Approvato dal Consiglio dei Ministri dopo mesi in cui in Parlamento erano state depositate diverse proposte. Ora manca solamente l’ultimo passaggio, quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Dopodiché quello che nella sintesi meramente giornalistica è stato definito come “decreto influencer” (anche noi, dopo una breve spiegazione, utilizzeremo questa dicitura proprio per non ripetere concetti più estesi e complicati) diventerà effettivo anche in Italia. Un ultimo passaggio per normare, seguendo quanto indicato dalla direttiva Europea 2019/2161, la pubblicità occulta ai tempi del digitale. Perché si tratta di modifiche al Codice del consumo che, ovviamente, al giorno d’oggi necessitava di un aggiornamento in linea con le piattaforme sociale. il mondo sempre più connesso.
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Proviamo a sintetizzare i principi alla base del cosiddetto “decreto influencer” che diventerà effettivo a partire da 90 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Si parla di creator social perché una parte del provvedimento va a definire – in chiave digitale – i rinnovati paletti del concetto di “pubblicità occulta” o nascosta fatta sulle pagine (delle varie piattaforme) e, soprattutto, particolare attenzione (con sanzioni maggiori) se questo tipo di marketing sia riferito a minori. E i princìpi di questa norma vanno a colpire non solo l’influencer, ma anche le aziende che gestiscono le piattaforme. Il resto dell’ampio provvedimento, invece, recepisce la direttiva UE che si occupa in linea generale della tutela dei consumatori online, anche per quel che riguarda le false recensioni sul web.
Fatta questa sintetica premessa, andiamo ad analizzare da dove nascono i principi normativi su cui si è basato il cosiddetto “decreto influencer” approvato in Consiglio dei Ministri lo scorso 23 febbraio. Si fa riferimento, infatti, alla direttiva UE 2019/2161 (cosiddetto “direttiva Omnibus”), approvata dal Parlamento e del Consiglio Europeo il 18 dicembre del 2019. Nello specifico, il testo approvato da Bruxelles interviene apportando modifiche a 4 direttive già in essere (e già recepite dagli Stati membri nel corso degli anni) a tutela dei consumatori, aggiornando il tutto alle dinamiche – ormai note – della rete. Iniziamo dal primo cambiamento che ha riguardato la direttiva 93/13/CEE, il regolamento concernente le “clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori”.
All’interno del testo originale della direttiva 93/13/CEE, è stato inserito l’articolo 8-ter (suddiviso in 6 commi) che si occupa, nello specifico delle sanzioni in caso di violazione. Nello specifico, ecco l’intero impianto di quella modifica/aggiornamento:
Dunque, con queste modifiche, l’Europa ha inteso legiferare (ampliando i confini) sulle clausole abusive nei contratti stipulati (nei casi di abbonamento, anche digitale, e non solo) tra le aziende (quindi anche le Big Tech) e il consumatore/abbonato, definendo come queste sanzioni debbano essere effettive, dissuasive e in grado di seguire i criteri di proporzionalità.
La direttiva Omnibus del 2019 interviene, modificandola, anche sulla 98/6/CE, quella relativa alla “protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori”. Dunque, si parla di trasparenza nei prezzi (relativamente a sconti, saldi e offerte) e negli annunci in cui si fa riferimento a ciò. E nel dicembre del 2019 sono stati modificati due articoli di questo regolamento (già recepito dagli Stati membri).
Articolo 6 bis
- Ogni annuncio di riduzione di un prezzo deve indicare il prezzo precedente applicato dal professionista per un determinato periodo di tempo prima dell’applicazione di tale riduzione.
- Per prezzo precedente si intende il prezzo più basso applicato dal professionista durante un periodo di tempo non inferiore a 30 giorni prima dell’applicazione della riduzione del prezzo.
- Gli Stati membri possono stabilire norme diverse per i beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente.
- Se il prodotto è sul mercato da meno di trenta giorni, gli Stati membri possono anche stabilire un periodo di tempo inferiore a quello di cui al paragrafo 2.
