Beppe Castagna: «La richiesta del ministro è l’ennesima croce per la nostra famiglia»

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Il fratello della donna uccisa da Rosa e Olindo dice di essere «avvilito» dalla decisione di Alfonso Bonafede di vedere le carte processuali della strage di Erba

Uccisi dai vicini perché facevano troppo rumore. La strage di Erba è probabilmente una delle pagine di cronaca nera più note del nostro paese. Sia per l’efferatezza dell’omicidio commesso da Rosa Bazzi e Olindo Romano, sia per il clamore mediatico che suscitò: per una condanna definitiva ci sono voluti 12 anni e l’intervento di 26 giudici. Dopo un servizio de Le Iene però, in cui Olindo ha cambiato versione dichiarando che lui «non c’era», il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha richiesto alla Procura di Como gli atti processuali. «È l’ennesima croce per me e la mia famiglia» dice Beppe Castagna, fratello della donna uccisa.



Beppe Castagna: «Sono avvilito dalla richiesta del ministro»

Un incubo che sembrava essersi concluso per la famiglia Castagna, ma che è stato riaperto dalla richiesta del Ministro Alfonso Bonafede di visionare le carte processuali. «Una cosa avvilente» racconta Beppe Castagna, fratello di Raffaella Castagna, uccisa a coltellate l’11 dicembre 2006 insieme al figlio di due anni Youssef Marzouk, alla madre Paola Galli e una vicina Valeria Cherubini. La decisione del ministro sarebbe stata presa in seguito alle dichiarazioni fatte da Olindo a Le Iene, a cui ha consegnato la ritrattazione: «Quel giorno io non ero a casa». Notizia che si è mescolata a quella della distruzione di alcuni reperti legati all’omicidio ma che non erano stati ammessi al processo. Il Ministro Bonafede ha quindi aperto un procedimento disciplinare, anche se le eventuali inadempienze ormai cadrebbero in prescrizione. «Non c’è proprio nulla da aggiungere a quanto hanno stabilito 26 giudici» ha dichiarato a La Stampa Beppe Castagna, aggiungendo che «se avessero rifatto il processo altre cento volte, sarebbe finito nello stesso modo».

Olindo è «libero di dire quello che vuole, noi ci basiamo sui fatti»

«Io non lo so se in Italia sono stati fatti processi con un numero cosi grande di prove» continua Beppe Castagna, «quel processo noi lo abbiamo seguito tutto, udienza dopo udienza» racconta Beppe, dicendo che il processo lungo dodici anni ha segnato la sua vita e quella del fratello Pietro e di «mio padre Carlo che non è più in vita». Tutti e tre hanno seguito ogni passo dello sviluppo del processo per l’omicidio della loro familiare, motivati solo dal desiderio di vedere i colpevoli puniti: «noi non ci saremmo mai accontentati di un capro espiatorio qualsiasi, ma abbiamo visto udienza dopo udienza emergere con forza la quantità di prove contro di loro». Eppure, adesso Olindo cambia versione, e non è la prima volta. «Ognuno è libero di dire e fare quello che vuole» commenta Castagna, «noi ragioniamo solo sulla base delle sentenze e degli atti processuali che hanno stabilito la sua colpevolezza e di sua moglie Rosa». Beppe dice che per loro la verità è scritta in quelle sentenze, e che l’intera famiglia è avvilita dal «doverne continuare a parlare». La decisione del ministro non fa altro che riaprire una ferita mai del tutto rimarginata: «Una croce, l’ennesima sulla nostra famiglia, che ci dobbiamo ancora portare in spalla».



(Credits immagine di copertina:  MATTEO BAZZI / ANSA /DC ;  ARCHIVIO / ANSA / PAL)