Il suicidio degli operai fantasma di Fiat Pomigliano

In prima fila alle mobilitazioni, megafono in spalla e macchina fotografica con sè: Giuseppe De Crescenzo era così e così rimane nel ricordo di tutti i colleghi di Fiat Pomigliano. Giuseppe, operaio e militante dello Slai cobas, martedì ha detto basta. Si è impiccato, nella sua casa di Afragola. Il sindacato Slai Cobas denuncia la sua situazione. Stava da sei anni confinato assieme ad altri 300 operai nel reparto “fantasma” della logistica di Nola. Era in cassa integrazione a zero ore dal 2008, da quando è stato trasferito dalla Fiat da Pomigliano al nuovo reparto logistico di Nola, il Wcl. Il reparto che “non c’è”, quello non è mai entrato in funzione. La storia di Giuseppe si somma alla storia di tanti altri volti Fiat: in bilico e con una cig in scadenza.

Giuseppe De Crescenzo
Giuseppe De Crescenzo

DALLA MAMMA AL CASSAINTEGRATO – Il blog del Comitato Mogli Operai Pomigliano denuncia i casi uno per uno. Quello di Pino è solo l’ultimo. «Per la disperazione – spiegano – a Pomigliano d’Arco, appena qualche giorno fa stava per suicidarsi lanciandosi dal tetto insieme ai suoi tre figli M. D. moglie trentaduenne di un operaio della Fiat di Pomigliano da 7 anni licenziato arbitrariamente dall’azienda ed ancora in attesa della causa rimandata alle “calende greche” dai giudici del Tribunale del lavoro di Nola». E poi c’è l’operaio della Fiat di Pomigliano in cassa integrazione, che ha tentato il suicidio gettandosi dal cavalcavia dell’A16 (autostrada Napoli.Bari) a Marigliano.

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(Photocredits: La Presse)

TUTTA LA STORIA – Partiamo dal reparto Wcl, quello da cui proveniva Peppe. Era il 2008 quando il piano, come riporta il Sole 24 ore doveva partire:

Ma la novità, e non di poco conto, venuta alla luce ieri nel corso dell’incontro che si è svolto nella sede romana di Fiat riguarda il settore logistico. Da lunedì scorso infatti Dhl ha infatti ceduto a Fiat la società che svolge l’attività di movimentazione dei componenti nello stabilimento di Pomigliano d’Arco. E questa società che conta circa 500 dipendenti è da ieri a tutti gli effetti di proprietà Fiat Auto ed ha assunto la denominazione Gianbattista Vico Handling srl. Con essa quindi passano a Fiat anche tutte e 500 le unità lavorative che vanno ad aggiungersi ai 316 lavoratori del Wcl assegnati all’unità di Nola. Acquisizione che è finalizzata alla realizzazione di un progetto di riorganizzazione dei servizi logistici dello stabilimento con riferimento alle aree di ricevimento materiali, scarico e carico mezzi, stoccaggio e magazzino, chiamata materiali e alimentazione delle linee.

C’è però chi da operaio ha visto il grande rilancio Fiat e scuoteva già la testa. Luigi Aprea, di Slai Cobas, ricorda ancora quel giorno: «Per la cronaca ci fu il cosidetto referendum dove Marchionne pretendeva il 90 per cento dei sì. Abbiamo avuto un 50 per cento di no sulle linee di montaggio dove era avvertito ancora di più il problema. Io e i miei compagni abbiamo monitorato le commissioni per il referendum. Eravamo schierati per il no. La nostra fabbrica aveva comunque la sua produttività e non doveva cedere diritti ed ulteriore lavoro. In seguito, nel progetto di rinnovo, sono stati “isolati” a Nola alcuni “lavoratori scomodi”. Alcuni, di cui faccio parte io, ovvero 1500 persone, stanno a zero ore cig nel sito di Pomigliano». E gli? «Altri sono stati trasferiti nel Wcl a Nola. Alcuni sono stati “discriminati” sia per iscrizione sindacale che per motivi di salute. Abbiamo ancora una vertenza in corso per la questione del trasferimento». Nel mentre a Pomigliano si torna a sognare. Dopo l’accordo con Crysler nuove vetture potrebbero esser prodotte nel polo. I sindacati che hanno firmato il contratto Fim, Uilm, Fismic e Ugl sperano in una rotazione anche per chi versa nel limbo della cassa integrazione a zero ore. «A Melfi si farà la 500 X e la piccola Jeep, a Pomigliano la Panda e forse una seconda vettura. Rimane Cassino – ha aggiunto qualche giorno fa Marchionne – che strutturalmente e per capacità produttiva è lo stabilimento più adatto al rilancio Alfa Romeo. Mi impegno: quando il piano sarà a regime la rete industriale italiana sarà piena, naturalmente mercato permettendo».

