Perché l’Emilia Romagna è comunque cambiata: i dati provincia per provincia

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Il Carroccio perde, ma rimane forte in molte province emiliane, mentre dalla Calabria arrivano dati non rassicuranti per Matteo Salvini

La spallata non c’è stata, ma l’impressione è che comunque in Emilia Romagna qualcosa sia cambiato ormai definitivamente. Perché, se a una prima impressione la vittoria di Bonaccini sembrerebbe netta e senza ombre, analizzando meglio i dati si scopre una Regione ben più variegata da come viene spesso pensata e descritta dai media. Certo il vantaggio del Governatore è solido e la diga del Centrosinistra ha retto all’urto leghista e agli ultimi colpi di teatro salviniani, ma la realtà è meno delineata di quanto appare.



Il Centrosinistra e le liste pro-Bonaccini vincono staccando gli avversari a Bologna, Reggio Emilia, Modena, Ravenna, Forlì e Cesena, ma l’ex Regione rossa è tornata a dare fiducia, in molte province, alla Lega salviniana.



Scorrendo il grafico sopra però si scopre che esistono delle province in cui la Lega e il centrodestra sono ormai solidamente le forze di maggioranza, talvolta con percentuali davvero inaspettate. E’ ad esempio il caso di Piacenza: qui il centrodestra è avanti di ben quindici punti percentuali su Bonaccini. Una percentuale che rispecchia la media di Ferrara: anche qui la destra è quindici punti sopra il Centrosinistra. Altre vittorie, di misura, per la destra si registrano a Parma e Rimini. In tutti questi casi, evaporata completamente Forza Italia (in Regione ha incassato appena il 2.5%) la Lega è ormai il partito più forte del Centrodestra, seguito da Fratelli D’Italia. Due forze sovraniste che danno l’idea della torsione che in questi anni ha subito la politica italiana.

Le percentuali della Lega Nord rimangono ampissime in provincia di Piacenza (44%), Ferrara (41.9%), ma anche a Parma (36.5%) e Rimini (34.5%): il Carroccio rimane, in queste terra, sempre qualche punto percentuale sopra il PD. Il Partito Democratico tiene bene a Bologna (39.3%) e Reggio Emilia (39.4%), mentre appare in difficoltà nel piacentino e nel ferrarese. Complessivamente la Lega perde appena 1.7% di punti percentuali rispetto alle Europee del 2019, mentre sale enormemente rispetto alle Regionali del 2014. L’impressione è che la sconfitta del Centrodestra sia più causata dal crollo di Forza Italia che dalla debacle leghista che, di fatto, non c’è stata.



La crisi senza fine dei Cinquestelle e i segnali che vengono dalla Calabria

Quel che è certo è che, dati alla mano, la crisi del Movimento Cinquestelle appare senza fine. Il partito sembra essere sprofondato in un trend negativo dal quale sarà probabilmente non facile risalire.

I pentastellati passano dal 27% ottenuto nelle politiche del 2018, che li aveva proiettati come primo partito politico della Regione al 4.7% attuale. Sono elezioni diverse, ma è impossibile, visualizzando il grafico sopra, non osservare che anche nelle Regionali del 2013 il Movimento riuscì ad arrivare al 13.3% dei voti. Il paradosso è quello di un partito che al giorno d’oggi appare in caduta libera (in Emilia Romagna passa ad essere dalla prima alla quarta forza nella Regione), ma che può vantare ancora su una solida maggioranza parlamentare.

Il dato di flessione per quanto riguarda la Lega sembra invece provenire da Sud, dalla Calabria più che dall’Emilia Romagna. Nonostante la svolta nazionalista salviniana, il Carroccio non riesce ancora a incidere in molte regioni del meridione, ma è impossibile non notare, nella Regione dove il centrodestra ha stravinto con quindici punti percentuali di vantaggio sul centrosinistra, il valore della Lega.

Il Carroccio è in Calabria al 12.3% di misura dietro Forza Italia, tallonato da Fratelli d’Italia e in calo rispetto alle Europee del 2019 quando prese nella Regione il 22.6%. Deludente, anche qui, il risultato dell’M5S, che tuttavia avanza leggermente rispetto alle scorse elezioni europee. Paradossalmente i problemi per Matteo Salvini sono più visibili nel trionfo calabrese, che nella sconfitta emiliana.