Dipendenti Facebook abusavano del loro potere per spiare i dati personali di chi desideravano

Categorie: Cyber security
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Un libro-inchiesta denuncia quanto accaduto in passato a Facebook, ovvero che numerosi dipendenti furono sorpresi a spiare nei profili di utenti a cui erano interessati per ragioni personali

Da un’inchiesta di due giornaliste del New York Times sono emersi retroscena che evidenziano atteggiamenti poco onesti da parte dei dipendenti di Facebook, che hanno invaso la privacy di utenti a cui erano interessati per ragioni personali.



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L’inchiesta sulla Facebook privacy

Come ci segnala Fanpage.it, l’inchiesta delle due giornaliste del New York Times è contenuta in un libro che si intitola «An Ugly Truth: Inside Facebook’s Battle for Domination», il cui titolo anticipa come al suo interno siano contenute dure verità in merito alla lotta di Facebook per il dominio. Il libro mette in luce dinamiche che negano e smascherano una mancata attenzione – negli anni passati – alla privacy dei propri utenti, che Facebook ha messo in atto più recentemente in maniera sempre più decisa.



L’inchiesta delle giornaliste del NYT Sheera Frenkel e Cecilia Kang è stata anticipatamente diffusa tramite degli estratti, uno dei quali fa proprio riferimento all’atteggiamento di alcuni dipendenti di spiare tra le informazioni personali e tra le varie attività di utenti iscritti alla piattaforma, abusando di fatto del loro potere di accesso a quei dati.

Abuso di potere per interessi personali

I fatti riportati riguardano il 2014 e il 2015, anni durante i quali circa 16 mila dipendenti Facebook avevano accesso a questo tipo di dati e anni in cui circa 52 di essi – alcuni dei quali proprio sviluppatori del medium – avrebbero utilizzato il loro potere per spiare persone che frequentavano nella vita reale, come il caso di un uomo che avrebbe cercato una donna con la quale aveva litigato e che aveva poi abbandonato l’albergo in cui si trovavano. Un altro dipendente sembra invece sia entrato nel profilo di una donna con la quale non aveva vissuto un piacevole primo appuntamento e questo lo ha «autorizzato» a spiarne anni di conversazioni, eventi e fotografie caricate.



Questi atteggiamenti sono moralmente fuori luogo, ma a quanto pare messi in pratica perché quel potere, a quei dipendenti e a quell’altezza temporale, fu concesso in modo non correttamente regolamentato. Dal canto suo, il capo della sicurezza di Facebook segnalò a Zuckerberg la problematica, proponendo di ridurre il numero di dipendenti abilitati a questo potere. Ai tempi la soluzione proposta venne respinta, oggi invece sembra siano stati intensificate sia le azioni di tutela nei confronti dei propri utenti che quelle di punizione nei confronti di chi abusa del proprio potere.