Quanto guadagnano gli italiani all’estero?

21/05/2015 di Redazione

Dopo aver investito otto anni di vita (in media) nello studio universitario, quali sono le prospettive che aspettano un giovane pronto per inserirsi nel mondo del lavoro? In alcuni casi la situazione è piuttosto sconfortante ed è per questo che sono sempre di più quelli che preferiscono andare all’estero, vuoi per scelta, vuoi perché si guadagna meglio. Ma è sempre vero? Il Sole 24 Ore ha commissionato un’analisi all’osservatorio Job Pricing in modo da ottenere risposta a questi interrogativi.

LO STUDIO – Nelle professioni altamente qualificate, il gap tra Italia e resto d’Europa è inquietante. Lo stesso curriculum garantisce una retribuzione doppia sul mercato tedesco o su quello inglese, ma per le figure professionali più comuni lo scarto si assottiglia. «Sia chiaro – spiega al Sole Mario Vavassori, direttore dell’Osservatorio – è vero che stiamo prestando il fianco allo “shopping” dei nostri talenti migliori, prede facili delle multinazionali straniere. Ma si tratta pur sempre di figure molto qualificate, in contesti molto competitivi. Se si guarda alle figure più comuni, l’impressione è un’altra: si va all’estero pur di trovare lavoro, anche a costo di dequalificarsi, perché qui non ci sono opportunità».

FIGURE QUALIFICATE – Per le figure altamente qualificate Job Pricing evidenzia una differenziale molto marcato tra l’Italia e l’estero. «Un analista programmatore assunto in Italia guadagna in media 21.300 euro contro i 27mila della Francia, i 33.600 della Germania e i 37.900 (convertiti dalla sterlina) della Gran Bretagna, con l’aggiunta di 2mila euro di scarto da un mercato in genere meno attraente come quello della Spagna (25.300 euro)» si legge nello studio. Per i Project Manager il divario si allarga: «dalla retribuzione di 26.200 euro prevista in Italia ai 43.300 della Germania e addirittura i 52.200 della Gran Bretagna, passando per il vantaggio più contenuto della Francia (28.800) e il paragone, in questo caso favorevole, con la Spagna (23.300 euro)».

AMMINISTRAZIONE E VENDITE – Per le figure più comuni la convenienza non è così marcata. Secondo l’analisi «Un addetto all’area vendita incassa una media di 23.700 euro annui contro i 25.100 della Gran Bretagna, i 25.300 della Francia e i 30.400 della Germania. Infine, un venditore sotto contratto in Italia viaggia sui 26.000 euro annui: sono 28.100 in Gran Bretagna, 28.900 in Francia e 33mila in Germania».

IL COSTO DELLA VITA – C’è però da tenere in considerazione alcuni fattori di contingenza, come il costo della vita e la tassazione sul reddito. Sul Sole 24 Ore si legge che «una ricostruzione di Numbeo fa notare che nel Regno Unito i prezzi al consumo sono del 19,21% superiori alla media italiana, con un picco del 65,89% nel caso degli affitti. E sul fronte fiscale, i surplus nelle retribuzioni di Francia e Germania “sbattono” comunque su una tassazione – per lavoratori single e senza figli – pari al 45,2% e al 45,1%. In Italia, sempre secondo Job Pricing, si viaggia sul 42,4%».

UN PROBLEMA ITALIANO – Vavassori spiega che «in Italia soffriamo dell’incapacità di far dialogare la domanda all’offerta. È grottesco studiare 5 o 10 anni all’università per non trovare un impiego corrispondente alle proprie competenze – dice – È per quello che si va all’estero, si trova un impiego dove qui non c’è. Se si è qualificatissimi e si supera la concorrenza interna, va bene. In caso contrario si accettano impieghi che sono inferiori a quello che si aspetterebbe».

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