L’insostenibile pesantezza dell’essere “promotori finanziari”

Tra le molte pratiche discutibili del mondo del credito, la più deleteria è proprio l’incentivazione della “forza vendita”, ottenuta riconoscendo al bancario un premio extra sul prodotto. Abbiamo parlato con una “pentita”, che ci ha spiegato come funziona questo pazzo pazzo mondo.

“Sono stata 24 anni in una banca che oggi, dopo l’ennesima fusione, è nell’occhio del ciclone. Non vorrei sembrarti cinica ma sono quasi contenta del “crollo” che sta subendo in questi giorni. Ho una pessima considerazione delle banche in generale. Hanno perso, quasi tutte, la loro naturalità puntando solo a fare utili (e che utili!)”. A parlare è Roberta, una ex bancaria/consulente che ha lavorato in uno dei nostri primari istituti di credito, facendo esattamente quello che è stato descritto in questo pezzo pubblicato qualche giorno fa. E ha deciso di raccontarci la sua esperienza di lavoratrice, spinta tra l’incudine di un datore di lavoro che gli chiedeva di lucrare sempre più e il martello di un’etica sempre più difficile da rispettare.

In cosa consisteva il tuo lavoro?

Negli ultimi dieci anni passati in banca sono stata responsabile di diversi “borsini”, sono iscritta all’albo dei promotori finanziari e tutto ciò che ho imparato è solo frutto della mia buona volontà e senso del dovere. La banca non ha mai investito, in termini di formazione, sui propri collaboratori tutto quello che ho imparato è solo frutto dell’esperienza “sul campo” e degli studi che ho intrapreso, oltre per una mia conoscenza professionale anche per sostenere gli esami per l’iscrizione all’albo professionale. Naturalmente, tutto a mie spese.

E cosa ti dicevano di fare?

Pretendevano sempre e solo che venisse fatta la raccolta principalmente dei prodotti bancari (certificati di deposito, in passato, poi obbligazioni, fondi e naturalmente le polizze assicurative (piatto ricco per le banche). Ogni qualvolta emettevano un nuovo prodotto ci veniva fornito un budget (spesso irraggiungibile), e giornalmente dovevamo comunicare il “collocato”. Se avevi “collocato” poco, naturalmente erano solo “strigliate”.

Ma la banca cercava di influenzare il vostro lavoro?

Non faceva altro. La nostra professionalità, come consulenti, era del tutto vanificata dagli “ordini di scuderia” nel piazzare un prodotto o l’altro. Naturalmente dovevamo vendere ai clienti principalmente quelli prodotti dalla banca stessa: sapeste quante volte mi sono trovata in imbarazzo nel giustificare le scelte aziendali: quando le controparti si accorgevano che il prodotto consigliato generava solo perdite di capitale e non reddito naturalmente si rivolgeva al “consulente” che aveva consigliato tale prodotto. E in quel caso l’istituto se ne lavava le mani!

Sei stata testimone di qualche scorrettezza professionale?

Qualche? Ho visto emettere polizze trentennali a 80enni, vendere fondi azionari a persone che non sapevano nemmeno cosa fossero, spacciandoli per prodotti “sicuri” e “garantiti”. Ricordo, in una delle agenzie dove ho lavorato, che il direttore rilasciava il rinnovo dei “fidi” solo a quei clienti che sottoscrivevano una polizza assicurativa!!! Praticamente erano costretti a sottoscrivere altrimenti si ritrovavano i fidi revocati e al rientro immediato.

Però questo giochino conveniva anche a voi: incassavate gustosi benefit, no?

Ti sbagli. Eravamo, io e i miei colleghi, in trincea tutti i giorni e per contro non ci veniva riconosciuto nessun “benefit” (contrariamente a quanto si possa pensare). Al massimo ho usufruito di un viaggio premio o di articoli generici (telefoni, sveglie, radioline e scemenze di questo genere). Alla fine non ho più resistito: solo oneri e nessun riconoscimento neanche in termini di avanzamento carriera (sempre promesso e mai avverato).

Credo sia difficile assolvere completamente la tua categoria, però.

Naturalmente non tutti i consulenti sono uguali, molti guardano più al proprio portafoglio che a quello del cliente. Ed è chiaro che essendo i guadagni legati ai prodotti collocati (i consulenti non hanno uno stipendio ma guadagnano una “fee” sui prodotti collocati e sul mantenimento degli stessi); ovviamente le banche pagano una “fee” maggiore (a volte anche il doppio) per i propri prodotti: lascio a te le conclusioni.

E adesso che fai?

Mi sono messa in proprio. Ed è tutt’altra cosa invece l’esperienza come libero professionista. Naturalmente non è stato facile lasciare il certo per l’incerto (il promotore finanziario guadagna solo se produce) ma ho puntato sulla professionalità e sui buoni rapporti coltivati nel tempo con i “miei” clienti (dico miei perché in effetti si instaura un rapporto di fiducia reciproco, spesso ci vengono fatte confidenze strettamente riservate che neanche i loro parenti conoscono).

E ti senti più libera?

Certo. In questo caso l’azienda non ti impone nulla, è chiaro che collocare i prodotti aziendali ti fa guadagnare di più ma è una tua libera scelta e proprio sulla base del rapporto di fiducia instaurato il buon consulente difficilmente “vende” un prodotto non adatto al proprio cliente perché rischia, in caso di errato consiglio, di perderlo e quindi perdere anche la sua fonte di reddito.

Insomma, adesso se vinci, vincete tutti; se perdi, il tuo cliente ha qualcuno con cui prendersela. E le banche?

Le banche vincono sempre e comunque.

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