No Beppe Grillo, non sei Sandro Pertini

Beppe Grillo è stato condannato in primo grado a un anno di reclusione per diffamazione aggravata verso Franco Battaglia, docente di Ingegneria all’Università di Modena e Reggio Emilia. La condanna è stata inflitta dal Tribunale di Ascoli Piceno.

Lui ha dichiarato:

Se Pertini e Mandela sono finiti in prigione potrò andarci anch’io per una causa che sento giusta e che è stata appoggiata dalla stragrande maggioranza degli italiani al referendum.

Una notizia che ha generato il panico tra i suoi followers…

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Beppe Grillo non andrà in galera (ci sono altri due gradi di giudizio). La sospensione della pena è stata revocata in base alla sentenza subita da Grillo negli anni ’80.

«Io sono fiero di aver contribuito a evitare la costruzione di nuove centrali nucleari in Italia», ha sentenziato il leader del Movimento 5 stelle. «E’ un’eredità che lascio ai nostri figli che potranno evitare incidenti come Chernobyl e Fukushima». Il problema è che Grillo sembra esser stato trascinato in aula per altro. O meglio, per una frase. Riporta Picusonline, che ha seguito tutte le fasi del processo:

Il leader del Movimento 5 Stelle, nel corso di un comizio per il referendum sul nucleare tenuto a San Benedetto del Tronto nel maggio del 2011, aveva etichettato il prof. Battaglia quale “consulente delle multinazionali”. Fatto falso per il pm Lorenzo Destro che regge l’accusa nel processo ascolano, oltre alle frasi ingiuriose immesse in rete con il filmato. Il giudice Anna Maria Teresa Gregori ha visionato insieme alle parti il video che gira in rete di quel comizio e dal quale si enucleano chiaramente le frasi di Grillo all’indirizzo del professor Battaglia.

Come Pertini e Mandela. Beppe Grillo si paragona a loro. In realtà Sandro Pertini finì in carcere per colpa del suo dichiarato antifascismo. Nella sua vita l’ex presidente della Repubblica italiana subì varie aggressioni e vide il suo Paese scivolare lentamente nel ventennio più buio della storia italiana.  Quando rientrò dalla Francia fu scoperto da un esponente fascista di Savona. Il 30 novembre 1929 fu condannato dal Tribunale Speciale per la difesa dello Stato a dieci anni e nove mesi di reclusione e a tre anni di vigilanza speciale. Durante il processo Pertini rifiutò di difendersi. Perché quello era un tribunale fascista. Durante la pronuncia della sentenza si alzò gridando: «Abbasso il fascismo! Viva il socialismo!».

Diciamo che è un po’ diverso dalla frase “Io ti prendo a calci nel culo e ti sbatto fuori dalla televisione, ti denuncio e ti mando in galera” pronunciata in un comizio politico a San Benedetto del Tronto.

Diciamo che oggi viviamo in uno Stato per cui è stato versato del sangue per garantire a tutti la possibilità di ricorrere in appello.

Diciamo che viviamo anche in uno Stato in cui il leader di una delle forze politiche più seguite d’Italia non è capo del Umkhonto we Sizwe dell’ANC (“Lancia della nazione”, o MK), e non lotta contro l’apartheid.

Evitiamo di strumentalizzare persone che hanno fatto la Storia per un reato di diffamazione aggravata. A cui si può sempre ricorrere. Grazie anche a persone che hanno dato la propria vita per la nostra libertà. Come Sandro Pertini.

(foto ANSA/CLAUDIO PERI)

 

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