Madrid, non ci si può sedere a gambe larghe: ecco com’è stato vietato il manspreading

Lo hanno chiamato manspreading, ovvero l’invasione degli spazi da parte dell’uomo. Da oggi, in Spagna, è vietata. Non ci si può più sedere a gambe larghe sui sedili dei mezzi pubblici, treni, autobus e metropolitane. Il regolamento dell’azienda di trasporto di Madrid, la Emt, è stato recepito dalla giunta comunale che, a sua volta, ha accolto le proteste di associazioni come Mujeres en lucha y madres estresadas (donne in lotta e madri stressate) che avevano promosso anche una raccolta di firme contro il fenomeno. 

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COS’È IL MANSPREADING

Il manspreading è stato da sempre contestato a tutti i livelli. Non sono stati risparmiati nemmeno i simboli della sinistra progressista come Pablo Iglesias di Podemos, ritratto in molte foto-denuncia mentre sedeva a gambe larghe, invadendo gli spazi di chi gli stava accanto. Una vera e propria questione di genere: secondo le attiviste, questo atteggiamento risale a una sorta di ancestrale idea di dominio del territorio da parte degli uomini, che permette loro di occupare lo spazio altrui senza nessun problema. Al contrario delle donne che, invece, vengono abituate sin da piccole a stare sedute con le gambe chiuse. 

La giunta di Manuela Carmena, comunque, avrebbe potuto fare di più, secondo le attiviste di Mujeres en lucha y madres estresadas. Il comune, infatti, non ha integrato il divieto nei cartelli della metropolitana, scatenando un certo malcontento: «Il regolamento del metrò – fanno sapere dal comune di Madrid – prevede già un utilizzo civile degli spazi comuni e, quindi, sarebbe stata una sorta di ripetizione». 

La campagna social, comunque, non si ferma. Ed è già partita la guerra dei tweet: non ci sono solo le donne a evidenziare come i maschi utilizzino costantemente lo spazio degli altri, ma è sorprendente il numero degli uomini che risponde con fotografie di ragazze che invadono i sedili dei mezzi pubblici con borse e buste di vario tipo. I paradossi delle nuove guerre di genere.

(FOTO da account Twitter: @afeminismoenpdf)

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