provincia, invece, sono emersi episodi di natura estorsiva presumibilmente riconducibili al clan Pagnozzi.

AVELLINO – Lo scenario della camorra nell’Avellinese, attiva sia nel campo dell’usura, delle estorsioni e degli stupefacenti, ma anche nell’ambito degli appalti pubblici, risulta ancora caratterizzato dalla compresenza dei clan Cava e Graziano, imparentati tra loro, ma da decenni in forte contrapposizione. I Cava, che si distinguono anche attraverso la gestione monopolistica di interi settori commerciali e imprenditoriali, sono presenti nei comuni di Quindici, Vallo di Lauro, San Paolo Belsito, Palma Campania, dove il gruppo è attivo tramite la famiglia Amoroso, Atripalda, Casamarciano, Monteforte Irpino, Taurano, Moschiano, Monocalzati, Mugnano del Cardinale, ed anche nella zona di Mercato San Severino, in provincia di Salerno. Come già segnalato, in provincia di Avellino è attiva anche una cellula affine al clan Cava, retta dai fratelli Sangermano, che controlla e gestisce le attività criminali nei comuni di San Vitaliano, Scisciano, Cicciano e Roccarainola. La famiglia Taglialatela, altra compagine referente dei Cava, opera invece nei comuni di Cimitile, Carbonara di Nola e Saviano. Il clan Graziano, intanto, operante nel Vallo di Lauro e nell’agro nocerino-sarnese, risulta caratterizzato da una struttura familistica, la cui solidità è quindi garantita proprio dal legame parentale tra gli associati, ed è considerato ripartito in tre gruppi. Il clan Genovese risulta in fase di riorganizzazione nonostante lo stato di detenzione di elementi di spicco. Nella Valle Caudina è attivo il clan Pagnozzi, articolato in più gruppi federati e alleato con gli Schiavone di Casal di Principe. Il sodalizio criminale opera nei comuni di San Martino Valle Caudina, Cervinara, Montesarchio, Sant’Agata dei Goti, Limatola, Durazzano, Moiano, Airola e zone limitrofe. I Pagnozzi sono alleati anche con il gruppo Perreca di Recale e con altri esponenti camorristici di Acerra e San Giovanni a Teduccio.

SALERNO – Nel Salernitano l’organizzazione camorristica risulta dotata di una struttura orizzontale. Sono presenti vari gruppi di diverso livello di autonomia e attivi soprattutto nel campo del traffico di droga. La Dia rileva una coagulazione di nuovi clan nella città capoluogo che nelle aree di produzione agricola, ovvero Battipaglia, Eboli, Valle del Sele e agro nocerino-sarnese. A Salerno la scarcerazione di personaggi di spessore legati al clan D’Agostino potrebbe aver favorito una ripresa del ruolo egemonico del gruppo, originario del quartiere Torrione. L’assenza di rigide gerarchie ha dunque avvantaggiato l’espansione del clan avellinese dei Graziano, che ha allargato il proprio raggio d’azione a Bracigliano e Mercato San Severino. In provincia di Salerno si registrano comunque anche infiltrazioni dei Casalesi, in particolare nell’ambito negli appalti, e di alcuni sodalizi del napoletano, come i Fabbrocino e i Falanga. Nell’agro nocerino sarnese, dunque, operano i gruppi camorristici: Sorrentino di Sant’Egidio del Monte Albino, D’Auria Petrosino/Fezza di Pagani, Graziano, a Sarno e Bracigliano, Matrone a Scafati, Mariniello a Nocera Inferiore e Nocera Superiore, Nocera (alias Tempesta) ad Angri, Bisogno e Celentano a Cava dei Tirreni. Nella zona della Valle dell’Irno, si segnala poi l’operosità di un gruppo guidato dalla famiglia Genovese. Nella Piana del Sele, ed in particolare a Bellizzi, infine, viene rilevata la presenza del clan De Feo, mentre a Battipaglia opera il sodalizio Pecoraro/Renna.

