Oscar 2016, intervista ad Adam Mc Kay, Oscar per la sceneggiatura non originale

Far ridere è una cosa molto seria. Di esempi lampanti ne abbiamo visti tanti e Adam McKay è decisamente da aggiungere alla lista. Classe 1968, natali a Denver, McKay è l’uomo che ha accompagnato Will Ferrell (insomma, Mugatu) nei suoi più fortunati successi, dalla televisione al cinema fino a Broadway con You’re Welcome America, lo spettacolo satirico su George W. Bush.

Dopo avere fatto ridere, e neanche poco, con Anchorman, il film sul geniale giornalista televisivo Ted Burgundy, uno dei cavalli di battaglia di Ferrell, adesso McKay è candidato all’Oscar per la migliore regia di La grande scommessa, una delle sorprese più piacevoli arrivate da Hollywood negli ultimi tempi. Se la deve vedere con la corazzata Inarritu, George Miller, il regista di Spotlight Tom McCarthy e Lenny Abrahamson per Room.
Ebbene, noi puntiamo su Adam, perché La grande film è un film girato e scritto in maniera magnifica, con grandi interpreti, Steve Carell su tutti, davvero gigantesco, e perché racconta quello che pochi sapevano. Ovvero che la grande crisi economica che da otto anni ci attanaglia era prevedibile ed evitabile. Basterebbe molto meno per prendere torce e forconi, ma, ehi, è il capitalismo baby!
Abbiamo incontrato McKay a Londra ed è stata una chiacchierata piacevole e illuminante. Eccola a voi. Nel mentre noi gli auguriamo in bocca al lupo.

Mr. McKay, prima di tutto, come mai ha deciso di raccontare questa storia?
Avevo letto il libro di Michael Lewis quando uscì nel 2010 e anche non essendo un esperto di finanza o di economia mi aveva appassionato. Ho fatto molta politica attiva nella mia vita, quindi era certamente un argomento che mi interessava e in più la scrittura di Lewis è avvincente, non riuscivo a staccarmi, l’ho letto tutto d’un fiato in una notte. In quel periodo ero impegnato su altri progetti, quindi non ho pensato che potevo farne un film. Poi un paio d’anni fa il mio agente mi ha detto che ero in un momento in cui potevo decidere di fare qualunque cosa volessi e il mio primo pensiero è stato di recuperare quell’idea. Fortunatamente i diritti erano disponibili, li ho acquisiti e ho iniziato a scrivere la sceneggiatura.

Il suo film spiega magnificamente quello che è successo prima della catastrofe, così come Margin Call ne racconta l’ultimo atto. In pratica lei racconta come mai a un certo la festa è finita.

Esatto, e devo dire che mi ha sempre fatto arrabbiare l’idea che nessuno avesse sotto gli occhi una cosa così  ovvia che sarebbe dovuta accadere prima o poi. È stato questo il motore che mi ha spinto ad andare avanti.

Non sono molti i film che hanno raccontato la crisi. Nonostante sia un film incredibilmente tecnico, lei è riuscito a far capire al pubblico com’è crollato il castello, se mi passa la metafora immobiliare.
Oltre a Margin Call ci sono due documentari fantastici, Inside Job e Master of the Universe, ma in entrambi i casi è difficile far arrivare il messaggio al grande pubblico, me compreso. Quando ho iniziato a lavorare al film ne sapevo e anche adesso posso considerarmi al massimo un pessimo studente del secondo anno di economia.

A proposito di documentari, anche il suo film ha uno stile molto realistico.
I film che parlano di finanza ed economia hanno tutti delle atmosfere molto austere, e per quanto siano fatti molto bene, non rendono realmente l’idea di quello che succede in quelle stanze. Invece volevo stare addosso ai miei personaggi, sentire la loro adrenalina quando sono attaccati al telefono e quando scoprono la truffa che si sta perpetrando ai danni dell’America.

