Un fenomeno particolarmente rilevante nell’ambito della contraffazione online è quello degli hidden links. Di che cosa parliamo? Si tratta di link inseriti nei post social che appaiono come leciti e propongono prodotti originali a prezzi stracciati. Di cosa si tratta? Orologi, scarpe, abbigliamento. Nel post si trova un codice da cliccare che permette di accedere a un catalogo di prodotti che sembrano originali ma che, in realtà, sono tutti contraffatti. Come riconoscerli? Innanzitutto dal prezzo.
Per capire qualcosa di più di questo fenomeno – che prende piede soprattutto sui social e che è diffuso da più di due anni – abbiamo chiamato in causa Juna Shehu, Direttore Generale di Indicam, realtà che si occupa di tutelare i diritti di proprietà industriale da ogni forma di contraffazione. Tra le altre cose, Indicam supporta anche le forze dell’ordine sul territorio fornendo loro le conoscenze sulle misure anti-contraffattive frutto di studi e ricerche.
LEGGI ANCHE >>> Come riconoscere la contraffazione quando si fa shopping online
Con Shehu siamo andati più in profondità rispetto al concetto di hidden link: «Questa espressione afferisce allo sfruttamento di link che veicolano prodotti contraffatti in vendita sui marketplace. Tale tipologia di link viene pubblicato all’interno dei post sulle piattaforme di social networks e il contenuto contraffattivo risulta visibile solamente su di un social media»
«Trattandosi di piattaforme largamente usate su base internazionale – prosegue il Direttore Generale di Indicam – il fenomeno risulta estremamente accessibile a chiunque possegga un account social personale. Il cosiddetto “hidden link” assume quindi il ruolo di ponte connettore tra il post violativo e un’offerta apparentemente neutrale all’interno di un marketplace». La grande accessibilità tramite social che tutti usiamo e di cui ci fidiamo, quindi, costituisce uno dei nodi più complicati da gestire.
Approfondendo, a livello tecnico «l’offerta non presenta alcun marchio né alcuna relazione con la categoria di prodotto degli articoli effettivamente venduti ma consente di finalizzare la vendita del prodotto contraffatto grazie a specifiche istruzioni fornite nel post originario sul social network», conclude Shehu.
Quanto sono diffusi gli hidden links? Secondo una recente ricerca promossa da Indicam e commissionata dalla società di Internet Brand Protection Convey, «il fenomeno degli hidden links risulta ampiamente diffuso». Facendo riferimento a una specifica categoria di prodotto – afferma il Direttore Generale – «gli esperti di Convey hanno identificato un totale di 50.000 URL presenti su 7 piattaforme di social network internazionali che promuovevano prodotti contraffatti». Questi link «possono raggiungere circa 400.000 potenziali acquirenti di tali prodotti».
Cosa possono fare gli utenti online e consumatori per riconoscere questi link truffa? Considerando che «potrebbe esserci il rischio di incorrere in un mercato illecito» – e che quindi deve essere interesse di tutti imparare a riconoscere questo tipo di situazioni – «da parte dei consumatori si consiglia una maggiore attenzione ad effettuare gli acquisti online, privilegiando i canali certificati e autentici, per cui la credibilità della fonte è un chiaro indicatore dell’acquisto che stiamo per effettuare».
«Da parte degli attori coinvolti e vittima del fenomeno c’è un lavoro di attenta analisi ed un continuo monitoraggio che deve essere effettuato per poter limitare i danni cui conduce questo mercato illecito – spiega la professionista -. Per contrastare un fenomeno di questa portata c’è bisogno di una cooperazione costante tra le piattaforme di e-commerce e i social media perché soltanto lavorando insieme e scambiandosi le informazioni necessarie si può effettivamente agire e procedere alla rimozione dei post che promuovono prodotti contraffatti».
Un passaggio necessario, secondo l’esperta, è che i social network si dotino di «specifici dipartimenti di brand protection in modo da agevolare la ricezione delle segnalazioni dei titolari dei diritti sui prodotti contraffatti e poter dunque intervenire prontamente alla loro rimozione».
Considerata l’entrata in vigore recente del Digital Services Act – normativa europea che regola il mercato dei servizi digitali -, è ancora presto per capire se questo avrà o meno un effetto a livello di regolamentazione di questioni come quella degli “hidden links”. «Non abbiamo ancora dati e statistiche per dirlo. Sicuramente il Digital Services Act rappresenta una svolta, un passo in avanti rispetto alle regolate enucleate nella vecchia Direttiva E-Commerce».
Del resto, ha proseguito il Direttore Generale – «non abbiamo davanti il testo perfetto, tanti sono ancora gli aspetti che necessiterebbero di una più ferma presa di posizione nei confronti delle piattaforme e degli intermediari della rete, garantendo al contempo maggiore sicurezza per brand owner e consumatori».
Un regolamento, quindi, che «rappresenta un buon testo di partenza ma presenta ancora diverse lacune, quindi sicuramente il legislatore comunitario le dovrà lavorare ed integrare i temi non affrontati in questa sede con altra normativa per recepire l’obbligo del KYBC (know your business customer) a tutti gli intermediari che operano nel “mercato digitale” e inserire inoltre l’obbligo di misure proattive in capo a tutti gli intermediari appena ricevuta la segnalazione del Titolare del Diritto e non rimandare l’operatività ad un ordine del giudice. Questi sono solo alcuni esempi, tra i più importanti, ma la strada è ancora lunga», ha concluso Juna Shehu.