Cosa vogliono fare i governi con lo SPID? Il percorso dell’identità digitale dai governi Conte e Draghi al governo Meloni

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Quali sono i motivi che hanno spinto i governi a cercare di eliminare o di cambiare lo SPID?

Lo scorso 17 dicembre il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica Alessio Butti ha parlato di «spegnere» lo SPID per sostituirlo con l’utilizzo della carta d’identità elettronica (CIE). Ne è nata una discussione che si è svolta anche sui social ma questa non è la prima volta che si parla di eliminare lo SPID e lo stesso Butti aveva già avanzato questa proposta in passato. Il Sistema Pubblico di Identità Digitale, lo SPID appunto, è una credenziale che «rappresenta l’identità digitale e personale di ogni cittadino» e permette di accedere a siti Web e alle applicazioni della pubblica amministrazione e non solo.



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Il governo Meloni è al lavoro per realizzare l’idea di Butti

Secondo quanto scritto da Butti in una lettera al Corriere della Sera del 19 dicembre, il governo starebbe lavorando all’idea di attuare una graduale eliminazione dello SPID a favore dell’utilizzo della CIE. Butti ha chiarito che il governo non vuole «eliminare l’identità digitale, ma averne solamente una, nazionale e gestita dallo Stato». Uno dei principali motivi per cui Butti propone di eliminare lo SPID è infatti che per ottenerlo le persone possono rivolgersi a nove gestori, alcuni dei quali privati, che si occupano di fornire questo servizio e sono detti quindi identity provider. Al contrario dello SPID, la carta d’identità elettronica è emessa dal Ministero dell’Interno e prodotta dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.



Anche Alessandro Cattaneo, il capogruppo di Forza Italia alla Camera, ha detto che il governo non vuole davvero eliminare lo SPID ma solo risolvere alcune criticità del sistema. Un’altra ragione per preferire la carta d’identità elettronica allo SPID secondo Cattaneo è che «ci sono alcune categorie, come gli anziani, che incontrano difficoltà nell’utilizzarlo».

Butti ha specificato nella lettera che il governo vuole lavorare sulla «migrazione a CIE» per rendere più semplice l’utilizzo di questo tipo di strumenti digitali, per aumentare la sicurezza «perché più credenziali e strumenti di accesso significano più rischi», per rendere più accessibili i servizi digitali e per risparmiare «perché SPID ha un costo per lo Stato». «La Carta d’Identità Elettronica è un’identità digitale equivalente e sotto diversi profili migliore rispetto allo SPID», ha scritto Butti.



La proposta di Butti di uno “Spid di Stato”, nel 2020

A febbraio 2020, quando era deputato di Fratelli d’Italia nel governo guidato da Giuseppe Conte, Butti aveva proposto di affidare la gestione dello SPID interamente allo Stato, con il Ministero dell’Interno come unico fornitore del servizio e quindi con l’obiettivo di sottrarre ai gestori privati la gestione dello SPID per affidarla solo alle aziende pubbliche come Poste Italiane, uno degli identity provider più utilizzati. La richiesta di Butti era indirizzata alla ministra per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale Paola Pisano.

All’inizio del 2020 Pisano aveva parlato di «password di Stato» in un intervento radiofonico e questa proposta aveva suscitato le proteste e le critiche di molti. La stessa ministra aveva poi chiarito che con quelle parole si stava riferendo in realtà allo SPID e che la sua proposta era quella di fare in modo che a fornire l’identità digitale fosse lo Stato proprio come avviene per la CIE: l’idea del governo di allora era quella di fornire un’unica identità digitale emessa contemporaneamente alla carta d’identità elettronica. Pisano non aveva intenzione di mettere in discussione il sistema dello SPID e quello degli identity provider ma voleva promuovere l’idea secondo cui l’identità digitale dovrebbe essere “garantita” e quindi gestita dallo Stato.

I governi Conte e Draghi, la grande crescita dello SPID

Nel corso degli ultimi anni, anche a causa della pandemia, sono aumentate le richieste delle identità digitali e l’utilizzo dello SPID. In molti hanno richiesto e ottenuto l’identità digitale tramite SPID per accedere ai bonus erogati dal governo durante la pandemia. L’aumento delle identità digitali erogate attraverso il sistema è stato poi inserito come obiettivo del Piano nazionale ripresa resilienza (PNRR). Vittorio Colao, ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale nel governo guidato da Mario Draghi, lo scorso maggio ha detto che il governo aveva «raggiunto in anticipo l’obiettivo annuale di diffusione dell’identità digitale previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pari al 38% della popolazione, e ci avviciniamo sempre di più all’obiettivo del 2023, il 46% della popolazione». A maggio 2022, 30 milioni di cittadini avevano accesso allo SPID e 10 milioni di identità digitali erano state rilasciate nel corso dei precedenti 12 mesi. L’allora ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta aveva commentato positivamente il raggiungimento di questo obiettivo e ha proposto a ottobre 2022 di assicurare un’identità digitale ai dipendenti pubblici ancora sprovvisti di SPID a titolo gratuito. Lo scorso novembre sono stati raggiunti gli obiettivi prefissati per il 2024, con il 63% degli italiani che ha ormai la propria identità digitale.