Il decreto fiscale, il 3% e l’errore sulla Francia

Il decreto fiscale dovrebbe essere approvato il prossimo 20 febbraio dopo lo stop del testo uscito dal Consiglio dei ministri. Uno dei punti più controversi è la franchigia del 3% sotto la quale ci sarebbe la depenalizzazione della frode fiscale. Alcuni esponenti del governo Renzi hanno citato a supporto di questa iniziativa una norma analoga esistente in Francia, ma in realtà le cose non sono esattamente così.

DECRETO FISCALE E 10% IN FRANCIA –

Il 20 febbraio il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare una nuova versione del decreto fiscale bloccato a inizio anno. Il governo Renzi vuole modificare il Dlgs 74 del 2000, modificato dal Dl 138 del 2011, aumentando le sanzioni amministrative ma depenalizzando alcuni illeciti. La norma più controversa riguarda la depenalizzazione della dichiarazione fraudolenta, ovvero la falsificazione delle dichiarazioni dei redditi o Iva con l’inserimento di elementi passivi fittizi (falsa fatturazione) o con l’alterazione delle scritture contabili (per i soggetti obbligati). Nel testo attualmente in vigore si prevede che sotto il 3% dell’imponibile la frode fiscale sarebbe stata sanzionata solo a livello amministrativo. A normativa attuale il reato sussiste se  l’imposta evasa è superiore a 30mila euro)e  i redditi non dichiarati superano il 5% del totale o comunque 1 milione di euro. La sanzione stabilita dal codice penale va da 1 a 6 anni di reclusione. Il governo Renzi ha più volte difeso il decreto fiscale ribadendo come anche in altri Paesi europei, come la Francia, esista una non perseguibilità penale dell’evasione fiscale sotto determinate franchigie. Il ministro Maria Elena Boschi ha ribadito ieri come in Francia ci sia una norma uguale, con una soglia più alta, non del 3% ma del 10% di non punibilità dell’evasione fiscale ai fini penali. L’esempio citato, come spiegato oggi da diversi esperti tra cui Mario Seminerio di Phastidio.net,  è però profondamente errato. In Francia esiste la franchigia del 10%, ma è temperata, diciamo così, da una soglia assoluta di soli 153 euro sopra cui scatta il reato penale. La sanzione per l’illecito comparabile alla dichiarazione fraudolenta è di 5 anni di reclusione, elevabili a 7 in determinati casi, ed una ammenda di mezzo milione di euro che possono diventare due milioni.

FRODE FISCALE CODICE PENALE – In base all’ articolo 1741 del Code général des impôts, così come modificato dalla legge 2013-1117 del 6 dicembre 2013, art.9 approvata dalla maggioranza socialista guidata da Hollande, viene perseguito penalmente il reato di frode fiscale al di sopra dei 153 euro. Una norma che appare l’esatto contrario del comma 19 bis del decreto fiscale approvato dal Consiglio dei ministri del 24 dicembre 2014. In Francia la sinistra al governo ha inasprito il contrasto alla frode fiscale, tanto che un parlamentare socialista ha chiesto al governo se una soglia così bassa non fosse eccessivamente penalizzante. In Italia il caso è esploso, per certi versi purtroppo, e su questo ha ragione il ministro Boschi, perché la depenalizzazione della frode fiscale è stata interpretata come un possibile favore a Silvio Berlusconi, in vista del Quirinale. Questa interpretazione sulfurea del patto del Nazareno è stata smentita dai fatti, però rimane un problema piuttosto rilevante. In un Paese caratterizzato da una fedeltà fiscale così zoppicante si approverebbe una norma che potenzialmente potrebbe favorire frodi milionarie. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha rimarcato come  il senso sia “se fai il furbo e ti becco ti stango, ti faccio pagare il doppio ma non diamo corso al processo penale se c’è buona fede. Berlusconi non c’entra niente ma bisogna dividere tra gli evasori e chi fa errori in buona fede”. Un’impostazione anche corretta, ma che poco c’entra con una franchigia su frode fiscale così elevata, tanto che non pare esistere alcuna norma simile in altri Paesi europei. Pure Beppe Grillo se ne è accorto, anche se sul suo sito ha preferito dare più spazio al complottosmo sulla cura Di Bella invece che criticare con acribia il governo Renzi.

Photocredit: Fabio Cimaglia / LaPresse

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