- Gli Stati membri possono stabilire che, nei casi in cui la riduzione del prezzo sia progressivamente aumentata, il prezzo precedente sia il prezzo senza la riduzione anteriore alla prima applicazione della riduzione del prezzo.
l’articolo 8 è sostituito dal seguente: Articolo 8
- Gli Stati membri determinano le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla presente direttiva e prendono le misure necessarie per garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
Inoltre, vengono definiti i criteri di sanzione che sono gli stessi già inseriti all’interno dell’articolo 8-ter (comma 3) della direttiva 93/13/CEE.
I cambiamenti ancor più importanti e tangibili (e che sono parte del fulcro del cosiddetto “decreto influencer” approvato dal Consiglio dei Ministri italiano) riguardano la direttiva 2005/29/CE, quella relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno. Con questo pacchetto di aggiornamento, si entra a gamba tesa sul mercato online, con precisi riferimenti al cambio di dinamiche attraverso il web del commercio. Innanzitutto, come detto, si parla di “digitale” e online, poi si entra nello specifico con l’inserimento di nuovi paletti all’interno dell’articolo 7, quello sulle “omissioni ingannevoli”. E il comma 4-bis recita:
«Nel caso in cui sia fornita ai consumatori la possibilità di cercare prodotti offerti da professionisti diversi o da consumatori sulla base di una ricerca sotto forma di parola chiave, frase o altri dati, indipendentemente dal luogo in cui le operazioni siano poi effettivamente concluse, sono considerate rilevanti le informazioni generali, rese disponibili in un’apposita sezione dell’interfaccia online che sia direttamente e facilmente accessibile dalla pagina in cui sono presentati i risultati della ricerca, in merito ai parametri principali che determinano la classificazione dei prodotti presentati al consumatore come risultato della sua ricerca e all’importanza relativa di tali parametri rispetto ad altri parametri. Il presente paragrafo non si applica ai fornitori di motori di ricerca online definiti ai sensi dell’articolo 2, punto 6, del regolamento (UE) 2019/1150 del Parlamento europeo e del Consiglio».
Inserito anche il comma 6 all’articolo 7 della direttiva UE 2005/9/CE:
«Se un professionista fornisce l’accesso alle recensioni dei consumatori sui prodotti, sono considerate rilevanti le informazioni che indicano se e in che modo il professionista garantisce che le recensioni pubblicate provengano da consumatori che hanno effettivamente acquistato o utilizzato il prodotto».
Per quel che riguarda l’impianto sanzionatorio, il riferimento è sempre al nuovo comma 3 dell’articolo 8-ter della normativa 93/13/CEE.
Infine, l’ultima modifica apportata attraverso l’applicazione della direttiva Omnibus (recepita dall’Italia attraverso il cosiddetto “decreto influencer”) è andata a toccare la direttiva 2011/83/UE, quella sui diritti dei consumatori e si rivolge
«a qualsiasi contratto concluso tra un professionista e un consumatore di cui quest’ultimo paga o si impegna a pagare il prezzo. Si applica ai contratti per la fornitura di acqua, gas, elettricità o teleriscaldamento, anche da parte di prestatori pubblici, nella misura in cui detti prodotti di base sono forniti su base contrattuale».
E si entra nel campo dei cambiamenti, spostando l’attenzione su quel che accade online con la modifica dell’articolo 3 del suddetto impianto normativo con il comma 1-bis:
«La presente direttiva si applica anche se il professionista fornisce o si impegna a fornire un contenuto digitale mediante un supporto non materiale o un servizio digitale al consumatore e il consumatore fornisce o si impegna a fornire dati personali al professionista, tranne i casi in cui i dati personali forniti dal consumatore siano trattati dal professionista esclusivamente ai fini della fornitura del contenuto digitale su supporto non materiale o del servizio digitale a norma della presente direttiva o per consentire l’assolvimento degli obblighi di legge cui il professionista è soggetto, e questi non tratti tali dati per nessun altro scopo».
E, come per tutte le altre modifiche, l’impianto sanzionatorio fa riferimento a quanto applicato dai cambiamenti previsti dal comma 3 dell’articolo 8-ter della direttiva 93/13/CEE.