Da «Mai col Pd» a «mai più col Pd». Come si cambia, presto. Repentinamente. Lo schiaffone preso in Umbria dall’alleanza civica tra Movimento 5 Stelle e Partito Democratico segna un punto di svolta nella giovane esistenza del governo giallorosso. Il Pd prosegue sulla strada del patto a prescindere (anche a livello nazionale), a la botta ricevuta – in termini di (non) consensi – dai pentastellati porta a riflessioni ben diverse. Non si tratta di un addio all’esperienza del Conte-2, ma una presa di coscienza di cosa si era e cosa si è diventati. E Luigi Di Maio ne parla in termini quasi genetici.
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«Il governo non c’entra, però dobbiamo dirci che il Movimento sia che stia al governo con la Lega o col Pd non ne trae giovamento: il Pd ci fa male come la Lega – ha detto Luigi Di Maio ai microfoni di SkyTg24 -. Al governo ci stiamo perché non abbiamo raggiunto il 51% dei risultati e continueremo ad andare avanti così». Si sta al governo, insieme, per pura convenienza, non perché nel dna pentastellato ci sia l’esigenza di condividere il potere con qualcuno.
Nel corso della stessa intervista a SkyTg24, Luigi Di Maio ha confermato l’impegno del Movimento 5 Stelle a portare avanti questo matrimonio con il Partito Democratico fino alla fine del mandato. Per i prossimi tre anni. Ma le parole amare dopo la netta e sanguinosa sconfitta umbra mostrano insofferenza nei confronti dei vecchi rivali diventati alleati contro un ‘nemico’ politico che, in questo momento, sembra essere imbattibile.
E se Luigi Di Maio esclude un ritorno di fiamma con Matteo Salvini, lo stesso capo politico del Movimento 5 Stelle sottolinea come l’esperienza in Umbria sia stato il primo e ultimi esperimento (a livello locale) di una candidatura congiunta insieme ad altre forze politiche. Ma diceva così anche quando parlava del Pd come del Partito di Bibbiano e ribadiva: «Mai col Pd».
(foto di copertina: ANSA/ALESSANDRO DI MEO)