Le auto blu sono in continua diminuzione. Ma il M5S non lo sa

La storia della riduzione del numero delle auto blu e, più in generale, delle vetture utilizzate dalla pubblica amministrazione può essere considerato uno dei migliori esempi di come un’informazione non sempre completa possa creare luoghi comuni, e di come questioni politiche possano essere percepite in maniera distorta. In tempi di crisi economica, di necessaria spending review e, di conseguenza, di impegnativa ricerca di costi da tagliare, i mezzi di trasporto di proprietà (o noleggiati) dagli enti pubblici vengono spesso tirati in ballo come emblema degli sprechi generati dalla casta dei partiti. In parte questo tipo di argomentazione può essere considerato giustificabile, perché obiettivamente la pubblica amministrazione centrale e locale si trova a gestire ancora oggi un parco auto di notevole dimensione e quindi ancora troppo costoso. Ma molti ignorano un aspetto non irrilevante, ovvero che la spesa per vetture degli enti pubblici (destinata a calare ancora nei prossimi mesi) ha già subito un profondo ridimensionamento, a partire dall’ultima fase di governo di Silvio Berlusconi e a continuare, poi, durante le esperienze di governo di Mario Monti, Enrico Letta e infine Matteo Renzi.

 

Auto blu, via ai tagli

 

LE LEGGI – Tutto è cominciato precisamente nel 2010, con l’approvazione del decreto legge n. 78, che ha introdotto l’obbligo dal 2011 per le pubbliche amministrazioni di non effettuare spese superiori all’80% della spesa sostenuta nel 2009 per l’acquisto, la manutenzione , il noleggio e l’esercizio delle autovetture. Un secondo passo è stato poi compiuto con la manovra correttiva del luglio 2011 (decreto n. 78 convertito nello stesso mese dalla legge n. 111) che ha previsto «modalità e limiti di utilizzo delle autovetture di servizio al fine di ridurne numero e costo». A questo provvedimento è poi seguito un importante decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, approvato il 3 agosto su proposta del Ministero per la Pa e l’Innovazione, il quale ha previsto: una drastica riduzione del numero di assegnatari aventi diritto all’uso dell’autovettura di servizio e un censimento permanente, rendendo obbligatoria la comunicazione in via telematica dell’elenco delle autovetture. Un ulteriore provvedimento, un decreto della Presidenza del Consiglio del 13 gennaio 2012, ha successivamente esteso alle Regioni e agli enti locali le misure di razionalizzazione e limitazione del precedente Dpcm. Infine, le norme sono diventate ancora più stringenti grazie alla Legge di Stabilità del dicembre 2012, che espressamente ha previsto il divieto per le pubbliche amministrazioni fino al 31 dicembre 2014 di acquisto di nuove autovetture e di stipula di contratti di leasing aventi ad oggetto autovetture, ad eccezione degli acquisti per «i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza».

