Matteo Salvini e gli auguri di morte da parte di Gemitaiz

Così, l’arma del populismo si ritorse contro il populista per eccellenza. Matteo Salvini scopre quanto sia brutto ricevere auguri di morte sui social network. La prassi, sdoganata da utenti – veri o fake, in carne e ossa o bot – che hanno riempito le bacheche di personaggi pubblici e politici negli ultimi cinque anni, viene utilizzata anche dal rapper Gemitaiz, uno degli idoli delle nuove generazioni. Che non esita ad augurarsi il peggio per il ministro dell’Interno, arrivando persino ad augurargli – appunto – la morte.

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Matteo Salvini e Gemitaiz, lo scontro via social network

In una Instagram Story, Gemitaiz scrive: «Salvini ti auguro il peggio. Se muori facciamo una festa», con tanto di autoscatto e mantello della morte accompagnato dalle icone di quelle che sembrano due modelle di Playboy. Un’uscita di pessimo gusto, da parte di un artista che ha utilizzato sempre l’arma della provocazione, ma che in questo frangente si è spinto decisamente oltre.

La pubblicazione sui social network di questa frase di Gemitaiz non è passata inosservata. Matteo Salvini, infatti, l’ha subito notata e ha subito contro-replicato suoi suoi canali Facebook e Twitter: «”Salvini ti auguro il peggio, SE MUORI facciamo una festa”. Parola del rapper Gemitaiz, ma chi è ‘sto fenomeno? Che problemi ha, secondo voi???».

Gli auguri di morte di Gemitaiz a Salvini dimostrano che abbiamo un grosso problema

Ora, è opportuna una riflessione. Che ci sia un problema con l’utilizzo della rete e con la diffusione di haters di qualsiasi convinzione o ideologia sembra essere piuttosto pacifico. Tuttavia, l’esasperazione del linguaggio politico e la liceità di qualsiasi espressione utilizzata anche da rappresentanti delle istituzioni o aspiranti tali ha portato schiere di persone – famose, certo, ma anche e soprattutto gente comune – a calcare la mano sui propri post scritti sui social network.

Deviazioni del populismo? Indubbiamente. Matteo Salvini – al quale non si può non esprimere solidarietà per una frase così inopportuna e di pessimo gusto – scopre quello che tanti esponenti politici, che solo qualche mese fa si trovavano dall’altra parte dei banchi di governo, avevano sperimentato sulla loro pelle. Potremmo citare a memoria l’odio ingiustificato nei confronti di Laura Boldrini – che lo stesso leader leghista aveva contribuito, mettiamo anche involontariamente, ad alimentare – o verso altri esponenti del Partito Democratico o, più in generale, di quello che veniva definito l’establishment. In ordine di tempo, potremmo citare anche gli auguri di morte al presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano (quando ha subito un delicato intervento al cuore) oppure al presidente in carica Sergio Mattarella, con l’aggravante del paragone con la vicenda del fratello Piersanti.

La sensazione è che ormai i buoi siano scappati. E che sarà sempre più difficile rimettere la chiesa al centro del villaggio.

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