La storia della bambina scambiata in culla e finita in una famiglia disastrata

22/07/2015 di Redazione

La storia della bambina scambiata in culla e finita in una famiglia poverissima in Puglia sembra una di quelle vicende da film e su cui in effetti più pellicole sono state girate: è la storia di Antonella e Lorena, nate a pochissimi minuti di distanza all’ospedale di Canosa di Puglia e tragicamente invertite. Il destino più difficile è toccato ad Antonella, finita in una famiglia che non era la sua naturale, una famiglia molto difficile, poverissima e che la maltrattava, costringendola a procacciarsi il cibo, a elemosinare, a prendersi cura dei fratelli, infine abbandonata. E ora, entrambe le sorelle sono pronte a pretendere dalle istituzioni pubbliche risarcimenti milionari per la disavventura che gli è capitata.

LA STORIA DELLE BAMBINE SCAMBIATE IN CULLA E FINITE IN UNA FAMIGLIA POVERA

La loro storia, tragica nella sua assurdità, è raccontata dal Corriere della Sera.

Scambiate in culla 26 anni fa. Lorena ha vissuto la vita di Antonella. E Antonella quella di Lorena. Senza mai saperlo. La più sfortunata però è stata Antonella: durante la sua adolescenza in casa, a volte, non c’era nemmeno da mangiare e il padre la costringeva ad andare nei campi a raccogliere le angurie da mettere in tavola. Oppure ad andare in strada a chiedere l’elemosina. Ha vissuto una vita d’inferno in una famiglia che non era la sua.

Il 22 giugno del 1989, dunque 26 anni fa, le due ragazze erano venute al mondo praticamente nello stesso tempo, a dieci minuti di distanza, all’ospedale di Canosa.

Le mamme erano state sottoposte a parto cesareo e subito dopo le piccole erano state portate al nido dagli infermieri. Difficile stabilire il momento esatto in cui è avvenuto lo scambio, ma quei giorni in ospedale cambiarono il destino delle nasciture

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La sorte peggiore, scrive il Corriere della Sera, toccò ad Antonella.

La madre non la chiamava quasi mai per nome, ma costantemente con parolacce ed epiteti di ogni tipo». Antonella ha vissuto una vita di stenti e degrado, doveva procurare il cibo per la famiglia ed era anche costretta ad occuparsi della sorella più piccola. Poi condivideva il letto col fratellino che di notte urinava tra le lenzuola. Lenzuola che non venivano mai cambiate. Alla fine degli anni 90 un altro pesante cambiamento nella sua vita priva di stabilità: il padre andò via di casa per iniziare la convivenza con un’altra donna e nel 2000 anche la madre si trasferì a Torino con un nuovo compagno. Entrambi si disinteressarono dei figli. Intervennero così i servizi sociali e Antonella nel 2002 fu adottata da una nuova famiglia. La stessa con cui vive oggi.

Ma intanto, la storia aveva preso una piega completamente diversa, e tutto è partito dal riconoscimento proprio di Antonella, casuale e fortuito, tramite una foto di un social network.

«Tutto è partito da una fotografia che Lorena ha visto su Facebook — spiega il suo avvocato Stefano di Feo —, tra i suoi amici c’era un ragazzo che le assomigliava tantissimo e di questa cosa ne parlò al padre. Quest’ultimo fece le sue ricerche e scoprì che quel ragazzino aveva una sorella più grande e della stessa età di Lorena; vivevano tutti a Foggia. Ed è proprio lì che è andato – continua ancora l’avvocato – per incontrare quella ragazza. L’ha convinta a sottoporsi all’esame del Dna e di lì a poco è venuta fuori la verità ». Era lui il padre di naturale di Antonella. Lorena invece non era sua figlia

Ora Antonella vive con la sua famiglia affidataria, Lorena con la famiglia che l’ha cresciuta: entrambe adiranno le vie legali contro la Regione Puglia.

Ora Antonella, i suoi genitori biologici, Michele e Caterina e il fratello di Antonella, Francesco, tutti residenti a Trinitapoli, hanno chiesto un risarcimento di 9 milioni di euro alla Regione Puglia per lo scambio di culla avvenuto nell’ospedale di Canosa di Puglia il 22 giugno del 1989. Allo stesso modo Lorena ha citato per danni l’Asl della Provincia di Bari e ha chiesto un risarcimento di 5 milioni di euro. La causa verrà discussa a fine settembre davanti al tribunale di Trani

 

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