Com’è davvero la storia di «Bella ciao insegnata nelle scuole che sostituisce l’inno nazionale»

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Si sta facendo molto clamore per una proposta di legge presentata il 30 aprile 2020

«Ecco la priorità del Pd», «Questo pensano a sinistra», «Invece di pensare al Paese, piazzano Bella Ciao nelle scuole». E altre amenità del genere. Sono tutti commenti alle testate – in primo piano Il Tempo – che questa mattina hanno dato ampio risalto a una proposta di legge presentata dal deputato dem Gian Mario Fragomeli e che sta ferma alla Camera ormai da cinque mesi. Il testo sta mandando fuori strada i sovranisti, che sono convinti che la legge permetterà di sostituire l’inno nazionale scritto da Goffredo Mameli con il canto partigiano. Ovviamente non è così ed è opportuno fare una ricostruzione di questa vicenda priva di pregiudizi.



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Bella Ciao nelle scuole, cosa dice la proposta di legge

Innanzitutto, la proposta nasce ad aprile 2020, quando viene depositata alla Camera dei deputati. Si tratta di un testo che, come dimostra l’assenza di emendamenti, è fermo in commissione Affari costituzionali e Cultura. Secondo quanto raccontato dal Tempo, tuttavia, la proposta è pronta per passare in aula, approfittando del risultato delle elezioni regionali e del referendum sul taglio dei parlamentari.



Ma di cosa parla il testo? Davvero si vuole sostituire Bella Ciao all’inno nazionale? Niente affatto. La proposta consta di due articoli. Nel primo si chiede che la Repubblica riconosca la canzone come espressione popolare dei suoi valori fondanti e che il brano sia eseguito, dopo l’inno nazionale e mai in sostituzione di questo, nella giornata del 25 aprile, in cui si celebra la Liberazione dal nazifascismo.

Bella Ciao nelle scuole, la storia del canto partigiano

Nel secondo articolo, invece, si parla più esplicitamente di Bella Ciao nelle scuole, con l’inserimento nei programmi scolastici che riguardano la seconda guerra mondiale e la resistenza, con un riferimento alle province autonome di Trento e Bolzano che faranno riferimento ai propri poteri speciali per decidere le modalità di inserimento del testo della canzone nei programmi scolastici delle loro scuole.



Insomma, si prende atto di quello che molto spesso accade – sia il 25 aprile, sia nelle scuole italiane – e si mette nero su bianco una prassi, facendola diventare una legge. Nulla di apocalittico. Tanto più che nella premessa alla stessa proposta di legge si sottolinea come la canzone Bella Ciao non sia un canto nato in occasione della Resistenza, ma riadattato ai suoi temi in una stagione successiva (la melodia è di origine balcanica, mentre il testo così come lo conosciamo è stato attestato a partire dagli anni Cinquanta). Inoltre, sempre nella premessa, si evidenzia che il canto partigiano presenta valori condivisibili da tutti, che è stato utilizzato in diverse occasioni (come l’elezione a segretario della DC di Zaccagnini) e che rappresenta comunque un canto volto a unificare il sentimento nazionale e culturale italiano. Ma le interpretazioni su questa proposta di legge stanno già fioccando e non sono affatto delle più rosee.