Giorgio Ambrosoli, le telefonate minatorie e Michele Sindona

Giorgio Ambrosoli, la storia – L’inchiesta milanese sull’omicidio di Giorgio Ambrosoli, basata su dcoumenti divenuti pubblici negli Stati Uniti dopo la sentenza del giudice Leo Glasser in favore dell’estradizione di Michele Sindona nel 1984, mostra come l’avvocato fu oggetto di telefonate e minacce nel tentativo di farlo desistere dal suo lavoro da curatore fallimentare della Banca Privata Italiana. Nello specifico si tratta di due telefonate cariche di minacce ricevute e registrate dall’avvocato Ambrosoli tra il 9 e l’11 gennaio 1979, sei mesi prima di essere assassinato.

Giorgio Ambrosoli

LA TELEFONATA DEL 9 GENNAIO 1979 ED IL COINVOLGIMENTO DI ANDREOTTI – Nella prima, del 9 gennaio, un interlocutore anonimo minaccia Giorgio Ambrosoli:

«Guardi, avvocato, che puntano il dito sopra di lei… come se lei non volesse collaborare, sia il grande capo…»

Ambrosoli risponde chiedendo «Chi è il grande capo?», ottenendo come risposta il coinvolgimento nella vicenda di Enrico Cuccia:

«Lei mi capisce. Sia il grande capo sia il piccolo, il signor Cuccia e compagni, danno la colpa a lei»

 

Ambrosoli non capisce e chiede chiarimento: «Ma puntano per che cosa, me lo spiega?». E la voce aggiunge:

«Si dice che lei non vuole collaborare ad aiutare quella persona, capisce? Il “grande”, lei ha capito chi è o no?»

 

Ambrosoli crede che il grande sia Sindona. invece no:

«No, è il signor Andreotti. Ha telefonato e ha detto che aveva sistemato tutto ma che la causa è sua…».

Andreotti che, intervistato nel 2010 da La Storia Siamo Noi, parlando di Giorgio Ambrosoli disse:

«Certo era una persona che in termini romaneschi se l’andava cercando»

 

LA TELEFONATA DELL’11 GENNAIO E L’AVVISO DELLA SUA MORTE – Tre giorni dopo arriva un’altra telefonata. La voce è quella di Giacomo Vitale, cognato del boss Stefano Bontate, che si dimostra irritato alla scoperta della telefonata registrata. La stessa verrà poi proposta da Enzo Biagi nel suo speciale su Sindona, con un’intervista all’ex banchiere detenuto negli Usa:

«Buon giorno, avvocato. L’ altro giorno ha voluto fare il furbo? Ha fatto registrare la telefonata? […] Non la salvo più perchè lei è degno solo di morire ammazzato come un cornuto. Lei è un cornuto e bastardo»

I DIETRO IL SALVATAGGIO DELLA BANCA DI SINDONA – Sei mesi dopo, l’11 luglio, Giorgio Ambrosoli morì, pagando probabilmente il parere negativo al piano di salvataggio proposto da Michele Sindona e sottoposto al Ministro dei Lavori Pubblici Gaetano Stammati, affiliato alla P2 come Sindona, dall’avvocato Guzzi grazie all’interessamento dell’allora capo del Governo Giulio Andreotti. Stammati lo presentò a Francesco Cingano di Comit ed all’allora governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi che lo giudicarono impraticabile. Andreotti poi davanti alla Commissione Sindona ammise di essersi interessato alla vicenda da Presidente del Conisiglio che cerca di salvare le aziende. La sua attività, ricorda l’ex Dc, rimase nel lecito come la richiesta rivolta a Stammati, considerato un tecnico.