 

 

REGGIO CALABRIA/1 – La criminalità di Reggio Calabria rimane articolata in tre mandamenti ed altre strutture di livello inferiore che hanno la funzione di coordinamento competenti su specifiche aree del territorio. Per quanto riguarda il mandamento tirrenico, nella Piana di Gioia Tauro si conferma la posizione di rilievo della cosca Piromalli. Nel comprensorio di Rosarno e San Ferdinando, invece, opera la cosca Pesce/Bellocco, rimasta colpito nel 2011 e nel 2012 da sequestri di beni di ingente valore. Nel comune di Palmi operano i gruppi ‘ndranghetisti Gallico e Parrello. A Seminara sono attive le cosche Santaiti/Gioffrè, detti ‘Ndoli/Siberia/Geniazzi’, e Caia/Laganà/Gioffrè, detti ‘Ngrisi’. La famiglia Crea, intanto, proiettata anche nell’Italia settentrionale, fa sentire la propria egemonia nell’area di Rizziconi. A Castellace di Oppido Mamertina è attivo il gruppo Rugolo/Mammoliti. Nella stessa area operano le cosche Polimeni/Mazzagatti e Ferraro/Raccosta. Il comprensorio di Sinopoli, Sant’Eufemia e Cosoleto, rimane sotto l’antica influenza della famiglia Alvaro. Si conferma la leadership delle famiglie Facchineri e Albanese/Raso/Gullace a Cittanova, Avignone a Taurianova, Longo/Versace a Polistena, Petulla/Ierace/Auddino e Foriglio/Tigani a Cinquefrondi, mentre a San Martino, frazione del comune di Taurianova, opera la cosca Maio. A Giffone è attiva la cosca Larosa. A Scilla il gruppo criminale Nasone/Gaietti.

 

 

REGGIO CALABRIA/2 – Nel mandamento centro della provincia di Reggio Calabria permane la supremazia delle cosche storicamente egemoni: i De Stefano, i Condello, i Libri e i Tegano. Ad altri gruppi criminali è stata lasciata autonomia di controllo sui ‘locali’ a loro riconducibili. Nell’area operano anche: la cosca Serraino, attiva nel comune di Cardeto, nel quartiere San Sperato e nelle frazioni di Cataforio, Mosorrofa e Sala di Mosorrofa; la cosca Ficara/Latella, presente nella parte sud del capoluogo, la cosca Lo Giudice, nel quartiere di Santa Caterina; il gruppo Borghetto/Caridi/Zindato/Rosmini, nei rioni Modena e Ciccarello; la cosca Crucitti, gravitante nell’orbita dei De Stefano, che controlla i quartieri di Condera e Pietrastorta; la cosca Labate, nel quartiere Gebbione, a sud del capoluogo; infine, gli Alampi, attivi nella frazione cittadina Trunca e federata con il potente casato mafioso dei Libri.

REGGIO CALABRIA/3 – Per quanto concerne il mandamento ionico viene confermato il dominio delle famiglie Barbaro/Trimboli a Platì e Nirta/Strangio e Pelle/Vottari a San Luca. Ad Africo, intanto, esercita la sua influenza la cosca Morabito/Palamara/Bruzzanti. A Siderno opera il gruppo criminale Commisso, in contrapposizione alla cosca dei Costa. A Marina di Gioiosa sono presenti le famiglie Aquino/Coluccio e Mazzaferro. A Gioiosa sono attivi i sodalizi Scali/Ursino federate con i Costa/Curciarello. A Monasterace e nei comuni vicini di Stilo, Riace, Stignano, Caulonia e Camini, fa sentire la sua influenza la cosca Ruga/Metastasio/Leuzzi, che risulta legata ai Gallace, attiva a Guardavalle, in provincia di Catanzaro. A Caudonia opera il gruppo criminale Vallelonga. Il comprensorio di Locri, intano, rimane diviso tra due cosche egemoni, i Cordì e i Cataldo, che sembrano aver raggiunto un accordo stabile dopo una faida durata quarant’anni. Nel comune di Careri sono attive le famiglie Cua, Ietto e Pipicella, legate alle vicine cosche di San Luca e Platì. Ad Antonimina è presente il gruppo Romano. In Ardore la cosca Vacalli, in Canolo i Raso, in Ciminà i Nesci e a Cirella di Platì i Fabiano. La famiglia Iamonte domina l’area di Melito Porto Salvo. Mentre a Roghudi e Roccaforte del Greco risultano attive le storiche consorterie dei Pangallo/Maesano/Favasuli e Zavettieri, federatisi dopo la ‘faida di Roghudi’. Nel comprensorio di San Lorenzo, Bagaladi e Condofuri si segnala ancora il dominio della cosca Paviglianiti, fortemente legata alle famiglie Flachi, Trovato, Sergi e Papalia, caratterizzate da significative proiezioni nel nord Italia e legate alle cosche reggine dei Latella e dei Tegano, ed anche con i Trimboli di Platì e gli Iamonte di Melito Porto Salvo.

