Lo strappo della Lombardia: a lavoro per riaprire le chiese

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Mentre la Cei polemizza con il Governo per la mancata riapertura delle chiese nella Fase 2, arriva lo strappo della Regione Lombardia

Un Belpaese diviso e caratterizzato dalle polemiche quello che si affaccia sulla tanto aspettata “Fase 2” preannunciata ieri dal premier Conte. E se la mancata abolizione di diverse restrizioni ha lasciato in molti con la bocca amara, non sono pochi i politici che non hanno esitato ad approfittare elettoralmente della situazione, e non poche le amministrazioni che si stanno discostando dalle scelte del Governo. L’ultima nota dissonante viene dalla Regione Lombardia che, con quasi 73 mila contagi  (di cui 900 nella sola giornata di ieri) e con oltre 13 mila morti, rappresenta tuttora un drammatico “case history” a livello mondiale. E mentre si indaga sui decessi nelle RSA e i medici di base parlano di “strage frutto di scelte politiche” le autorità della Lombardia ammiccano al mondo cattolico e accelerano sulla riapertura delle chiese e delle funzioni religiose.



La Regione, spiega una nota “è al lavoro con Prefettura, Comune e Arcidiocesi di Milano per sostenere la possibilità di riaprire le chiese per le celebrazioni religiose in una cornice di massima sicurezza, all’insegna del distanziamento e dell’uso dei dispositivi di protezione, di giungere al più presto a una soluzione condivisa che possa tenere conto tanto delle esigenze di cautela, quanto della necessità di tornare a garantire il diritto di culto ai cittadini”.

Parole che suonano come una sfida esplicita a quanto stabilito ieri dal Governo, non si capisce infatti esattamente in base a quale logica si possano autorizzare le messe e vietare contemporaneamente musei, teatri, cinema e altri centri di aggregazione. Quello che è certo è che questo assist delle autorità lombarde non passerà certo indifferente nello scontro tra Cei e Governo per la riapertura dei luoghi di culto. E che, in un momento di estrema difficoltà dei consenso, l’obiettivo è ancora una volta giocarsi il tutto per tutto, anche a scapito della sicurezza collettiva o delle indicazioni del mondo scientifico.