Carola Rackete: «L’Italia è stata lasciata sola nella gestione dei flussi migratori»

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Poi, però, dice che il decreto sicurezza viola il diritto internazionale

Critiche al decreto sicurezza, ma anche l’ammissione di come l’Europa intera abbia lasciata sola l’Italia nella gestione dei flussi migratori. Lo ha dichiarato Carola Rackete nella sua audizione alla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Libe) del Parlamento europeo, rincarando ancor di più la dose nel suo attacco alle politiche dell’Unione Europea sui migranti e al disinteresse dimostrato da tutti gli altri Paesi nella gestione delle emergenze, come su per il caso Sea Watch 3 che l’ha vista diretta protagonista con tutta la vicenda nota a tutti.



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«Per cambiare la politica sulle migrazioni anche in Italia serve un cambio a livello europeo: l’Italia è stata lasciata sola per diversi anni nella gestione dei flussi – ha dichiarato Carola Rackete affrontando, nuovamente, il caso Sea Watch davanti ai parlamentari europei che l’avevano accolta con una standing ovation al suo arrivo alla commissione Libe -. Lo stesso vale per l’accordo di Malta. Serve la partecipazione di tutta l’UE».



Carola Rackete: «Italia sola nella gestione dei flussi migratori»

Fatti noti che sono stati criticati da anni e che, nonostante l’accordo di Malta delle scorse settimane, sembrano non aver portato a una soluzione finale in grado di coinvolgere tutti. E la capitana di Sea Watch è tornata a parlare anche del decreto sicurezza e del decreto sicurezza bis firmato Matteo Salvini, sottolineando come i contenuti di quella legge italiana, approvata dal consiglio dei Ministri del vecchio governo Lega-M5S sia del tutto avverso al diritto internazionale.

Il decreto sicurezza italiano e il diritto internazionale

«La ricerca ed il salvataggio in mare sono operazioni che rientrano nel diritto internazionale, non so come abbia fatto l’Italia ad approvare una legge che non rispetta il diritto internazionale – ha proseguito Carola Rackete -. Basta con i discorsi d’odio perché hanno un impatto diretto sui cittadini». Come dimostrano fatti di cronaca quotidiana e narrazioni che provengono dai social.



(foto di copertina: Fabian Sommer/dpa)