Il numero uno di WhatsApp dice che tutti i politici alleati degli Usa sono entrati nel mirino di Pegasus nel 2019

La rivelazione di Will Cathcart, chief executive del servizio di messaggistica

24/07/2021 di Gianmichele Laino

WhatsApp aveva registrato un attacco contro 1.400 utenti, in un periodo di due settimane, nel 2019. Sorprendentemente, alcune persone prese di mira da quell’attacco risalente a due anni fa erano state inserite nella lista del Pegasus Project, diffusa in questa settimana dal consorzio non-profit di giornalisti (Forbidden Stores) con la collaborazione di Amnesty International. Il numero uno di WhatsApp, suo chief executive Will Cathcart, lo ha rivelato in un’intervista al quotidiano britannico The Guardian. È stato lui a vedere delle analogie tra quanto risulta dall’analisi del Pegasus Project su alleati Usa spiati e l’assalto informatico che è stato affrontato e sconfitto da WhatsApp nel 2019.

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Alleati Usa spiati con Pegasus secondo il numero uno di WhatsApp

L’azienda di messaggistica, a quanto pare, ha le prove che un server NSO ha tentato di installare malware sul dispositivo di un utente di WhatsApp. Un elemento che fa il paio con quanto rivelato dal team di lavoro del Pegasus Project: la lista di migliaia di persone – ritenuta esagerata da NSO – trova riscontro nel numero di 1400 persone intercettate in sole due settimane del 2019 denunciata da WhatsApp. Ma qual è il tratto in comune che collega tutte queste 1400 persone? Perché il server NSO, con il suo spyware di riferimento Pegasus, si è concentrato proprio su di loro.

Secondo Will Cathcart, si tratta di importanti alti funzionari di governi alleati con gli Stati Uniti, di giornalisti e attivisti. Esattamente le stesse categorie che sono risultate vittime principali secondo le indagini del Pegasus Project. WhatsApp, del resto, aveva avviato la sua causa contro NSO alla fine del 2019, sostenendo che la società israeliana era responsabile dell’invio di malware ai telefoni degli utenti di WhatsApp. La controversia si è concentrata sull’utilizzo degli strumenti da parte di attori terzi, con NSO che si è dichiarato – di fatto – estraneo a ogni tipo di eventuale impiego illecito di Pegasus.

Non si è fatta attendere la replica di NSO alle parole del numero uno di WhatsApp. Secondo l’azienda israeliana, WhatsApp dovrebbe concentrare le sue denunce soprattutto nei confronti di quelle persone che compiono atti di pedofilia, atti di terrorismo o di altre tipologie di reati, sfruttando l’anonimato dietro alla crittografia end-to-end. NSO afferma che WhatsApp dovrebbe fornire indicazioni di questo tipo alle forze dell’ordine. Insomma, una reazione piccata rispetto alle affermazioni sull’attacco di spyware risalente al 2019 che mostra concrete analogie con quanto mostrato dal Pegasus Project.

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