Il candidato della Lega ad Avellino indagato: «Un clan della camorra sostenne la sua corsa»

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I fatti risalgono al 2018

L’accusa mette sul piatto il voto di scambio politico-mafioso. Sarebbe questo il motivo dell’apertura di un’indagine a carico di Sabino Morano, candidato Lega Avellino per la carica di sindaco nel 2018, segretario provinciale della Lega in Irpinia. La sua corsa, stando a quanto riportato dagli inquirenti, sarebbe stata supportata da un clan mafioso, quello dei Partenio, che avrebbe fatto pervenire una quota di voti ingenti. Cosa avrebbe ottenuto in cambio? Secondo gli investigatori della Direzione distrettuale Antimafia di Napoli il candidato leghista – che adesso si è autosospeso dal partito – avrebbe effettuato una politica piuttosto permissiva in materia di concessioni edilizie.



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Candidato Lega Avellino indagato: la camorra avrebbe favorito la sua corsa

Il quadro che emerge sarebbe a questo punto molto serio: ci sarebbero altri 12 indagati e, dal lato dei clan, si contano 23 arresti. Il voto di scambio politico-mafioso che si staglia sullo sfondo di questa vicenda che ha segnato le sorti della vita amministrativa della città di Avellino. Il capoluogo di provincia campano, infatti, nel corso di quella tornata elettorale, portò alla guida del comune il Movimento 5 Stelle: una sindacatura piuttosto effimera, dal momento che – dopo poco tempo – perse la sua maggioranza.



Candidato Lega Avellino, come sono andati poi i fatti dal punto di vista politico

Alle elezioni del 2019, dopo il commissariamento del comune, la lotta per la carica di sindaco – infatti – è stata tutta appannaggio delle forze del centrosinistra, con un candidato civico che ha avuto la meglio su quello appoggiato dal Partito Democratico. A pesare è stato senz’altro il commissariamento del comune, ma anche la presenza – nel vecchio consiglio comunale, come rappresentante della minoranza – di Damiano Genovese, il più votato della lista della Lega.

Figlio di un boss, quando fu eletto andò in carcere a Voghera a trovarlo per comunicargli che «eravamo entrati in consiglio comunale».