Impianto Eni in Basilicata, nella falda veleni oltre 2mila volte i limiti

03/06/2017 di Redazione

I dati depositati dall’Eni e resi pubblici dalla Regione Basilicata confermano l’allarme per l’inquinamento in provincia di Potenza legato al centro per il trattamento del petrolio nel territorio di Viggiano (Cova). L’impianto della compagnia italiana avrebbe contaminato acqua e suolo. Nel dettaglio, un documento del colosso italiano sulle fuoriuscite dai serbatoi (nell’area del centro oli tra agosto e novembre 2016 erano finiti 6mila metri quadrati di greggio) parla di un livello di benzene 2mila volte più alto del consentito. Scrivono Antonio Massari e Mariateresa Totaro sul Fatto Quotidiano:

Il 28 marzo scorso veniva rilevato un livello di benzene nelle aree esterne al Centro Olio dell’Eni di Viggiano (Cova) 2.380 volte superiore la soglia consentita. Soglia che invece il primo marzo, nell’area interna all’impianto, superava ben 19 mila volte i limiti. Parliamo di un’area di circa 6 mila metri quadri, grande quasi come un campo da calcio. È in quest’area che, da uno dei serbatoi – come denunciato dal Fatto e da Striscia la Notizia – tra agosto e novembre 2016 fuoriuscirono 400 tonnellate di greggio. Di queste, fa sapere l’azienda, 280 sarebbero state recuperate. Ma i danni restano.

IMPIANTO ENI A VIGGIANO, VELENI NELLA FALDA

Le associazioni ambientaliste ora sono sul piede di guerra e denunciano una contaminazione di acqua e suolo in profondità. Spiegano ancora Massari e Totaro sul Fatto:

Sempre nel documento si legge come a inquinare acque e sottosuolo intorno al Cova ci sarebbe anche l’m,p-Xilene, un idrocarburo aromatico: in uno dei campionamenti risulta 39 volte la soglia, gli idrocarburi totali invece la superano di 5 volte. Le perforazioni nel sottosuolo attraverso cui viene monitorata la falda, fotografano una situazione preoccupante. A partire dai livelli di toluene. Nel comunicato si legge infatti che l’idrocarburo aromatico, classificato come sostanza nociva e facilmente infiammabile, supera di 20 volte i livelli consentiti (campione del 19 marzo). Anche Arpab –Agenzia regionale per l’Ambiente della Basilicata – dal 9 marzo al 15 aprile, rileva che i campioni delle acque sotterranee registrano un livello di manganese nelle aree esterne al Cova quasi 12 mila volte i limiti consentiti. Nello stesso punto gli idrocarburi, invece, superano di 9.800 volte la soglia.

Il Cova è fermo dal 18 aprile, dopo una delibera della giunta regionale lucana, a fronte di «inadempienze» e «ritardi» dell’Eni. Secondo la compagnia «i dati riportati sono superati» e le concentrazioni dei contaminanti «in drastica diminuzione» l’m,p_Xilene si sarebbe ridotto del 98% al primo aprile). La compagnia fa sapere anche che «non si e verificata alcuna contaminazione di falde acquifere al di fuori dell’area industriale grazie alle barriere idrauliche e all’efficacia degli interventi realizzati».

(Foto Zumapress da archivio Ansa)

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