La storia di Studio Aperto che fa vedere le vaccinazioni da sopra i vestiti

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Ovviamente, si tratta di immagini dimostrative a uso e consumo della stampa

C’è una cosa che bisognerebbe spiegare ai complottisti: ovvero che, nel corso dei servizi televisivi, esistono le cosiddette immagini di repertorio o le coperture dimostrative, realizzate per evitare – in mancanza di girato – di utilizzare sempre gli stessi a corredo dello speech del giornalista che realizza il servizio. Per questo non si può parlare di false vaccinazioni a Studio Aperto, come invece è stato fatto soprattutto sui social network, a partire da alcuni account che hanno insinuato il dubbio partendo da una sequenza di immagini del servizio del telegiornale di Italia1.



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False vaccinazioni a Studio Aperto, l’equivoco

Il fotogramma del servizio di Studio Aperto messo sotto esame è quello in cui si vede una operatrice sanitaria che sta appoggiando la sua siringa sul braccio di una paziente, coperto tuttavia dai suoi indumenti. Sarebbe, per alcuni, la prova che l’Italia viva in un universo parallelo, in cui tutte le immagini delle vaccinazioni sono state in realtà montate ad arte e create in studio (vi ricordate la storia del video dello sbarco sulla Luna? Ecco, qualcosa di simile) per far credere alle persone che esiste un modo per sconfiggere il coronavirus. Ammesso che – è questa l’idea dei complottisti – il coronavirus sia mai esistito.



Chiariamo subito: il coronavirus esiste ed è una minaccia ancora troppo importante per poter essere sottovalutata. E, seconda cosa, la campagna di vaccinazione sta andando avanti: non è vero che vengono messe in scena delle false somministrazioni. Come ha spiegato David Puente per Open, infatti, le immagini di Studio Aperto fanno riferimento a girati dell’agenzia video AlaNews a Codogno (le agenzie video trasmettono i loro lavori ai telegiornali che, quindi, possono decidere di impiegare anche queste immagini, oltre a quelle prodotte dai propri operatori di ripresa e videomaker). Tra queste immagini, c’era anche quella – totalmente dimostrativa – della dottoressa che appoggia l’ago sul braccio coperto di una paziente.

In passato, una situazione del genere sarebbe passata inosservata. Ora, con i social network pronti a riprendere ogni minima anomalia (è il modello scova la gaffe: vi ricordate i “fornelli spenti” di Gianni Ippoliti?), c’è il rischio che una banale operazione di copertura immagini possa dare vita a vere e proprie teorie del complotto.