Del DMA si discute da diverso tempo e, tra le questioni affrontate, ce n’è una che – da sempre – genera dibattito e ha portato a più di qualche dubbio: quella dell’interoperabilità. Partiamo chiarendo la cos’è questa interoperabilità e perché risulta essere fondamentale nell’ambito della concorrenza: si tratta della caratteristica che sta alla base del funzionamento della stragrande maggioranza dei servizi di comunicazione, a partire dallo stesso Internet. Il web è un luogo in cui tutti possiamo connetterci a prescindere dal fornitore del servizio; un luogo. che ha lo stesso protocollo per scambiarsi messaggi via mail, per esempio, a prescindere dal provider. Ecco, come sa bene chi usa iMessage di Apple – per fare un esempio – tramite esso si può comunicare solo con altri dispositivi Apple.
Nell’ambito della concorrenza, rendere interoperabili i servizi delle Big Tech come Whatsapp – per esempio – con quelli di aziende più piccole darà la possibilità a queste ultime di emergere e di guadagnarsi una porzione di mercato.
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Già nel 2022 sono diverse le persone che hanno sollevato questioni rispetto al pericolo per la crittografia end-to-end se entra in campo l’interoperabilità. La Eff (Electronic Frontier foundation), organizzazioni che difende i diritti digitali con sede negli Usa, ha parlato dei problemi di sicurezza che il DMA potrebbe portare in ambito messaggistica: pur comprendendo lo scopo della regolamentazione, che punta a «rendere più facile per le persone lasciare le piattaforme delle big tech in favore di altre concorrenti, senza minare la loro capacità di comunicare con chiunque decida di rimanere dentro i giardini recintati delle big tech» – hanno affermato dall’associazione – rimane importante «non indebolire la crittografia end-to-end di servizi come Whatsapp o iMessage o di minare la sicurezza».
Come evitare tutto questo? Avendo cura di creare innovazione tecnologica tale per cui l’interoperabilità sia possibile senza mettere a rischio la privacy degli utenti. Si tratta di un progresso che richieder investimenti e, ora, toccherà alle aziende adeguarsi entro marzo 2024.