Virginia, perché hai paura delle Olimpiadi di Roma?

Barcellona. Londra. Torino. Persino Rio a suo modo, che pure ha collezionato brutte figure. Le Olimpiadi logorano chi non ce l’ha. Sono un’opportunità, non un pericolo. É talmente evidente dalle esperienze di successo che possono cambiare la storia dei luoghi che le ospitano da non dover essere spiegato.

Ecco, il sindaco di Roma non può non capirlo. Non può non capire che, al netto di ciò che si poteva fare meglio, l’Expo, prima con la sua assegnazione e poi con la sua realizzazione, ha restituito una nuova centralità a Milano, che anche grazie a quel successo ha trovato la voglia e l’ispirazione per risalire. Roma ha bisogno di sentirsi una metropoli, di ritornare caput Mundi, di scommettere su se stessa e vincere. Roma ha bisogno di un obiettivo come le Olimpiadi, per dare una sterzata al declino lento e inesorabile che vive, per saltare fuori dalle sabbie mobili. Ovvio che non bastano i Giochi, organizzati e sfruttati nella maniera più virtuosa, a cambiare tutto. Ma servono – e Barcellona e Torino lo confermano – a sentire che è possibile andare oltre.

Ecco, sindaco Raggi, è ora di dire al M5S, a partire da Ernesto “Che” Di Battista, che il tempo del vaffanculo è finito. Sì, è probabile che la gran parte del vostri elettori vi abbia votato per disperazione (“peggio non potranno fare”), reazione (“dopo Mafia Capitale non posso votare Pd né i cugini di Alemanno, mó pure Arfio s’è messo co Sirvio”) e la volontà di distruzione contro la sua tanto citata “vecchia politica”. Ma voi sostenete di essere altro, volete essere altro. Costruire e non distruggere. Voi attivisti diventati classe dirigente non a caso avete sempre amato l’utopia (seppur paranoide e distopica) di Casaleggio più del nichilismo comico di Grillo.

E allora Virginia Raggi non cerchi exit strategy da Roma 2024, fa tanto tatticismi da “vecchia politica”. Come il benaltrismo, la patalogia sinistroide che ha portato spesso questo paese all’immobilismo. Opporsi per fermare, un classico che ha portato alla conservazione costante delle solite dinamiche politiche, economiche, sociali e di (mancato) cambiamento. Cara Virginia da lei abbiamo sentito costantemente che siete altro e oltre: non il Palazzo né i poteri forti ma neanche la sinistra velleitaria.

E allora un no, anzi nascondersi dietro una firma mancata, non può essere la vostra risposta.
Posso capire ciò che è successo in campagna elettorale: le pressioni dei salotti e di Malagó, un pezzo di Potere che decide una strategia muscolare e fastidiosa di endorsement mischiata a strumentalizzazioni politiche (il buon Giachetti doveva evitare di annettersi un patrimonio di tutti), i mal di pancia interni al suo Movimento. E in fondo nessun romano riesce a pensare fino al 2024, non sa neanche immaginare una città abbastanza vitale da accogliere una manifestazione così.
Il ruolo della politica però non è assecondare ma anticipare, rompere gli schemi. Non dribblarli o semplicemente non affrontarli.
I pentastellati possono davvero affrontare la sfida del futuro di questo paese? Ok, e allora io al mio primo cittadino chiedo di farlo. Di cominciare da quelle Olimpiadi. Di dimostrare che un mo(n)do diverso è possibile. Anche di organizzare un grande evento sportivo.

Cos’è che le fa paura sindaco, gli uomini che sono a capo di questo progetto? La capisco. Con i Mondiali di nuoto non si è dato un grande spettacolo ai romani, dalla cittadella dello sport firmata Calatrava alle piscine con misure sbagliate o aperte a competizione iridata finite, viene la pelle d’oca. E certo Montezemolo si porta addosso il peccato originale di Italia ’90, un pozzo senza fondo che ha ingoiato sprechi a dismisura.

E allora non passi la mano Raggi, veda quello che magari per lei è un bluff e faccia saltare il piatto. Non rifiuti, controproponga. Pretenda investimenti per la città, strutture, l’obbligo di intervenire su Roma con un progetto chiaro e rivolto alla città prima ancora che ai Giochi. Chieda che il comitato venga ripensato, che vi siano uomini e donne “suoi”, di cui si fida e che abbiano competenza e curriculum senza falle. Faccia, non neghi. Proponga, non privi i romani di una possibilità di crescere, di avere qui il mondo, di viversi l’unico luogo in cui quadruplicano i coming out, in cui i rifugiati partecipano e magari vincono, invece di far paura, in cui le generazioni più giovani possono finalmente mettersi in gioco (in Brasile molti dei responsabili e dei dirigenti hanno meno anni di me e di lei, cara Virginia).

E poi la “vecchia politica” non lotterebbe mai per qualcosa di cui potrebbe godere un’altra amministrazione. Ma voi siete diversi. La “vecchia politica” vampirizzerebbe i Giochi, voi no. Siete diversi. La “vecchia politica” direbbe un bel no, perché gattopardescamente tutto cambi (a parole) perché nulla cambi (nei fatti). La “vecchia politica” farebbe sì che un partito potesse obbligare un sindaco a prendere decisioni che non condivide. Ma voi siete diversi, vero? Non potrebbero mai commissariarla, giusto? Non è una decisione già presa in altri uffici che non siano quelli del sindaco, o sbaglio? Conta la giunta, non il comitato, ho ragione? Segreterie, soviet, correnti e simili sono cose da vecchia politica, si ricorda?
Insomma, Roma 2024 è l’opportunità per lei e per il suo movimento di dimostrare se siete chiacchiere o distintivo.
Mi stupisca sindaco. Ci stupisca. Non si rifugi nel catenaccio, contrattacchi. La Roma che l’ha votata – e non ha votato Di Battista, ma lei, non lo dimentichi – si aspetta questo da lei. Di essere sorpresa. E trascinata fuori dalla palude in cui sta annegando. Magari grazie a cinque salvagenti. Pardon, cerchi.

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