La confusione che si fa sui media tra Generazione X e Generazione Z

Categorie: Attualità, Mass Media

Lo spunto è partito da un articolo di Repubblica che ha fatto confusione tra le due

Non può non essere un tema delle elezioni politiche del 2022, quello del voto dei giovani che per la prima volta si recheranno alle urne per la scelta dei parlamentari e, quindi, per cercare di dare una maggioranza al Paese. L’ultima volta, il voto per questo scopo si è celebrato nel 2018. Di conseguenza, tutti i nati dal 2001 in poi non hanno ancora avuto la possibilità di vivere una tornata elettorale per dare una definizione alla Camera e al Senato. Per questo una delle circostanze che sono maggiormente una incognita in questo momento è rappresentata dall’orientamento della cosiddetta Generazione Z. Che, ormai, avremmo dovuto imparare a conoscere, dal momento che condividiamo con loro gli strumenti di comunicazione e – parlando a livello di stampa – cerchiamo di intercettarne le tendenze. Invece, capita spesso che proprio quei mass media che stanno provando a raccontarla confondano le acque. Uno spunto? L’articolo di Repubblica che, volendo proporre un’analisi sugli orientamenti di voto dei ventenni, titola – sia in prima pagina, sia all’interno del giornale, sia ancora sul sito – a proposito della Generazione X. Ovvero, in soldoni, i genitori dei ragazzi che sono stati intervistati.



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Confusione Generazione X e Generazione Z: l’errore della stampa

A metterlo in evidenza, su Twitter, è stata Alice Avallone, sociologa ed etnologa digitale:



L’intento dell’articolo è sicuramente nobile: cercare di dare voce alla generazione dei ventenni, ai suoi temi, a quello che davvero interessa loro, al di là delle beghe di partito, è una missione che dovrebbe essere scandagliata dalle forze in campo in questa campagna elettorale. Ci rendiamo conto che l’1,1% dell’elettorato rappresentato dai neo-maggiorenni (qualcosa in più se si contano coloro che hanno tra i 19 e i 22 anni) non sia identificabile in una fetta decisiva per i partiti. Ma è da qui che parte la cultura alla cittadinanza responsabile e consapevole: insomma, è un malcostume italiano quello di occuparsi, nei programmi elettorali (quando ci sono) troppo delle pensioni e poco delle ambizioni e delle aspirazioni delle giovani generazioni.

Ma per fare un racconto completo della stessa generazione di cui stiamo parlando, occorre che i media utilizzino i codici corretti. Quanto può essere appetibile per un ipotetico lettore della Generazione Z un articolo che parla di lui e che lo identifica come appartenente alla Generazione X? Secondo la visione dello scrittore canadese Douglas Coupland che per primo coniò il termine, la Generazione X è quella dei nati tra il 1965 e il 1979. I riferimenti cronologici hanno avuto delle oscillazioni nella divulgazione del dibattito generazionale, ma fondamentalmente restano solidi. Come nasce, allora, l’errore su uno dei principali quotidiani italiani (uno dei pochi, tra l’altro, a porsi il problema)?

Nel testo non si parla mai di questa etichetta, si propongono esclusivamente le interviste ai giovani d’età compresa tra i 18 e i 22 anni. C’è chi non vuole rinunciare a votare, chi ha apprezzato la “coerenza” di Giorgia Meloni e ha visto nell’ultimo governo un gruppo di politici litigiosi, chi dice – ancora – di non avere sufficienti conoscenze in politica, anche per colpa di una istruzione che non la prende in considerazione. Il titolo, invece, viene apposto dall’esterno. Difficile pensare a una semplice confusione tra la X e tra la Z. Molto più semplice immaginare che, a volte, sarebbe necessario nelle redazioni una contaminazione di esperienze e di competenze: un titolo sbagliato sulla Generazione Z dimostra esattamente quanta distanza c’è tra chi realizza materialmente i giornali e quelli a cui si ha l’ambizione di farli leggere.

N.B. L’articolo contiene le opinioni personali dell’estensore