La storia del signor Silvano Fantoni è stata raccontata al Corriere della Sera dalla figlia, ma a quanto pare si è trattata di una vicenda piuttosto comune in provincia di Bergamo. L’uomo, 77 anni, si era ammalato di Covid-19 a inizio marzo: dopo qualche settimana, in seguito all’aggravarsi delle sue condizioni di salute, è deceduto. L’ospedale, sulla sua cartella clinica, aveva utilizzato la generica dicitura ‘dimesso’. Per questo motivo, qualche giorno fa, alla famiglia del signor Fantoni è arrivata una chiamata dalla Ats di Bergamo, che chiedeva un altro esame del tampone per il signor Silvano. L’imbarazzo della figlia è stato evidente quando ha dovuto spiegare la ragione in base alla quale quel tampone non poteva essere in alcun modo effettuato.
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Episodi simili si sono verificati in tutta la provincia, una delle più martoriate dal coronavirus, soprattutto nel periodo compreso tra la metà di marzo e la metà di aprile. Il collasso delle strutture sanitarie, la gestione di un numero di casi decisamente superiori rispetto alla norma, la mortalità che era salita alle stelle: sono stati tutti elementi che hanno portato, in una fase successiva, a creare l’inconveniente.
In effetti, ha spiegato Ats, c’è stato un problema di raccolta e di gestione dei dati: troppi da mettere insieme in troppo poco tempo. Ovviamente, con questi effetti indesiderati, soprattutto per famiglie che hanno pagato un tributo già eccessivo a questa epidemia che non solo ha portato via i loro cari, ma ha anche impedito che potessero essere salutati con dignità. Tuttavia, al momento, l’Ast ha elaborato un sistema di verifica che permette di ridurre gli errori del 95%. I dati, nonostante i vari incroci, possono sfuggire ad alcune logiche a volte imponderabili, come le omonimie e gli errori umani. Un’altra piccola macchia, senz’altro meno impattante delle precedenti, su un sistema sanitario regionale che più volte ha mostrato delle falle.