Boris Johnson potrebbe farsi somministrare il vaccino al Covid in diretta tv

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Il primo ministro britannico potrebbe optare per la somministrazione in diretta tv del farmaco per convincere i suoi concittadini a vaccinarsi

Boris Johnson potrebbe fare il vaccino al Covid in diretta tv. Oggi abbiamo chiarito che il fatto che il vaccino arrivi in anticipo in Gran Bretagna non ha nulla a che vedere con la Brexit ma con il fatto che il premier britannico abbia scelto di utilizzare una scorciatoia. La scelta è stata quella di mettere in circolo il vaccino senza attendere l’ultimo step, ovvero il dossier definitivo richiesto dall’Agenzia Europea per i medicina. Proprio parlando di somministrazione è intervenuta oggi Allegra Stratton, ex giornalista di Itv che prenderà il ruolo di capo della comunicazione di Downing Street, aprendo alla possibilità che Boris Johnson si faccia il vaccino in diretta tv. Sarebbe sicuramente un evento epocale e un gesto indubbiamente di peso da parte di un primo ministro.



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Boris Johnson vaccino in diretta tv: l’ipotesi per convincere la popolazione

L’idea è che il primo ministro britannico si faccia somministrare il vaccino in diretta tv per convincere i britannici a procedere. Il suggerimento arriva da Allegra Stratton dopo l’annuncio di oggi, giornata in cui il mondo ha saputo che il vaccino potrebbe essere disponibile per la somministrazione già a partire dalla prossima settimana nel Regno Unito. La questione nasce dall’invito da parte del leader laburista Keir Starmer – durante il question time alla Camera dei Comuni – rivolto a Johnson: fare «tutto il possibile» per contrastare la «disinformazione sul vaccino» e l’opera di comunicazione dei no vax.



Prima, però, il vaccino ai più vulnerabili

Allegra Stratton ha chiarito con i giornalisti che, conoscendo il carattere di Boris Johnson, «non credo sarebbe qualcosa alla quale direbbe di no». Rishi Sunak, cancelliere dello Scacchiere nel secondo governo Johnson, ha però aggiunto che Johnson non vorrebbe procedere con la vaccinazione prima che il farmaco venga somministrato alle fasce di popolazione ritenute «più vulnerabili».