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FERMI DA 5 ANNI – Come si lavora a Nola? In realtà Luigi spiega che non si lavora: «Sembrava tutto partito con un buon auspicio specialmente mediatico. Sappiamo che da 5 anni che gran parte dei compagni di Nola non fanno una giornata di lavoro in un anno. Da tener presente che nell’accordo del giugno 2010 i segretari confederali hanno siglato nel contratto all’articolo 9 la possibilità di non rotazione. La mia sigla non l’ha firmato». Ma percorrere questa strada non è pericoloso? Stare in posizione così netta rispetto ad altri sindacati? «In un discorso immediato c’è da stringere i denti. La nostra posizione è ben passata tra i lavoratori ma ci sono difficoltà. Chi lavora dentro la fabbrica è “ricattato” con il gioco di altre persone che aspettano di entrare a lavorare. E poi fuori avviene anche l’inverso: ovvero state buoni voi in cassa integrazione che prima o poi toccherà anche a voi lavorare». Eppure il polo è ripartito o no? «Sul piano tecnico organizzativo – spiega l’operaio – la Fiat ha sempre sostenuto che ci sarebbe stato un polo d’eccellenza a Nola. In realtà non sembra così. Per quelli di Nola si prospettava una terziarizzazione secondo noi a discapito dei lavoratori. Al momento è tutto fermo. C’è l’assenza completa di una benché minima operazione di lavoro a Nola. Poca logistica e manuntenzione cassonetti. Si parla di pochi lavoratori impiegati ogni due/tre settimane».

PER GIUSEPPE – Luigi è vicino alla famiglia di Giuseppe in queste ore. Ricorda la presenza di sua sorella che spesso lo seguiva le sue mobilitazioni. «Peppe – ricorda – ci trascinava. Una cosa però è guadagnare 1400 euro al mese senza permetterci chissà che cosa e un’altra è finire a guadagnarne 900. Giuseppe ha toccato con mano tutto il declino». Anna Solimeno del Comitato Mogli Operai Pomigliano era una sua collega: «Quando uno perde il lavoro – precisa – si scatenano anche tanti altri problemi». A Marzo scade la cassa integrazione per i dipendenti di Pomigliano, a luglio per quelli di Nola. Anna cura il Comitato da oramai diverso tempo. L’ispirazione nasce da una lettera delle mogli degli operai di Termini Imerese che chiedevano un “miracolo” a l Papa e a Giorgio Napolitano. Così, le donne di Pomigliano hanno preso in mano la situazione. «Ci siamo schierate a fianco dei mariti. Vicino a loro ci sono anche le famiglie. Tanto chi fa i conti in casa è la moglie. È la moglie – spiega – che in questi casi fa i miracoli». Anna è in cassa integrazione (a zero ore) dal 22 giugno del 2010. «Noi a Pomigliano – spiega Luigi – producevamo l’Alfa Romeo. Non capisco perché ci siamo dovuti concentrare su produzioni di nicchia». «Nel 2008 – ricorda  – quando fu lanciata la Panda ci fecero vedere i filmati dei Fratelli Abbagnale (campioni di canoa alle Olimpiadi ndr). Se c’erano riusciti loro, potevamo riuscirci noi». Però a Nola c’è chi non ce l’ha fatta.  «Noi – spiega Anna – saremo presenti oggi ai funerali di Giuseppe. Vogliamo fargli capire che siamo là anche nel suo ultimo viaggio. Noi non molleremo. Anche per lui».

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