Cosa ha deciso AgCom sull’equo compenso degli editori

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Il 19 gennaio 2023 AgCom ha comunicato in che modo di procederà, in Italia, con l'equo compenso agli editori da parte delle Big Tech

Le basi: lo scorso giugno l’AgCom – Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – ha buttato giù le linee guida per regolamentare l’equo compenso editori per le pubblicazioni giornalistiche in rete recependo le normative UE sulla materia. Con il regolamento in materia per le pubblicazioni in rete approvato da AgCom nella giornata del 19 gennaio 2023, «l’Autorità ha approvato, con il voto contrario della Commissaria Giomi, il regolamento in materia di determinazione dell’equo compenso per l’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico, in attuazione dell’art. 43-bis della legge sul diritto d’autore».



L’obiettivo principale del regolamento, come si legge nel comunicato stampa che AgCom ha dedicato alla questione, è «quello di incentivare accordi tra editori e prestatori di servizi della società dell’informazione, ivi incluse le imprese di media monitoring e rassegne stampa ispirandosi alle pratiche commerciali e ai modelli di business adottati dal mercato». Quando di parla di “prestatori di servizi della società dell’informazione” si fa riferimento a tutte quelle realtà che, sfruttando contenuti informativi, accumulano visualizzazioni e monetizzano sulla diffusione di informazioni (tanto per nominare i più grandi, abbiamo Google – con l’aggregatore di notizie Google News – e Meta – con Facebook -).

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Cosa stabilisce il regolamento equo compenso editori?

«L’articolo 43-bis, introdotto con il decreto legislativo n. 177/2021, recepisce l’articolo 15 della direttiva copyright (UE 2019/790), con il quale il legislatore europeo ha affrontato la questione dell’equa distribuzione del valore generato dallo sfruttamento sulla rete di una “pubblicazione di carattere giornalistico” tra gli editori (titolari dei diritti) e le piattaforme che veicolano questi contenuti online – si legge nell’annuncio del via libera cui seguiranno le specifiche -.In particolare, l’articolo 15 della direttiva, che ha introdotto anche per gli editori il riconoscimento dei diritti di riproduzione e comunicazione al pubblico (già previsto dalla direttiva 2001/29/CE per altre categorie di titolari), intende colmare lo squilibrio di ricavi (il cd. value gap) tra le piattaforme online e i titolari dei diritti sulle pubblicazioni giornalistiche».

Nel CS viene anticipato anche in che modo entrambe le parti coinvolte dovranno gestire i rapporti così come stabilito dall’articolo 43 bis: «Se entro 30 giorni dalla richiesta di avvio del negoziato le parti non riescono a trovare un accordo sull’ammontare del compenso, ciascuna di esse può rivolgersi all’Autorità per la determinazione dell’equo compenso, fermo restando il diritto di adire l’Autorità giudiziaria ordinaria. L’Autorità, entro 60 giorni dalla richiesta indica, sulla base dei criteri stabiliti nel regolamento, quale delle proposte economiche formulate è conforme ai suddetti criteri oppure, qualora non reputi
conforme nessuna delle proposte, indica d’ufficio l’ammontare dell’equo compenso».



« Il regolamento – prosegue il testo – individua come base di calcolo “i ricavi pubblicitari del prestatore derivanti dall’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell’editore, al netto dei ricavi dell’editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle pubblicazioni di carattere giornalistico utilizzate online dal prestatore”. Su tale base, all’editore, a seguito della negoziazione, potrà essere attribuita una quota fino al 70%, determinata sulla base dei
criteri predeterminati. La presenza di un’aliquota massima ha l’obiettivo di rendere flessibile lo schema di determinazione
dell’equo compenso, adattandolo alle diverse esigenze delle parti e alle diverse caratteristiche tanto dei prestatori quanto degli editori, facilitando al contempo l’instradamento delle negoziazioni».

I criteri per stabilire il cosiddetto equo compenso

Nel comunicato stampa si fa anche riferimento ai criteri che aiutino le parti a stabilire l’equo compenso, ovvero i seguenti:

Questi criteri precisi sono stati dettati nell’ottica di garanzia del riconoscimento dei diritti, delle spese sostenute e dei soldi ricavati da entrambe le parti nel tentativo di bilanciare i diversi interessi in gioco («sia di natura pubblicistica che di natura privatistica») e i valori da tutelare (ovvero «la libertà di espressione, il pluralismo dell’informazione, unitamente alla garanzia di adeguati incentivi affinché le parti, ciascuna nel proprio ambito di attività, mantengano un elevato livello di investimenti in innovazione, anche tecnologica».

Questo regolamento – nel quale l’autorità «ha preferito non indicare un’aliquota, suggerendo però di tenere in considerazione quelle adottate da prassi di mercato consolidate, conferendo così la flessibilità necessaria a garantire equità e tenendo conto delle differenze esistenti all’interno della platea degli editori e delle imprese di media monitoring e rassegne stampa, nonché delle differenti tipologie di pubblicazioni di carattere giornalistico» – è stato sottoposto a consultazione pubblica ed è nato tenendo conto di contributi e osservazioni ottenuti in audizione da tutti i soggetti coinvolti.