Prima regola di Clubhouse: non parlate mai di Clubhouse

Un viaggio nel social che sta spopolando

01/02/2021 di Enzo Boldi

Stanze virtuali in cui parlare, ma con invito. Ma quel che viene detto lì dentro resta lì dentro. È la storia di Clubhouse, il nuovo social network tanto in voga tra i naviganti nel mare infinito del web e delle App. Una piattaforma ristretta, per pochi intimi. Si accede solo con invito e, soprattutto, tutto quel che viene pronunciato non può essere riprodotto su altre piattaforme. Un sistema chiuso che alimenta se stesso solo nel ‘qui e ora’. Questioni non di secondo piano: visti il precedente di Parler, non può che emergere una problematica sui temi che vengono trattati dagli utenti nelle diverse stanze.

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L’app, per il momento disponibile solo sull’App Store iOS, sta riscuotendo un grande successo. Nato dall’idea di un imprenditore e di un ingegnere, Paul Davison e Rohan Seth, l’ultimo dei social network ha ottenuto una vasta eco mediatica dopo la notizia di alcuni investimenti ricevuti da parte di grandi fondi americani. E da lì il gioco è fatto: il passaparola, la curiosità e la possibilità di creare stanze chiuse hanno fatto crescere la nomea di Clubhouse.

Clubhouse, il social che funziona come Fight Club

Vocali, vocali, vocali. Questo il principio della app. E il tutto si snoda su tre livelli di interlocuzione: Open, social e Closed. Il primo, Open, consente a tutti gli iscritti di partecipare a una stanza; il secondo, social, permette la partecipazione a tutti gli utenti interconessi (come il sistema di amicizie su Facebook). Infine c’è Closed, che – di fatto – è una stanza chiusa creata da un utente che può far accedere altre persone virtuali solo tramite invito.

Quali sono le problematiche emerse

Il tutto non si basa su chat scritte: l’audio (inteso come messaggi vocali) è il fulcro generale di Clubhouse. Insomma, un qualcosa che lo distingue da tutti gli altri social network su piazza. Ma ci sono delle questioni che sembrano essere difficili da dirimere. Come analizzato da Bloomberg, la problematica maggiore è quella relativa ai temi che si affrontano all’interno di queste stanze: dall’antisemitismo, all’omofobia (fino a tutte le altre criticità che emergono in rete e sui social). I vertici del social assicurano che i controlli ci sono. Ma il viaggio è appena iniziato.

(foto di copertina: William Krause, Unsplash)

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