Bah, boh, beh. Scegliete voi l’onomatopea per descrivere le parole di Luigi Di Maio sullo spread. Il vicepresidente del Consiglio pentastellato, rispondendo alle incalzanti domande dei cronisti sull’effetto dell’aumento del differenziale tra i btp italiani e i bund tedeschi, ha provato ad arrampicarsi sugli specchi fornendo una risposta molto fantasiosa e priva di qualsiasi collegamento con la realtà. E da quegli specchi non solo è scivolato, ma li ha anche rotti.
«Dire che lo spread ci è già costato, quando invece il rendimento dei titoli è a 10 anni… di che stiamo parlando?». Ecco, di cosa stiamo parlando. Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico deve avere idee molto fosche sul funzionamento dei mercati, dell’economia (italiana, europea e mondiale), sui riflessi di ciò che avviene quotidianamente e su come ciò che accade ogni giorno a Piazza Affari influenzi il rendimento di banche e istituti di credito (con riverberi anche sulle aziende nostrane). Come sottolineato anche dal giornalista Luciano Capone su Twitter.
“Dire che lo spread ci è già costato, quando invece il rendimento dei titoli è a 10 anni…di che stiamo parlando?”. Il vicepremier @luigidimaio sostiene che l’aumento dello spread non sia costato nulla perché “il rendimento è a 10 anni”(?!). Ma #QuestoLoDiceLei! via @repubblica pic.twitter.com/6APT8YV20J
— Luciano Capone (@lucianocapone) 27 novembre 2018
Forse Luigi Di Maio – andando fuori da ogni logica che un ministro dovrebbe conoscere – non riesce ad accettare il fatto che lo spread non sia un bilancio aziendale che si stila a fine anno. Per lui, però, seguendo le sue illogiche parole, il valore del differenziale tra btp e bund sarà reale solamente tra 10 anni dato che, affianco alla parola spread, c’è scritto «rendimento dei titoli a 10 anni». Ma 10 anni da quando? Dall’alba dei tempi? Dalla caduta del muro di Berlino? Dall’ultima vittoria dell’Italia ai Mondiali? Dall’abolizione della povertà? Insomma, quando si parla di economia – ma anche di altre tematiche «tecniche» – il leader M5S sembra essere afflitto dalla fantozziana sindrome da «dicesi…» e come un ragioner Ugo qualsiasi inizia a straparlare dando una versione dei fatti tutta sua, spesso ben lontana dalla realtà.
L’economia, come il mercato (no, non quello calcistico) non si ferma mai e il dato valoriale di oggi ha ripercussioni sul momento stesso in cui viene riscontrato. Anche su domani, dopodomani, tra un anno, tra due e tra dieci. Ma tra dieci anni non si completerà alcun ciclo su cui tracciare un bilancio. Il bilancio, parlando di economia, finanza e spread è nell’immediato. Quindi sì, caro Luigi Di Maio, lo spread sopra i 300 punti (o giù di lì) ha ripercussioni sull’immediato. Non è un complotto, come non lo è il parere di fini e «studiati» economisti che da mesi – e non perché c’è il Movimento 5 Stelle al governo, dato che le pulci (giustamente) sono state fatte a Berlusconi e Renzi (e anche a tutto quel che c’è stato nel mezzo – sottolineano come un valore così alto dello spread sia nocivo per tutto il sistema economico italiano.
(foto di copertina: ANSA/DANIEL DAL ZENNARO)