L’effetto del crollo delle criptovalute anche sulle assunzioni e sui licenziamenti

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La crisi del mercato delle valute digitali ha riflessi anche in termini di occupazione

Non siamo al minimo storico, ma poco ci manca. La crisi delle criptovalute e del loro valore prosegue inarrestabile da alcuni mesi. Chi ha acquistato uno o più coin virtuali nel corso dell’ultimo anno e mezzo, ha visto il proprio investimento – all’interno di questo mercato che prometteva di essere fruttuoso, ma con tutti i rischi di un investimento volubile – andare disperso. Sono pochi, infatti, i “fortunati” che sono riusciti a guadagnare con il picco delle quotazioni, mentre sono in molti coloro i quali si trovano – almeno per il momento – nelle condizioni di non poter vendere per non andare in perdita (nella speranza che, prima o poi, il valore torni sopra la soglia di galleggiamento). E tutta questa incertezza ha fermato gli investimenti di alcune aziende che si occupano di valute digitali. E i riflessi secondari (rispetto a quelli meramente riferiti alle quotazioni) si palesano nei licenziamenti.



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Il minimo storico del valore delle criptovalute (a partire dal dicembre del 2020) è stato toccato lo scorso 17 giugno. Prendiamo come riferimento il Bitcoin che, proprio in quella data ha toccato quota 18.054 euro (dopo il picco di 56.278 euro registrato nel novembre dello scorso anno). Oggi, lunedì 18 giugno, il valore del Bitcoin è leggermente più alto rispetto a un mese fa (quasi 22mila euro), ma comunque di gran lunga inferiore alla metà dello scorso autunno. E questi dati ci forniscono la cornice all’interno della quale si mostrano tutti gli effetti deflagranti di questa crisi.



Crisi criptovalute, il crollo porta anche a licenziamenti

Come riporta il quotidiano la Stampa, per esempio, una delle società maggiormente impegnate nel mercato delle criptovalute (anzi, è proprio il suo core business) è in procinto di licenziare il 20% del suo personale: Coinbase – il principale “agente” di exchange di coin virtuali, che si è quotato in borsa proprio nei giorni del picco del valore delle criptovalute – manderà a casa circa 1.100 dipendenti. Il prezzo della crisi, con gli investimenti (in termini di risorse umane, in questo caso) che non sono più sostenibili per l’azienda. Un caro prezzo, come quello già pagato da Celsius: L’azienda voleva essere la grande protagonista nel ruolo di “banca delle criptovalute”, ma l’ambizione si è spenta nel giro di poco: la società ha dichiarato il fallimento dopo un buco di bilancio da 1,2 miliardi di euro. La fine, per l’azienda, era scritta. Ma questo, oltre alla perdita di posti di lavoro, porterà anche milioni di clienti a rischiare di perdere tutti i loro investimenti.