Nessuno studio scientifico smentisce il contagio da coronavirus nei supermarket

* Di Max Brod (giornalista e reporter televisivo) e Lisa Di Giuseppe (giornalista e videomaker)

È un titolo che sta facendo il giro del web: “Studio tedesco: «Non ci si infetta facendo la spesa o toccando oggetti»” e diversi media italiani rilanciano la notizia parlando di un’ “accurata indagine condotta sulla popolazione di Heinsberg”, ma in realtà nessuno studio scientifico ha smentito il contagio nei supermarket.

Contagio nei supermarket, cosa è successo

Il 9 aprile in una conferenza stampa a Düsseldorf (Germania), il virologo Hendrick Streeck, direttore dell’Istituto di virologia dell’Università di Bonn ha presentato i primi risultati di un’indagine sulla diffusione di Covid-19 realizzata nella municipalità di Gangelt nel distretto di Heinsberg (chiamato la “Codogno tedesca” a causa dei numerosi contagi del focolaio), che si trova nel Nord Reno Vestfalia.

In un articolo del 14 aprile ripreso da diversi media italiani, pubblicato sul sito della televisione lussemburgese Rtl si parla dell’evento e si riporta un virgolettato del dottor Streeck: «Non c’è nessun rischio rilevante di contagiarsi quando si va a fare shopping. I contagi più estesi sono sempre stati l’esito di assembramenti durati per un lungo periodo, per esempio alle feste after-ski a Ischgl in Austria». Un passaggio che però non risulta dalla conferenza stampa, ed è probabilmente ripreso da un’intervista del 1 aprile a Faz.net nella quale Streeck affermava: «Auf der anderen Seite glaube ich, dass Restaurants, Geschäfte, Supermärkte und so weiter kein Infektionsrisiko darstellen» (Non c’è nessun rischio di contagio in ristoranti, negozi, supermercati e così via).

La ricerca del virologo, infatti, non aveva come scopo principale quello di indagare sulla possibilità di contagiarsi nei market, tant’è vero che i supermercati non vengono citati nei documenti relativi allo studio pubblicati fino ad oggi.

Alcuni siti, inoltre, segnalano a corredo della notizia questo documento, che però non ha niente a che vedere con la ricerca a Gangelt.

Contagio nei supermarket, lo studio non è ancora pubblicato

In un comunicato stampa del 9 aprile, nel quale i supermarket non vengono in nessun modo citati, si spiega che non si tratta di un articolo scientifico revisionato ma di “Vorläufiges Ergebnis und Schlussfolgerungen”, ovvero “risultati preliminari e conclusioni” di uno studio su un cluster nella municipalità di Gangelt. Ed è normale che non si parli di supermercati: sono gli stessi autori a spiegare che a Gangelt si pensa che il focolaio abbia avuto inizio da una festa di carnevale svoltasi il 15 febbraio 2020. Lo scopo dello studio è “la determinazione dello stato di infezione passata e presente, e la valutazione dello stato di attuale immunità”. L’indagine si sarebbe svolta inviando un questionario (e successivamente eseguendo un tampone e un test per l’individuazione degli anticorpi) a 600 famiglie di cui 400 avrebbero accettato di prender parte alla ricerca (1000 persone in totale). I risultati preliminari (su 500 persone) parlano di un 2% di soggetti con infezione in corso e un 15% totale di infetti passati o presenti.

La questione supermarket

Il virologo Hendrick Streeck ribadisce almeno dal primo aprile l’assenza di prove di contagi in luoghi come i supermarket.

Quando su Zeit Online gli viene chiesto conto delle sue dichiarazione sul fatto che non ci siano prove di contagi dal parrucchiere, sui mezzi pubblici o durante lo shopping, il dottore risponde: «Wenn es noch einzelne Übertragungen beispielsweise im Supermarkt oder beim Friseur gibt, ist das nicht gut, aber auch kein großes Problem». (Se continuano a esserci singoli contagi per esempio al supermercato o dal parrucchiere non è una cosa buona, ma non si tratta di un grosso problema). Poi, durante il talk show del giornalista Markus Lanz, Streeck spiega: «Quando abbiamo prelevato campioni da maniglie delle porte, telefoni o servizi igienici, non è stato possibile coltivare il virus in laboratorio sulla base di questi tamponi (…) vogliamo avere campioni rappresentativi per dire dove si trova il virus e dove non si trova, ma per come la vedo io, in base ai risultati che abbiamo rilevato finora, una maniglia è contagiosa solo se qualcuno si tossisce in mano prima di toccarla e poi la stessa viene toccata da un’altra persona». Ipotesi, quest’ultima, identificata come fattore di rischio reale da diversi virologi italiani. Tra loro Fabrizio Pregliasco, che a Giornalettismo spiegava: «È quello che tocchiamo, il punto. Uno tossisce e non lo sappiamo e magari 10 minuti dopo tocchiamo la maniglia che quel soggetto ha toccato». Inoltre, rimangono in campo sia la ricerca scientifica pubblicata sul The New England Journal of Medicine, che riguarda la permanenza del Covid-19 sulle superfici, sia quella pubblicata su Jama in merito all’infezione attraverso oggetti come maniglie o superfici d’appoggio.

Sempre durante il talk show di Markus Lanz, il giornalista domanda: «Quindi la maniglia della porta, il cesto di frutta al supermercato, il gatto, il telefono e così via non rappresentano una minaccia?». Risposta: «Nella nuova ricerca che abbiamo appena impostato lo approfondiremo».

Può darsi che nuovi studi scientifici dimostrino che effettivamente il contagio nei luoghi pubblici è meno facile di quanto si creda, ma per il momento è bene ricordare a chi dà per assodato che non ci si possa infettare in un supermarket, un principio caro alla scienza, il cosiddetto principio di precauzione: «L’assenza di prove non è prova di assenza».

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