Diffamazione a mezzo stampa: pena detentiva solo per condotte gravi

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Lo ha confermato la Cassazione con la sentenza numero 30572/2022, depositata il 2 agosto

La sezione feriale penale della Cassazione, con la sentenza numero 30572/2022, depositata il 2 agosto, ha giudicato inammissibile la condanna a tre mesi di reclusione nei confronti di una donna di cinquantasei anni, accusata di aver diffuso scritte offensive, attraverso cartoncini, un foglio e un lenzuolo, ai danni di un uomo di origini straniere. I giudici avevano escluso l’aggravante dell’odio razziale. E, dato che la detenzione per il reato di diffamazione a mezzo stampa è ammessa solo in presenza di condotte estremamente gravi, la Suprema corte ha messo in evidenza l’illegalità della pena. A riportarlo è il Sole24Ore.



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Diffamazione a mezzo stampa: pena detentiva solo per condotte gravi

Per il suo giudizio, la Corte di Cassazione ha fatto riferimento a una sentenza (la 150/2021) della Corte Costituzionale che stabilisce che «l’applicazione della pena detentiva per diffamazione a mezzo stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità è consentita solo in presenza di eccezionale gravità del fatto, dal punto di vista soggettivo e oggettivo». Il giudice penale può procedere all’irrogazione della pena pecuniaria (non inferiore a 516 euro) o detentiva (da sei mesi a tre anni) solo dopo un’attenta analisi del comportamento dell’imputato. Si può ricorrere alla pena detentiva soltanto quando l’imputato abbia consapevolmente diffuso informazioni false, messaggi d’odio, disinformazione con l’obiettivo di ledere la reputazione della vittima. Nel caso della donna bergamasca, il giudice di merito non aveva ordinato nessun tipo di valutazione e, inoltre, aveva escluso già dal primo grado l’aggravante dell’odio razziale. La Cassazione ha, quindi, annullato la sentenza senza rinvio.