Renzo Arbore torna con «E pensare che dovevo fare il dentista…»

«E pensare che dovevo fare il dentista…». Questo è il titolo del nuovo disco di Renzo Arbore. Un titolo particolare, voluto dall’artista nato a Foggia ma napoletano d’adozione per ricordare com’è nata la sua carriera e quali sono state le sue conquiste artistiche più importanti, una riflessione partita da quello che doveva essere il suo destino. Ovvero diventare dentista, come suo papà Giulio.

Renzo Arbore torna con «E pensare che dovevo diventare dentista...»
(Giornalettismo.com)

 

UN DOPPIO CD SPECCHIO DI 49 ANNI DI CARRIERA – Invece proprio la passione per la musica del genitore spingerà il giovane Renzo lontano dal lettino e dagli apparecchi per l’ortodonzia ritagliandosi uno spazio unico nella radiofonia e nella tv italiana, fino all’olimpo della musica con la sua Orchestra Italiana. Il padre avrebbe voluto che il figlio andasse a Napoli a studiare odontoiatria. Il giovane Renzo invece si stabilità nella città campana per studiare Giurisprudenza, laureandosi in diritto civile. Al mattino frequentava i corsi, alla sera l’ambiente musicale, conoscendo Roberto Murolo e Sergio Bruni. Da allora è nata una carriera che dura da 49 anni e che viene celebrata da un disco contenente le ultime «malefatte» artistiche, ovvero un doppio album nel quale vengono riassunte le diverse imprese musicali di Arbore sia con l’Orchestra Italiana sia con cantanti e musicisti di valore assoluto come Renato Carosone e Ray Charles.

QUESTO DISCO È NATO GRAZIE A MIO PADRE – Renzo Arbore nella presentazione del disco alla stampa avvenuta questa mattina a Milano parla proprio del suo rapporto con il genitore e come questo abbia influenzato la sua vita: «Sarei dovuto diventare dentista come mio padre, Giulio. Solo che lui era un melomane ed era appassionato di melodramma. Nella mia città nacque uno dei massimi esponenti di quel genere, Umberto Giordano e mio padre, canticchiando arie d’opera, canzoni napoletane e raccontando barzellette in modo da placare il dolore dei pazienti, di fatto mi spinse verso un’altra strada, suggerendomi suo malgrado che fare l’artista è il miglior antidoto ai dispiaceri della vita, cominciando dal mal di denti. Questo disco è nato grazie a mio padre».

 

RENZO ARBORE ED IL RICORDO DI RAY CHARLES 

RAY CHARLES E O’SOLE MIO – La gemma del disco è rappresentata sicuramente dall’interpretazione da parte di Ray Charles di O’Sole Mio, accompagnato dall’Orchestra Italiana in un’unica esibizione avvenuta al Madison Square Garden di New York. Arbore ne ha approfittato per raccontare un aneddoto relativo al suo grande amico che s’innamorò, nel corso delle prove, del mandolino: «Per Ray Charles O’Sole Mio era una canzone soul e la sentiva sua. Il giorno prima dell’esibizione al Madison Square Garden s’innamorò dei mandolinisti. Adorava quel suono. Voleva approfondirlo per un lavoro musicale ma poi purtroppo non fece in tempo a realizzare quel progetto».

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L’OMAGGIO AI 25 ANNI DELL’ORCHESTRA ITALIANA – Arbore, definitosi nel corso della conferenza stampa «strimpellatore di clarinetto» e «dilettante», ha poi definito questo disco una specie di «regalo di laurea» dell’Orchestra Italiana, la band che l’accompagna in giro per il mondo da ormai 25 anni: «E dire che questo progetto -ha spiegato l’artista- doveva durare un paio d’anni al massimo. Invece si è trasformato in un’operazione di recupero della cultura italiana e della musica d’autore, destinato anche ai giovani che altrimenti avrebbero perso la possibilità di conoscere i testi del passato».

RENZO ARBORE ED IL PARTICOLARE RICORDO DEL CAVALLO DI SANREMO  

UN PONTE TRA PASSATO E FUTURO – Perché per Arbore, che sogna in futuro un duetto con Willie Nelson, l’obiettivo di questo disco è quello di «divertire il pubblico aiutando le persone a ricordare l’arte del passato, più attuale che mai. Testi come il Sarchiapone di Walter Chiari o le sperimentazioni di Renato Carosone che aveva studiato la musica del nord africa per Caravan Petrol e O’Saracino non vanno dimenticati. Un palazzo è solido quando lo si costruisce dalle fondamenta e questo vale anche per la cultura. L’arte di domani passa necessariamente dal divertimento e dalla passione di ieri». E tra battute e ricordi come uno spassoso e piccante accenno al Cavallo di Sanremo ed una riflessione sulle sue sigle manifesto, «una risposta alla dittatura dell’Auditel, dittatura imperante ancora oggi», ha concluso Renzo Arbore, l’obiettivo di «E pensare che dovevo fare il dentista…» è quello di creare un ponte tra passato e futuro, tra arte e spettacolo, tra passione e divertimento.

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