Ma quello «umiliato e offeso» dal lockdown è lo stesso Bocelli che si era commosso per il concerto in solitaria al Duomo?

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Aveva cantato nella chiesa deserta, come segno di speranza per il superamento della pandemia

Nel giorno di Pasqua 2020, quando Andrea Bocelli ha intonato Amazing Grace nel Duomo di Milano deserto, in una città che in quegli stessi istanti faceva i conti con il picco del coronavirus, mai ci saremmo aspettati che – soltanto tre mesi dopo – il noto cantante italiano definisse «umiliante e offensivo» quel lockdown che è stato la salvezza di centinaia di migliaia di italiani. Eppure, è successo: al Senato, come vi abbiamo raccontato, Andrea Bocelli ha affermato anche di aver violato il lockdown perché riteneva intollerabile la limitazione alle libertà personali.



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Bocelli coronavirus, la metamorfosi del suo pensiero

Mettiamo a confronto i due momenti della pandemia analizzati da Andrea Bocelli. Ecco le sue parole all’indomani del concerto in solitaria al Duomo di Milano, manifesto programmatico della speranza che l’Italia nutriva in quei giorni, cercando di raccogliere la propria bellezza in tutte le sue forme (il canto, ma anche la perfezione delle forme architettoniche in uno dei simboli dello stivale), di superare la più tremenda crisi della storia recente. Bocelli diceva questo:



«Quella sensazione d’essere contemporaneamente solo, come lo siamo tutti, al cospetto dell’Altissimo – aveva detto Bocelli -, eppure di esprimere la voce della preghiera di milioni di voci, mi ha profondamente colpito e commosso. L’amore è un dono. Farlo fluire è scopo primario della stessa vita. E con la vita, ancora una volta, mi trovo in debito. La mia gratitudine va a chi ha concepito questa opportunità, il Comune di Milano e il Duomo, ed a tutti coloro che hanno accolto l’invito e si sono uniti in un abbraccio planetario, raccogliendo quella benedizione del Cielo che ci restituisce coraggio, fiducia, ottimismo, nella certezza della fede».

Bocelli coronavirus, la conferenza di oggi al Senato

Oggi, invece, nel convegno al Senato insieme a politici ed esponenti del mondo scientifico che sempre più spesso, negli ultimi tempi, hanno minimizzato le conseguenze del coronavirus, ha affermato:



«Mi sono reso conto che le cose non erano così come ce le hanno raccontate: c’è stato un momento in cui mi sono sentito umiliato e offeso per la privazione della libertà di uscire di casa senza aver commesso un crimine e devo confessare pubblicamente di aver disobbedito a questo divieto che non mi sembrava giusto e salutare».

Dobbiamo capire ancora cosa è successo in questi quattro mesi (il concerto risale al 12 aprile, le sue dichiarazioni sono del 27 luglio) per far passare Bocelli dalla commozione all’umiliazione per come è stato gestito il coronavirus in Italia. Deve esserci qualche passaggio che ci è sfuggito.