In questo senso, gli intermezzi di Margot Robbie e Selena Gomez sono a dir poco geniali.
Perché c’era bisogno di dare una visione pop della situazione, che tutti potessero cogliere, e far spiegare argomenti così complessi a personaggi con la testa che funziona, e che quindi potessero essere convincenti, mi sembrava una buona idea. E posso dirti che Margot e Selena non sono solo due belle ragazze di talento, ma sono anche due donne incredibilmente intelligenti. Negli ultimi la cultura pop nel nostro paese si è trasformata in cultura trash, si dà più importanza alle considerazioni sul grasso che escono dalla bocca di Kim Kardashian che alle cose che realmente la base della popolazione deve conoscere.

La presenza di grandi star come protagonisti del film ha sicuramente aiutato.
Assolutamente, soprattutto spero che questo film venga visto soprattutto nell’America più profonda, dal Midwest alle zone più colpite dalla crisi, dove veramente intere città sono state spazzate via. È una situazione in cui vincono tutti, gli spettatori e anche io, che ho avuto a disposizione un cast davvero straordinario.

I suoi personaggi sono degli eroi o degli approfittatori?
Nessuna delle due cose, e comunque non sono gli unici che all’epoca si accorsero di quello che stava succedendo, c’erano una sessantina di persone nel mercato che hanno speculato e guadagnato. Era quello che volevano anche loro all’inizio, salvo poi rendersi conto che c’era in corso una truffa ai danni degli Americani. E questo li ha fatti arrabbiare e stare male. Il dottor Burry, il personaggio di Christian Bale, ha sofferto dolori di stomaco lancinanti per mesi che sono scomparsi nel momento esatto in cui ha venduto la sua posizione. I due ragazzi erano infuriati, perché nessuno è andato in galera per tutto quello che è successo. Quando hanno visto il film erano felicissimi e mi hanno ringraziato, non perché fosse bello, ma perché per dodici volte c’è la parola truffa.

Siamo alla fine del capitalismo?
No, ma dovremmo pensare che il capitalismo senza regolamentazione porta a queste conseguenze. Dagli anni Quaranta fino ai primi anni Ottanta il nostro paese è andato alla grande grazie a una serie di paletti che il governo aveva messo e che venivamo rispettati. Negli anni Ottanta e Novanta tutte queste norme sono state sistematicamente eliminate dalle amministrazion Reagan, Bush padre e Clinton. E questo è il risultato.

E adesso c’è anche la crisi del prezzo del petrolio.

Ma quella è una questione diversa, tutti sapevano che sarebbe successo prima o poi, il futuro non è nei minerali fossili, ma nelle energie rinnovabili. Anche in questo caso, però, è importante che ci siano delle regole e che vadano seguite. Le industrie devono investire in questo senso e soprattutto devono pagare per l’inquinamento che provocano, cosa che in Europa avete fatto funzionare molto bene. Negli anni Settanta eravate un continente con un altissimo tasso di inquinamento, adesso andate alla grande, cosa che non posso dire degli Stati Uniti.

Ultima domanda. Lei si è occupato sempre di cose molto serie, politica e soprattutto di far ridere la gente. Essendo un esperto in questi due campi, cosa mi può dire di Donald Trump.
Donald Trump è una delle peggiori persone che ci siano negli Stati Uniti. Non ha fatto niente per avere la sua ricchezza, l’ha ereditata, al contrario di quanto lui voglia far credere, e gestita male. In questo senso non è diverso da George W. Bush, ma è molto più pericoloso, perché è una persona stupida, ignorante e che basa la sua campagna elettorale su quanto di peggio c’è nel nostro paese. Non credo diventerà presidente, ma trovo già aberrante il fatto che sia arrivato fino a questo punto. Se poi dovesse davvero accadere, penso sarebbe la cosa peggiore che possa accadere nella storia degli Stati Uniti.

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