L’editor-in-chief della redazione web della Bild, Julian Reichelt, alla fine è stato licenziato. La vicenda va avanti da qualche mese, con uno dei responsabili del più noto quotidiano tedesco che aveva scelto di sospenderlo nella scorsa primavera, di reintegrarlo successivamente e di metterlo in congedo dall’inizio del 2021. Il tutto dopo un articolo del New York Times (il titolo emblematico è Sesso, bugie e un pagamento segreto) che si è occupato della vicenda: la sua pubblicazione ha fatto scattare immediatamente il provvedimento di licenziamento. Nell’articolo si sosteneva che Julian Reichelt avesse promesso un lavoro di più alto livello a una donna dello staff della Bild, mentre aveva una relazione con lei. Ma non sarebbe l’unico comportamento che gli viene contestato.
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L’editore della Bild – il colosso Axel Springer – ha preso una decisione drastica sul rulo di Reichelt in redazione: «Il consiglio ha appreso – è stato comunicato lunedì 18 ottobre in una nota – che anche dopo la fine della procedura di conformità nella primavera del 2021, Julian Reichelt ha continuato a non separare chiaramente gli affari privati da quelli professionali e aveva pronunciato delle menzogne su questo davanti al consiglio dell’editore». Ora, a sostituire Reichelt sarà Johannes Boie, che era già stato caporedattore di Welt am Sonntag.
Ci sono alcuni elementi che sono emersi nel corso dell’inchiesta giornalistica. Alcuni comportamenti risalgono addirittura al 2016, quando la personalità di spicco della Bild – all’età di 36 anni – stava intessendo una relazione con una tirocinante di 25 anni. Reichelt, in quella circostanza, sarebbe stato consapevole che una tale condotta non risultava in linea con la sua professionalità, promettendo anche un pagamento extra – che non doveva essere reso noto alle altre persone della redazione – da 5mila euro. Stando ad alcune testimonianze, inoltre, glisarebbe stato contestato anche l’utilizzo di sostanze stupefacenti: in primavera, dopo la sospensione, si era deciso di dare una seconda possibilità al giornalista, vanificata – tra le altre cose, ma solo come goccia che ha fatto traboccare il vaso – dall’articolo del NY Times.
La questione mediatica che c’è dietro a questa vicenda, in ogni caso, è abbastanza particolare. Il NY Times, nella compilazione del suo articolo, si è avvalso del lavoro del gruppo di giornalismo investigativo Ippen (che ha, tra le sue pubblicazioni di riferimento, la Frankfurter Rundschau, il Münchner Merkur e TZ, competitor della Bild). Questo lavoro, nella sua interezza, non è stato ancora pubblicato («Come gruppo mediatico in diretta concorrenza con ‘Bild’, dobbiamo stare molto attenti a non dare l’impressione di voler danneggiare economicamente un concorrente» – si sono giustificati dal board editoriale). Un caso che sta scuotendo – dalle fondamenta – il giornalismo tedesco. E che ha varcato i confini dell’oceano, aprendo davvero un dibattito molto serrato sia sulle politiche interne a uno dei più potenti gruppi editoriali europei, sia sulle scelte economiche e finanziarie dello stesso (nel lavoro investigativo, infatti, vengono evidenziati anche gli obiettivi e i piani per le future acquisizioni di Axel Springer).
FOTO CC – Namensnennung-Nicht kommerziell 3.0 Deutschland (CC BY-NC 3.0 DE)