I NUMERI – Ebbene, a cosa hanno condotto queste novità legislative introdotte ben prima dell’arrivo del commissario alla spending review Carlo Cottarelli? A rivelarlo sono proprio i censimenti sul numero e sui costi delle autovetture effettuati per il governo dal centro studi Formez e previsti dal Dpcm dell’agosto 2011. Nel rapporto del primo aprile di quest’anno, ad esempio, emerge che in Italia circolano 56.126 autovetture della pubblica amministrazione, delle quali 6.340 sarebbero cosiddette ‘auto blu’, ovvero vetture di rappresentanza, e 49.783 invece ‘auto grigie’, vetture operative di cilindrata inferiore ai 1.600 cc. Ma ciò che balza agli occhi dal confronto con precedenti rapporti (e con quale comunicato dello stesso Formez diffuso in seguito) è il tasso costante di decrescita del numero delle vetture. Un censimento del novembre 2013 relativo ai primi dieci mesi dell’anno stimava il parco auto complessivo a quota 56.581 vetture (-6,4% rispetto alla fine del 2012, anno in cui lo stessa cifra aveva già registrato una variazione di -3,1%). Nei due periodi (gennaio-ottobre 2013 e gennaio-dicembre 2012) la spesa pubblica per le autovetture degli enti pubblici, centrali e locali, sarebbe scesa rispettivamente di 110 e 130 milioni di euro. Si tratta di un trend partito, come dicevamo, un po’ più lontano. Ancora secondo i dati dei censimenti Formez (ai quali partecipa da alcuni anni un campione del 95% delle amministrazioni) nel 2011 la spesa annuale totale per consumi, ammortamento, stazionamento e personale per le auto, stimata intorno ai 1.100 milioni di euro (1,1 miliardi), era già calata di 207 milioni (-15,7%) rispetto al 2009. Sarebbe stato del 26% invece il calo della spesa nel periodo 2009-2012. In un rapporto relativo all’anno 2011, inoltre, venivano stimate 2mila auto cosiddette ‘blu blu’ (di rappresentanza politico-istituzionale a disposizione di autorità e alte cariche dello Stato), 10mila auto ‘blu’ (circa il doppio di oggi, a disposizione di dirigenti apicali) e 60mila auto ‘grigie’  (circa 10mila in più rispetto ai dati di aprile 2014, adibite esclusivamente a scopi operativi). I dati raccolti ed elaborati da Formez tra il 15 maggio e il 6 settembre 2010, infine, indicavano un parco della Pa da 86mila autovetture (20mila in più di oggi), 5mila ‘auto blu blu’, 10mila ‘auto blu’ e ben 71mila ‘auto grigie’. In poche parole l’inversione di tendenza verso la razionalizzazione della spesa – questo dicono le statistiche – è stata chiara e, considerando il blocco degli acquisti previsto dalla Legge di Stabilità del dicembre 2012, sembra destinata a continuare.

IL DIBATTITO – Cosa dedurre, in conclusione, dalle cifre diffuse da governi e ministeri? Beh, innanzitutto sarebbe opporturno rilevare che la vendita su eBay con asta online di 70 auto blu, così fortemente voluta dal governo Renzi, ha semplicemente accelerato un processo già in atto da anni e che vede il numero di auto blu ridursi annualmente di ben oltre le 70 unità. In secondo luogo sarebbe opportuno rilevare che non è corretto parlare di necessità di far calare una scure sulle auto degli enti pubblici, visto che le auto blu, quelle ritenute un vero e proprio spreco della Pa, rappresentano solo una minima parte del parco auto, visto che le auto grigie, quelle che invece devono essere utilizzate in maniera operativa, si stanno già riducendo secondo quanto previsto dal governo Monti, e visto, infine, che il numero delle auto di proprietà o noleggiate dalle amministrazioni centrali o locali risulta oggi in linea con gli altri paesi europei. Si tratta di un invito alla cautela che dovrebbero seguire soprattutto i dieci deputati del Movimento 5 Stelle che pochi giorni fa alla Camera hanno presentato una mozione per chiedere addirittura una riduzione del 50% in 6 mesi delle auto ‘blu’ e ‘grigie’ e che sostengono, nello stesso atto parlamentare, che il parco auto della Pa ha raggiunto nel 2010 il tetto massimo di 629mila unità. La soluzione auspicata dai pentastellati è sicuramente drastica (considerato che non tutte le auto di servizio possono essere così facilmente rimosse) e i dati risultano certamente inattendibili. Questo lo spiegava bene nel 2011 il Ministero per la Pa in una Relazione al Parlamento sullo stato della pubblica amministrazione:

Negli ultimi anni sono stati diffusi attraverso organi di stampa e siti web dati sul parco autovetture di servizio – senza che ne fossero chiarite le fonti – che lo davano in progressiva crescita, fino a superare le 600mila unità, con costi di conseguenza elevatissimi. E’ vero che le autovetture di servizio rappresentano una spesa flessibile in quanto rispondono a esigenze che possono essere sia ridimensionate che soddisfatte con modalità diverse. Ma per definire un piano di risparmi più accurato e finalizzato di quelli delineati in passato, e di cui soprattutto sia possibile monitorare la realizzazione, è necessario conoscere natura e dimensioni del fenomeno.

 

(Fonte foto: archivio LaPresse)

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