CATANZARO – A Catanzaro e provincia, rivela il rapporto del Viminale, non si sono verificate significative variazioni del panorama criminale della ‘ndrangheta. Le aree di maggior interesse per l’organizzazione rimangono il lametino e il soveratese. Nel capoluogo si segnala ancora la situazione di equilibrio tra le originarie consorterie criminali e il clan degli zingari, molto attivo nel mercato della droga.

COSENZA – Nella città di Cosenza, nonostante un indebolimento dovuto alla morte del suo capo, si rileva ancora una volta il dominio della cosca denominata ‘BellaBella’, alleata con gli zingari di via Popolia. Nel capoluogo opera anche la compagine criminale Lanzino. Sul litorale ionico della provincia mantengono saldo il loro potere criminale i Forastefano, a Cassano, e gli zingari, a Lauropoli, anche se colpiti da recenti inchieste. A Rossano e nella zona a sud della costa fino a Cariati, al confine con il locale di Cirò Marina, opera la cosca un tempo riconducibile a Nicola Acri, arrestato a Bologna nel 2010. Sulla zona tirrenica opera invece la cosca Muto. Nel paolano, il gruppo Martello/Ditto/Scofano e la famiglia Serpa. Ad Amantea sembrano agire gli affiliati alle cosche Besaldo e Africano/Gentile. Altri gruppi, vicini ai Lanzino, sono attivi nei comuni a sud e a nord del capoluogo.

CROTONE – A Crotone la dislocazione delle cosche della ‘ndrangheta a fine 2012 rimane sostanzialmente immutata rispetto a quanto emerso in precedenza. Nel rapporto sull’operato e sui risultati conseguiti dalla Dia nel primo semestre del 2012, il Ministero dell’Interno aveva segnalato in precedenza l’attività dominante della famiglia Comberlati. Per quanto concerne invece la provincia era stata rilevata la permanenza delle storiche cosche Vrenna/Bonaventura/Corigliano. Degli Arena e dei Nicoscia ad Isola Capo Rizzuto. Dei Grande, Aracri e Gragone a Cutro. E, infine, dei Farao/Marincola a Cirò.

VIBO VALENTIA – A Vibo Valentia sembrano essere riprese alcune dinamiche conflittuali. Nella porzione di territorio compresa tra la città capoluogo, la frazione Piscopio e il piccolo comune di Stefanaconi, è in atto un confronto tra due bande criminali: da una parte il gruppo di Stefanaconi, che fa capo alla cosca dei Patania alleata dei Mancuso di Limbadi, dall’altro il gruppo dei ‘Piscopisani’ che fa capo alla famiglia Fiorillo. Nelle Serre Vibonesi, a ridosso delle province di Reggio Calabria e Catanzaro, continua invece la seconda ‘faida dei boschi’. Nel dettaglio, nella provincia permane il dominio dei Mancuso, che mantiene il potere anche grazie all’appoggio di gruppi del reggino e del lametino. Numerose le ‘ndrine satellite: in città sono presenti le famiglie dei Lo Bianco, dei Fiarè/Razionale di San Gregorio d’Ippona, dei Bonavota e dei Petrolo di Stefanaconi e Sant’Onofrio; nella Marina del capoluogo operano i Mantino/Tripodi; da Briatico a Tropea sono attive le famiglie Accorinti e La Rosa; nei comuni di Pizzo e Francavilla Angitola si segnalano le famiglie Fumara e Cracolici; nella zona montuosa delle Serre sono presenti le storiche ‘ndrine dei ‘Viperari’ che hanno capo alla famiglia Vallelonga; a Filadelfia controlla le attività illecite la cosca Anello/Fruci; nei comuni più a valle, infine, sono presenti i gruppi Soriano e Pititto.

NOTA – Il rapporto del Viminale sull’attività e sui risultati conseguiti dalla Dia fornisce informazioni dettagliate anche sulla criminalità organizzata presente in Puglia e in Basilicata, nonché sulle organizzazioni malavitose straniere operanti nel nostro paese e sulle proiezioni extraregionali di Cosa Nostra, camorra e ‘ndrangheta.