La campionessa paralimpica Monica Boggioni denuncia il furto di identità social e mette in guardia i giovani
Quanto accaduto a Monica Boggioni sottolinea, ancora una volta, la fondamentale importanza di intervenire su più fronti per contrastare il furto di identità social
20/01/2022 di Ilaria Roncone

Monica Boggioni ha vinto tre bronzi alle Paralimpiadi di Tokyo diventando, come sempre accade in questi casi, molto più celebre di prima. A questa celebrità e seguita non solo una salita dei follower e delle persone interessate in rete ma anche un furto di identità social. Si tratta di un fenomeno che non è di certo nuovo: da che esistono i social ci sono persone che si appropriano delle fotografie altrui e interagiscono come se fossero individui più o meno famosi. Il caso dell’atleta ha visto le sue fotografie finire prima su un profilo Facebook il cui autore si fingeva lei e poi su alcuni siti di dating. La conseguenza è stata che, lo scorso weekend, Monica Boggioni si è vista contattare da due ragazzi che le chiedevano di conoscersi senza che lei avesse mai creato profili su piattaforme per appuntamenti.
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La storia del furto di identità social di Monica Boggioni
La storia della nuotatrice di Pavia è stata raccontata prima da alcune realtà locali (Il Giorno e La Provincia pavese) per poi finire sulle realtà nazionali. Boggioni ha denunciato il fatto, sul quale ora stanno indagando i carabinieri di Pavia, raccontando la sua perplessità al Corriere della Sera a partire dal furto di identità su Facebook: «Mi hanno fatto notare che qualcuno aveva preso alcune mie foto e aperto una pagina. Non si trattava di fan o sostenitori: questa persona si spacciava per la sottoscritta».
Passa qualche ora da questo fatto e la giovane donna riceve due messaggi da due diversi ragazzi che vorrebbero conoscerla dicendo di aver visto il suo profilo su app di incontri: «Mi sono subito allarmata: non conoscevo nemmeno il nome di queste piattaforme e app. Ho pensato di aver cliccato per sbaglio su un link spam, ma non ne ho alcuna idea». Il caso è stato riportato alle autorità che, attualmente, indagano per risalire alla persone che si spaccia per l’atleta.
L’invito a una maggiore attenzione ai giovani
Boggioni ha raccontato quello che le è accaduto anche al Messaggero, che sull’edizione cartacea di oggi pubblica una riflessione dell’atleta: «L’età in cui ragazzi si avvicinano ai social è sempre più bassa e in quella fase della vita non hai necessariamente l’accortezza di pensare ad alcune cose. Pubblichi un selfie e dici “ok, è una foto”. Ma quante persone possono vederla? Dove va a finire? Bisogna essere consapevoli che quella foto diventa di dominio pubblico», dice la giovane.
«Che non significa che ognuno può farne ciò che vuole – prosegue – ma che bisogna stare attenti e sapere che si può finire in situazioni del genere».
Quella di Monica Boggioni è, purtroppo, una storia come tante con la differenza che quando accade a un personaggio pubblico c’è grande risonanza. Per quanto fatta in buona fede e per diretta esperienza, probabilmente non esiste nessuna raccomandazione che possa evitare che giovani e meno giovani pubblichino contenuti sui social. Tutti hanno il diritto di fare ciò che vogliono della propria immagine e la direzione in cui andare è una sola: trovare metodi sempre più rapidi e efficaci per identificare chi compie atti del genere e assicurarsi che la punizione sia esemplare oltre, ovviamente, a educare i bambini e i giovani di oggi a proteggere se stessi e a capire la gravità di un atto del genere.
(Immagine copertina: IPP/zumapress Tokyo 26-08-2021)