La pasqua di un ateo
05/04/2010 di Giovanni Palombo
Non sono un credente e resto piuttosto asettico nei confronti dei vari credo religiosi ma penso che nessun uomo possa restare indifferente dinanzi al significato della Pasqua. Deprivando Gesu’ Cristo di tutti gli orpelli religiosi, di tutte le significazioni fideistiche che gli sono state piu’ o meno costruite addosso come una sovrastruttura piu’ umana che divina, non resta che un uomo.
Un proletario, un povero, figlio di un falegname che si fa interprete e portatore di un messaggio talmente “elementare” da divenire universalmente potente. Il Cristo che arringa le folle, che parla per renderle consapevoli della unicita’ dell’essere umano, dell’uguaglianza, della forza dei deboli che uniti divengono invincibili tanto da poter sfidare anche la morte, e’ un esempio per ognuno di noi. Un proletario con forti inclinazioni socialiste, un rivoluzionario ante litteram, Gesu’ e’ un uomo che rapisce la mia ammirazione proprio per la sua forza umana, per la sua fragilita’ terrena e non per gli aspetti divini.
Egli percorre il suo cammino contro tutto e tutti, si fa beffe dei potenti, ne irride il potere grazie ad una consapevolezza che trae forza profonda proprio dalla natura piu’ intima e fragile dell’essere umano. Affronta il suo cammino doloroso, le torture, il calvario con la dignita’ di un estremista, con il sorriso di chi sa di aver gia’ vinto e di non dover temere alcuna umiliazione perche’ il suo messaggio e’ stato come un seme fecondo sparso nelle coscienze dei deboli. Non era certo una cosa semplice a quei tempi riuscire a divulgare una nuova coscienza sociale avendo contro l’impero di Roma e i potentati locali.
Cristo fa la guerra alle caste dominanti a viso aperto e senza timori reverenziali, reclama dignita’ per gli afflitti e i dolenti senza distinguere tra essi i bianchi dai neri, i rei dai giusti, gli uomini dalle donne. I suoi discorsi sono una magia comunicativa, snocciolano in parole semplici concetti cosi’ rivoluzionari e universali da aver attraversato i millenni senza invecchiare e senza infeltrire. “Gli ultimi saranno i primi” e’ una sorta di rivendicazione sociale cosi’ intensa da conquistare gli animi dei giusti in ogni momento della storia. Non con la violenza ma con la forza di un messaggio intransigente, lineare, disinteressato e’ cosi’ che Cristo pone al suo popolo la visione di un mondo senza confini, senza patrie, senza orpelli, senza barriere. Un bene comune che sfida i settarismi, i localismi, gli orticelli fortificati delle coscienze di ognuno di noi addivenendo ad una significazione concettuale di “IO ” collettivo ed universale.
Gesu‘ era forse il primo comunista della storia, in una forma certo particolare e deideologizzata ma, sicuramente, intrisa di un concetto di uomo rivoluzionario, padrone di se stesso al punto tale da riuscire a collettivizzare il proprio egocentrismo trasformandolo in una entita’ positiva. Non posseggo i mezzi culturali per avventurarmi in una disamina teologica ( e neanche mi interessa ) ma provo a traslare la figura di quest’ umile figlio di falegname nei vari momenti della storia dell’ umanita’ e il risultato finale e’ sempre sorprendente.
Cristo , l’uomo , lo possiamo mettere sul palco di qualunque attimo della storia: dalla rivoluzione francese, all’ illuminismo, dalla rivoluzione industriale sino ai giorni nostri. I suoi contenuti sono e restano sempre integri e saldi come pietra miliare di una civilta’ degna di questo nome. Egli infrange il muro del tempo e della storia con una naturalezza sconvolgente. Restano le piaghe dolorose della sua croce ad evidenziarne la fragilita’ umana e a renderlo inarrivabile. Resta il monito di un uomo giusto condannato da una giustizia ingiusta e faziosa assoggettata a meschini disegni umani.
Risorgera’ ? Non credo, non ne ha bisogno perche’ in fondo non e’ mai morto. Buona Pasqua a tutti.
(Foto ANSA/AP Photo/Mahesh Kumar A.)