Cosa significa davvero che le atlete donne «sono diventate professioniste»

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Partiamo dal presupposto che la parità di genere non si conquista con un emendamento a un decreto fiscale

Partiamo da un presupposto. La parità di genere non si conquisterà di certo con un emendamento alla legge di bilancio. Né tantomeno si può parlare di introduzione a 360° del professionismo nello sport femminile. O meglio: non completamente. I datori di lavoro delle atlete, infatti, potranno beneficiare di uno sgravio fiscale del 100% per i primi tre anni per la stipula di contratti sportivi (periodo di riferimento 2020-2022).



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Atlete professioniste, è davvero così?

Questo significa che la maggior parte dei contratti, soprattutto quelli per le calciatrici o le atlete in genere più esperte, saranno detassati completamente. Ma in alcuni casi, soprattutto per le atlete emergenti, le società potrebbero anche essere portate, per un discorso di convenienza economica, a continuare a far sottoscrivere contratti dilettantistici. Inoltre, l’esonero non comprende i premi per l’assicurazione obbligatoria infortunistica e si può applicare entro il limite massimo di 8.000 euro di esenzioni fiscali su base annua.



Insomma, il primo passo è stato fatto, ma il problema dell’assoluta parità nei contratti non è ancora stato completamente risolto. Basti pensare alle differenze, al netto di tutte le esenzioni fiscali possibili, tra salari a parità di mansione tra atlete donne e atleti uomini.

Si tratta comunque di un traguardo importante, che è stato salutato con favore soprattutto dai promotori di Italia Viva, che hanno portato questa proposta in commissione bilancio al Senato: «Con l’ok in commissione bilancio dell’emendamento fortemente voluto da Italia Viva – ha detto Donatella Conzatti capogruppo in commissione del partito di Matteo Renzi – sulle atlete professioniste facciamo un altro passo importante verso la parità di genere».



Cosa significa aver approvato sgravi fiscali per atlete professioniste

Un passo in avanti, che è stato salutato con entusiasmo sui social network. Tuttavia, l’eccessiva semplificazione del concetto può trarre in inganno. Ci saranno ancora contratti diversi – soprattutto se confrontati con quelli dei colleghi uomini – anche all’interno delle stesse squadre femminili.

C’è ancora tanto spazio per una legge concreta sul professionismo nello sport (si pensi, ad esempio, che l’unica norma che regola il concetto di professionismo nello sport risale al 1981 e non dà una definizione organica di dilettantismo) che definisca anche dal punto di vista normativo eventuali contributi previdenziali, punto indispensabile per parlare di prestazione professionistica. L’emendamento rappresenta un primo palliativo. Ma è lontano dall’essere la cura vera e propria.