«Il parlamento europeo chiederà massima trasparenza sugli algoritmi delle piattaforme online»

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Le parole dell'eurodeputato del Pd Brando Benifei e le considerazioni sul lungo iter del Digital Services Act e del Digital Market Act

Siamo ancora alle battute iniziali, dunque è ancora prematuro – nonostante alcune indiscrezioni di stampa internazionale uscite nei giorni scorsi – avere un quadro preciso dei due regolamenti che saranno destinati a disciplinare il modo di pubblicare contenuti online e di utilizzare alcuni servizi ormai fondamentali come l’ecommerce all’interno dei Paesi dell’Unione Europea. Il Digital Services Act e il Digital Market Act sono allo studio delle due commissioni parlamentari IMCO e AIDA, la prima per il mercato interno e la protezione dei consumatori, la seconda per l’intelligenza artificiale nell’era digitale. In entrambe le commissioni, Brando Benifei – eurodeputato del Partito Democratico – sta seguendo con molta attenzione la lenta evoluzione dei due regolamenti.



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Brando Benifei a Giornalettismo su DSA e DMA

A colloquio con Giornalettismo, l’eurodeputato del Pd chiarisce immediatamente il ruolo centrale che le commissioni dovranno svolgere. Considerando, poi, che la relatrice del Digital Services Act è la socialista danese Christel Schaldemose, si comprende anche come i progressisti europei stiano cercando di fare da traino in un iter che si annuncia lungo e, nonostante l’iniziale clima di concordia da parte degli eurodeputati sul tema, comunque difficile da affrontare.



«La discussione in atto a livello delle commissioni è ancora molto preliminare – ci ha spiegato Brando Benifei -. Di fatto sono state assegnate ora le responsabilità all’interno delle commissioni, quindi ritengo che sia piuttosto prematuro stabilire ora verso quale direzione si andrà».

Il Digital Services Act mira a uniformare i comportamenti degli stati membri – attraverso un regolamento, dunque a una fonte primaria del diritto comunitario – in settori cruciali quali le infrastrutture di rete, i servizi di hosting, le piattaforme online (tra queste anche quelle di e-commerce e le varie app utilizzate sui nostri dispositivi) e le grandi piattaforme social. Il Digital Market Act, inoltre, punta a creare una serie di paletti all’interno dei quali possono muoversi per tutte le aziende, comprese le LoPs, ovvero le grandi piattaforme online che saranno maggiormente controllate su pratiche di concorrenza sleale. Nei giorni scorsi, il Financial Times aveva affermato che la legislazione europea su questi temi avrebbe ricalcato quella che sta per essere approvata in Australia: soprattutto dal punto di vista dell’informazione, il Paese oceanico sta per alzare il potere contrattuale degli editori con piattaforme come Google o Facebook e sta chiedendo loro una maggiore trasparenza sugli algoritmi che regolano la distribuzione dei contenuti editoriali stessi.



«Quanto abbiamo letto sull’equiparazione al modello australiano dei due regolamenti europei – spiega Benifei – rappresenta una fuga in avanti. Ho letto anche io le indiscrezioni, ma ritengo che siano una forzatura. Oggi il dibattito è molto arretrato e bisogna vedere quanto di questo aspetto, che è stato già affrontato nella direttiva copyright, verrà ripreso nel DSA e nel DMA».

Anche perché stiamo ragionando su due piani diversi. Mentre quella sul copyright era una direttiva (e in quanto tale andava recepita dai singoli stati), Digital Services Act e Digital Market Act sono dei regolamenti che entreranno in vigore in tutti gli stati membri secondo le indicazioni dell’UE. Bisognerà uniformare i comportamenti, evitando fughe in avanti come quella della Francia. Quest’ultima sta permettendo ad alcuni gruppi editoriali di portare avanti contrattazioni con Google per la cessione di loro contenuti per un prezzo che è stato stimato sui 76 milioni di dollari in tre anni: «Quanto accadrà rispetto all’applicazione della direttiva copyright – continua il parlamentare europeo – avrà un impatto per ragionare su come intervenire in questi ambiti: quando parliamo di regolamentazione dei contenuti su grandi piattaforme, la situazione francese o quello che accadrà in Italia da questo punto di vista sicuramente influenzeranno il dibattito in atto. DSA e DMA, essendo regolamenti, avranno un impatto più hard sulle legislazioni dei vari Stati. I due regolamenti uniformeranno i comportamenti dei vari Paesi da questo punto di vista, considerando anche che i tempi, volendo essere ottimisti, saranno di un anno, un anno e mezzo».

Ma ci sono punti su cui il parlamento europeo sarà molto chiaro: il principio a cui ci si ispirerà resta quello della trasparenza e della correttezza nella diffusione dei contenuti. L’analisi di Brando Benifei è molto calzante su questo punto: «Penso che rispetto alla discussione che fu molto divisiva ai tempi della direttiva sul copyright, il Parlamento abbia avuto un approccio molto unitario. I principi fondamentali sono quelli della protezione dei consumatori, come forte baluardo per noi: i loro diritti, in molto casi, sono distorti o non tutelati da azioni messe in campo da alcune piattaforme, sia quelle di hosting dei contenuti, sia quelle di e-commerce. Riteniamo, poi, fondamentale perseguire obiettivi di giusta remunerazione dei lavoratori e delle imprese, compresa l’editoria nel suo complesso, oltre al rispetto dei diritti fondamentali come la libertà d’espressione. Oggi c’è un dibattito forte, perché quello che è successo negli Stati Uniti, dove il presidente in carica è stato silenziato sui social network, ha fatto un grande effetto: può un medium così pervasivo e così centrale decidere che il presidente eletto non può più parlare? E se sì, a quali condizioni?».

Gli algoritmi delle piattaforme online e la richiesta di trasparenza da parte dell’UE

Anche per questo, le istituzioni europee chiederanno chiarezza assoluta sugli algoritmi: «Il parlamento è unito nel chiedere trasparenza sugli algoritmi delle piattaforme – ha detto Benifei – per contrastare meccanismi che possano essere discriminatori, anche in maniera non evidente, e che possano creare manipolazioni non trasparenti. Sulle informazioni riguardo algoritmi e informazioni ai consumatori, dovremo richiedere il massimo. Capisco il punto di vista delle piattaforme rispetto al fatto che non è sempre semplice dare una risposta utile alla richiesta di trasparenza, ma la comprensibilità del funzionamento dell’algoritmo è un requisito per poter operare in maniera corretta sui nostri mercati.  Ci può essere più trasparenza rispetto a quella che c’è oggi senza distruggere il business model delle piattaforme. Dovremo lavorare con gli stati membri, in quanto co-legislatori, e ascoltare, come sto facendo, gli utenti, gli editori, gli operatori dell’informazione».

Al momento, tuttavia, un dibattito molto serio – dal quale passa il futuro dell’informazione e dell’utilizzo di piattaforme sempre più pervasive nelle nostre vite – sembra risvegliare l’interesse di pochi: «Nella fase preliminare, c’è stata forte unità da parte del parlamento – chiude Benifei -. Ma ci saranno temi spinosi che andremo ad affrontare nel dettaglio, come il controllo e la rimozione dei contenuti sulle piattaforme: su questo tema penso che ci siano differenze tra le forze politiche italiane. Il M5S è attivo sul tema, ma oggi ha poco spazio parlamentare a Bruxelles. La mia opinione è che le altre forze politiche italiane non sembrano particolarmente attive sul tema».