Alessandro Di Battista interviene a gamba tesa su Facebook per parlare di mini-bot, per prendersela con il ministro dell’Economia Giovanni Tria che non reputa fattibile questa soluzione di finanza creativa e per dare la sua ricetta economica a un Paese che dovrebbe trovare in poco tempo oltre 50 miliardi di euro per evitare la procedura d’infrazione per troppo debito.
Secondo Di Battista, che lo ha scritto in un post, i mini-bot sono un’idea intelligente. L’asse M5S-Lega passa anche attraverso l’apprezzamento da parte del pasionario pentastellato all’idea dell’economista del Carroccio Claudio Borghi che vorrebbe lanciare queste passività dello Stato di piccolo o piccolissimo taglio (10, 50 o 100 euro) emesse senza tasso di interesse e senza scadenza. Una sorta di moneta parallela.
Secondo Alessandro Di Battista, questa è la soluzione migliore, a meno che il ministro Tria non ne trovi una alternativa: «A proposito di Tria – ha scritto -, ma esattamente a chi risponde il Ministro quando dice: “Non tratteremo il tema dei Mini-Bot a livello di governo”. Me lo sto domandando. Non risponde certo ai suoi elettori dato che Tria non ha mai preso un voto. Non risponde neppure al Parlamento e dovrebbe farlo dato che, fino a prova contraria, viviamo in una Repubblica parlamentare».
Anzi. Secondo l’esponente del M5S, i mini-bot fanno parte del contratto di governo: «Ma Tria l’ha letto il contratto di governo quando ha accettato di fare il Ministro dell’economia? A pag. 21 del contratto, proprio rispetto ai debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese si parla di utilizzare “strumenti quali titoli di stato di piccolo taglio”, ovvero i Minibot».
Poi, Di Battista si lancia in alcune proposte che, afferma, potrebbero permettere all’Italia di guadagnare diversi miliardi: dalla revoca alle concessioni ad Autostrade spa, fino ad arrivare al ritiro del contingente italiano in Afghanistan, passando per l’ICI della Chiesa e per il taglio dei parlamentari e dei loro stipendi, oltre all’evergreen del taglio dei finanziamenti pubblici all’editoria (che è già stato applicato in passato).
Sono misure che nel breve periodo non avrebbero alcun impatto rilevante sui conti pubblici. Stiamo parlando al massimo di sette-otto miliardi di euro in un anno, mentre all’Italia ne servirebbero più di 50. Ma le proposte sono così populiste che suonano come musica dolce per i followers di Di Battista. Del resto, si tratta dei temi storici con cui il Movimento 5 Stelle è arrivato al governo o (come nel caso delle concessioni ad Autostrade) ha fatto leva sui sentimenti dei cittadini, una volta entrato a Palazzo Chigi. Ma la concretezza di queste soluzioni non è nemmeno lontanamente valutabile in una situazione di grave difficoltà economica per il nostro Paese, con l’Unione Europea pronta a chiedere il conto.
FOTO: ANSA/ANGELO CARCONI