Le domande sull’uso di Pegasus nell’omicidio di Jamal Kashoggi
Zack Whittaker, editor di TechCrunch, si chiede come sia possibile escludere un potenziale coinvolgimento di questo strumento se NSO non ha contezza delle operazioni effettuate dai suoi clienti
20/07/2021 di Gianmichele Laino
Il caso Pegasus, dopo le inchieste di Forbidden Stories con il supporto di Amnesty International, ha scosso in maniera decisa il mondo del giornalismo. Grazie a questo spyware si è potuto comprendere come sia facile, anche per amministrazioni pubbliche, intervenire direttamente e a gamba tesa sull’attività investigativa di giornalisti e attivisti. L’Ungheria, ad esempio, unico Paese dell’Unione Europea coinvolto in questa indagine indipendente, potrebbe aver spiato diversi giornalisti installando il virus sui loro cellulari, in maniera subdola, senza che le persone intercettate potessero fare nulla per impedirlo. Ma c’è un’altra domanda – vista la grande estensione del fenomeno e il largo impiego di Pegasus nel mondo – che dai giorni scorsi gli esperti del settore si fanno: è possibile che Pegasus sia stato utilizzato anche per preparare l’omicidio di Jamal Kashoggi?
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Jamal Kashoggi, che ruolo ha avuto lo spyware Pegasus?
Lo ricorderete: Kashoggi era un giornalista saudita, ucciso nel 2018 all’interno del consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul. Secondo la CIA – è noto – il mandante di quell’omicidio fu proprio il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman, sul quale Kashoggi stava raccogliendo materiale per le sue inchieste giornalistiche. È possibile che lo spyware Pegasus sia stato utilizzato per controllarne i movimenti e – dunque – eseguire l’azione che per lui sarebbe stata letale?
Se lo chiede, tra gli altri, il giornalista della testata specialistica statunitense TechCrunch, Zack Whittaker. Quest’ultimo sottolinea che la dichiarazione di NSO Group, l’azienda israeliana che ha prodotto lo spyware più potente mai realizzato da un privato, sembra in contraddizione sul punto. Mentre nel suo statement ufficiale, infatti, dichiara che Pegasus non è mai stato coinvolto nella pianificazione dell’omicidio di Jamal Kashoggi, si legge anche che NSO Group non è a conoscenza delle attività portate avanti dai suoi clienti che hanno richiesto l’utilizzo di Pegasus.
Alle domande del giornalista sulla compatibilità di queste due affermazioni (come fa NSO a essere sicuro dell’estraneità di Pegasus all’omicidio Kashoggi senza avere contezza dei target dei propri clienti?), la società ha chiesto di fare riferimento al proprio report sulla trasparenza. All’interno del documento, pubblico e di facile consultazione, si sottolinea come l’accesso ai registri dei clienti da parte di NSO non possa avvenire se non attraverso esplicita autorizzazione da parte del cliente stesso. Dunque, eventuali abusi nell’utilizzo degli strumenti messi a disposizione da NSO sarebbero individuabili soltanto previa volontà del cliente di renderli noti. Non proprio un modello lineare.
Per questo, nonostante le rassicurazioni di NSO che – chiaramente – sta facendo il proprio gioco in difesa dopo le durissime accuse contenute nell’indagine di Forbidden Stories e di Amnesty International, le domande su alcuni punti evidenziati dall’équipe di giornalisti investigativi restano apertissime. Non ultima, quella su Kashoggi.