Le chiamate di Conte ai giornalisti raccontate dal Corriere della Sera

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Il buco della serratura che Monica Guerzoni lascia aperto nel rapporto giornalisti-Chigi

Per il lettore medio dei giornali resta sempre un grande mistero: come fanno i giornalisti ad avere i famosi retroscena all’interno dei palazzi delle istituzioni? Come si fa a scrivere, senza conseguenze legali, di liti furibonde, di accordi sottobanco, di frasi virgolettate ma mai pronunciate in pubblico? Il Corriere della Sera, nella sua edizione di ieri, ha lasciato aperto una sorta di spiraglio su questo mondo così particolare, fatto di intrecci, di chat dedicate e di chiamate inaspettate. Monica Guerzoni ha raccontato, ad esempio, di come Conte chiama giornalisti prima dell’ultimo consiglio europeo.



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Conte chiama giornalisti per avere un mandato forte in Europa

Quest’ultimo aspetto è stato evidenziato anche in un lungo editoriale di Stefano Feltri su Domani dal titolo Cari colleghi, perché lasciate decidere i titoli a Palazzo Chigi? molto critico sia nei confronti delle istituzioni, sia nei confronti delle testate che accettano passivamente questo gioco al rialzo. Non rispondere a una chiamata, sostiene il direttore di Domani, potrebbe in qualche modo compromettere le varie partecipazioni alle future iniziative giornalistiche relative al presidente del Consiglio (interviste e conferenze stampa).



Nel 2020, calcola Stefano Feltri, Giuseppe Conte ha rilasciato ben 54 interviste, più del doppio di quelle concesse da Matteo Renzi quando era l’inquilino di Palazzo Chigi. E i rapporti sistematici con i giornalisti delle varie testate – evidenziati anche dalla frase del Corriere della Sera dalla quale siamo partiti – seguono davvero intrecci molto solidi.

Conte chiama giornalisti, due problemi di questo atteggiamento

Se la frase di Monica Guerzoni sul Corriere dovesse essere confermata, comunque, ci troveremmo di fronte a un caso di giornalismo al servizio della politica (e non viceversa), dal momento che al presidente del Consiglio serviva proprio un forte mandato che soltanto i titoli dei quotidiani avrebbero potuto dargli di fronte ai partner europei. Al di là della situazione contingente, sembra che questo aspetto della comunicazione istituzionale, possa rappresentare un vero problema sulla lunga distanza. Farsi dettare le notizie senza andarle a cercare potrebbe comportare un generale impigrimento del panorama del giornalismo italiano. E una vera e propria garanzia, per il potere politico, di controllare in qualche modo il flusso delle notizie.