 

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MICHELE SINDONA, NASCITA, APICE E CROLLO – Il declino di Michele Sindona coincise con l’arrivo nella sua banca di Giorgio Ambrosoli. Nato a Patti nel 1922 ed arrivato a Milano nel 1946, si specializza in pianificazione fiscale acquisendo le conoscenze nell’esportazione dei capitali e nel funzionamento dei paradisi fiscali.Negli anni Sessanta, Sindona importa a Piazza Affari gli strumenti di Wall Street: offerte pubbliche di acquisto (OPA), conglomerate, private equity ed acquisisce nel 1961 òa Banca Privata Italiana, seguita nel 1972 dalla Franklin National Bank di Long Island. L’istituto americano venne dichiarato insolvente nel 1974. Nello stesso anno Giorgio Ambrosoli venne nominato commissario liquidatore della Banca Privata Italiana.

I LEGAMI CON LA DC E LA MAFIA – Nel corso delle indagini emerse che Sindona attraverso una serie di libretti al portatore trasferì 2 miliardi di lire nelle casse della Dc Democrazia Cristiana mentre diversi milioni di lire transitarono attraverso la CIA, la Franklin Bank e il SID per finanziare, secondo la commissione d’inchiesta del Senato degli Stati Uniti, la campagna elettorale di 21 politici italiani. Giorgio Ambrosoli nel suo operato analizzò le operazioni di Sindona ricevendo minacce e tentativi di corruzione. Non solo, in quegli anni emerse che il banchiere incanalava nelle sue società finanziarie gli investimenti del mafioso americano John Gambino. Attraverso questi due i boss Stefano Bontate, Salvatore Inzerillo e Rosario Spatola investivano il loro denaro sporco in società finanziarie e immobiliari estere.

«AMBROSOLI? UN INCOMPETENTE» – Michele Sindona venne intervistato a proposito dell’omicidio Ambrosoli da Enzo Biagi in carcere negli Stati Uniti, dove venne condannato nel 1980 a 25 anni di carcere per 65 capi d’imputazione tra cui frode, spergiuro, false dichiarazioni bancarie ed appropriazione indebita di fondi bancari. Ed al giornalista Sindona disse di non aver ordinato lui l’omicidio di Giorgio Ambrosoli che comunque era un incompetente:

“io le dissi già che non solo non c’entro ma che Ambrosoli era un incompetente. Mi spiace che è morto ma io non sono un ipocrita, di quelli che quando la gente muore diventa un santo. Ambrosoli ha sbagliato, non era completamente competente ma da questo ad episodi di violenza passa tanta strada ed io da questa strada non ci passo, non ci sono passato e non passo mai”.

Del resto era sicuro che le conclusioni di Ambrosoli non avrebbero avuto effetto, nonostante fossero state consegnate al momento della sua morte:

“volevo far presente che quando Ambrosoli è stato ucciso aveva consegnato tutti i documenti. Non era pericoloso per me. Non solo, con i miei avvocati aspettavamo con ansia Ambrosoli perché siccome aveva detto delle questioni così stupide, così tecnicamente sballate per cui noi l’avremmo distrutto”

E parlando di William Joseph Aricò, l’uomo arrivato dagli Usa per uccidere Ambrosoli e che morì in carcere nel 1984 durante un tentativo di evasione dal Metropolitan Correctional Center di Manhattan insieme con Miguel Sepulveda, un trafficante colombiano di cocaina, Sindona disse:

«deve dimostrare dove e quando mi ha conosciuto»

LA CONDANNA E LA MORTE DI SINDONA – Eppure negli atti che hanno fatto decidere al giudice Leo Glasser di concedere l’ estradizione di Michele Sindona in Italia emerge chiaramente come Sindona avesse commissionato ad Aricò l’omicidio di Ambrosoli. La testimonianza decisiva è di Harry Hill, un trafficante di droga compagno di Aricò in cella che gli riferì di essere stato ingaggiato da Michele Sindona, al quale era stato presentato da Robert Venetucci, altro suo compagno di cella, per alcuni lavoretti in Italia, ovvero omicidi su commissione tra cui quello di Sindona, confessato da Aricò a Hill nel 1979 e confermato dallo stesso in un interrogatorio negli Usa il 16 luglio 1982. Michele Sindona morì avvelenato nel carcere di Voghera il 22 marzo 1986, due giorni dopo essere stato condannato all’ergastolo per la morte di Ambrosoli.

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